30 luglio 2018

INDEPENDENT

 
“Qui ci prendiamo cura…” dell’arte. Intervista ad Adalberto Abbate, che dal 2015 lavora a Sacrosanctum
di Jack Fischer

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Palermo colpisce e stupisce, sono rimasto a lungo in questa straordinaria città melanconica e colorata dopo la preview di Manifesta12. Come già scritto da tanti, e da importanti penne sono i luoghi ad emergere. Tra questi ce ne è uno che ci accoglie in una piovosa giornata di giugno, uno dei pochi dove lo spazio si sposa con i contenuti e questi riescono a ridare fisicamente nuova vita allo stesso. Non fa parte delle tappe ufficiali della biennale nomade, è l’Oratorio di San Mercurio a due passi dalla cattedrale. Dal 2015 ospita il progetto ideato da Adalberto Abbate, SACROSANCTUM e curato con Maria Luisa Montaperto. 16 artisti internazionali, ciascuno mettendo in luce i pensieri individuali sul sacro ha creato un’opera per l’oratorio. Ogni venerdì del mese in un vero e proprio rituale l’opera è stata esposta invitando il pubblico ad interagire accendendo un lumino e donando un obolo per il restauro dell’Oratorio di San Mercurio.
Adalberto ci accoglie nello stesso modo e con lo stesso garbo con cui lo fa lo spazio.
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Antonio Riello per Sacrosanctum, Oratorio San Mercurio, Palermo
IPIS EST CURA VOBIS, ti va di raccontarmi questa iscrizione latina, è il simbolo del luogo, apre il libro che accompagna il progetto nel testo di Bernardo Tartorici di Raffadali (Presidente Amici dei Musei siciliani) a mio avviso racchiude in sé il senso di questo cammino, un viaggio nel termine cura.
«QUI CI PRENDIAMO CURA DI VOI è la scritta che capeggia sull’altare dell’Oratorio di San Mercurio, un luogo che apparteneva alla Compagnia della Madonna della Consolazione fondata nel 1572 per assistere gli infermi del vicino ospedale di Palazzo Sclafani. Poi, come spesso è accaduto e accade a molti monumenti di Palermo, l’Oratorio venne totalmente abbandonato al suo triste destino e fu pertanto in parte distrutto e depredato. Dal 2015 SACROSANCTUM ha restituito questo luogo alla città attraverso il sostegno dell’Associazione amici dei musei siciliani. Sono affezionato a questo progetto e generoso è stato il contributo degli artisti provenienti da tutto il mondo, come anche le donazioni delle migliaia di persone che hanno visitato il sito monumentale in questi anni. SACROSANCTUM ha arricchito il luogo di una nuova storia e ha trasformato l’oratorio in uno spazio vivo e attivo come lo era un tempo. L’oratorio di san mercurio oggi è meta di riflessione e di dibattito sull’idea contemporanea del sacro e del delicato tema della tutela e valorizzazione dei beni monumentali. Agendo al di fuori di circuiti commerciali e istituzionali, SACROSANCTUM ha mantenuto un impegno etico che ha puntato ad un’azione collettiva (artisti, restauratori e generosissime donazioni dei visitatori hanno permesso il recupero e il ripristino dell’antico splendore degli stucchi del Serpotta negli Oratori sia di San Mercurio che di San Lorenzo)».
Mi colpisce il modo semplice e vero con cui avete coinvolto il pubblico, se dovessi aggiungere un’altra parola a cura, sarebbe Rispetto…
«…Alla fine io e Luisa non siamo professionalmente due curatori…ma ci siamo presi cura il più possibile del luogo, degli artisti e delle loro opere, cercando di non creare contrasti tra le opere d’arte inviateci e il contesto storico che stava ad accoglierle. Gli artisti hanno tutti saputo dialogare con il luogo in maniera eccellente e senza mai perdere la battaglia con la magnificenza dell’Oratorio Serpottiano. Prima accennavi a come le opere presenti a Manifesta sono rimaste vittima dei luoghi. Ecco a Sacrosanctum questo non è successo perché gli artisti hanno partecipato alla rinascita di un luogo per la città di Palermo e non hanno minimamente pensato ad essere li da soli, ad urlare, ad emergere. Alla parola cura intesa come prendersi cura aggiungerei entusiasmo».
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SACROSANCTUM 4, SYLVIE FLEURY, YES TO ALL, 2009, Oratorio San Mercurio, Palermo, settembre_ottobre 2017

Adalberto da artista che cosa significa condividere spazio e pensieri con i tuoi colleghi?
«Significa dare un valore al tempo che stiamo vivendo e alle energie che spendiamo per le nostre idee in un momento culturale che viaggia su gerarchie alterate e corrotte. Felice dell’opportunità di aver collaborato con persone splendide e di sani principi quali Maria Luisa Montaperto e Bernardo Tortorici di Raffadali».
16 artisti compongono le fasi di questo cammino, mi racconteresti i passaggi e gli interventi a te più cari?
«Gli artisti della prima edizione sono 16 più tre performer sonori che hanno partecipato attivamente al recupero delle donazioni necessarie per i restauri di manutenzione. Adesso con SACROSANCTUM siamo alla seconda edizione iniziata nel 2017 e che ad oggi conta 10 interventi. La scelta delle opere che andavano inserite nella nicchia è stata spesso motivo di discussione e confronto con gli artisti. Molti di loro sono tutt’oggi in contatto e fanno tanto per sostenere il progetto anche a distanza, con altri è stato un breve ma intenso momento di crescita e di arricchimento. Sacrosanctum è stato per alcuni di loro un motivo per conoscere Palermo e la sua complessa storia. Volere far parte di un progetto di salvaguardia di un monumento di una città distante a molti degli artisti per me è un cambiamento, inoltre il progetto nasce senza un grosso budget di partenza ed è riuscito a rispettare i traguardi che ci eravamo prefissati all’inizio. Approfitto di questa intervista per ringraziare di cuore tutti gli artisti che hanno partecipato: Jota Castro, Joseba Eskubi, Mario Consiglio, Stefano Canto, Franko B, Lorenzo Scotto Di Luzio, Thomas Braida, Luca Pancrazzi, Sandro Mele, Cipri e Maresco, Greta Frau, Francesco Lauretta, Caterina Silva, Loris Cecchini, Fabio Sgroi, Calixto Ramirez Correa, Angelo Sicurella, Jonathan Rogerson, Ottaven, Diego Moreno, Antonio Riello, Memed Erdener, Sylvie Fleury, Andrea Di Marco, Paolo Canevari, Francesco Simeti, Loredana Sperini, Luigi Prescicce, Valentina Glorioso, Urs Lüthi. Uno dei passaggi a me più cari è stato riuscire ad avere nella nicchia di Sacrosanctum l’opera dell’amico e grandissimo artista Andrea Di Marco».
Perché SACROSANCTUM, metaforicamente e fisicamente? Quali tappe future?
«Sacro e santo; usato come forma rafforzativa del sacro che dobbiamo imparare a comprendere e a manifestare attraverso l’arte i gesti e le azioni. Non mi riferisco al sacro religioso ma alla sacralità di ogni sfumatura della vita, del bene e della cultura. Di una sacrosanta cultura e memoria che possa arrivare a tutti non ai fini della sola comprensione, ma che possa esercitare in noi stessi uno spirito all’azione pratica. Per quanto riguarda progetti futuri su Sacrosanctum adesso posso solo annunciare il prossimo artista, il tedesco Urs Lüthi. è invece in cantiere il progetto di aprire un mio spazio nuovo dove l’arte possa davvero discutere e contestare».
Jack Fischer

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