26 aprile 2011

Aldo Nove racconta l’Inferno secondo Dalì e Rauschenberg

 
Il controverso maestro surrealista e uno dei più grandi portavoce dell’arte statunitense si confrontano con la Divina Commedia. Un accostamento inedito, raccontato da una “guida” d’eccezione, lo scrittore Aldo Nove…

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L’inferno è oggi. La forza contemporanea del più classico dei classici sembra essere la chiave di lettura privilegiata dell’interessante mostra curata da Lorenzo Respi, che propone 34 xilografie di Salvador Dalì (Figueras, 11 maggio 1904 – Figueras, 23 gennaio 1989) e 34 serigrafie di Robert Rauschenberg (pseudonimo di Milton Ernst Rauschenberg, Port Arthur, 22 ottobre 1925 – Captiva Island, 12 maggio 2008).

Nonostante una linea di separazione forse troppo marcata tra i due artisti nell’allestimento, che li presenta su due piani diversi dell’edificio (per ragioni logistiche, sicuramente, eppure il confronto ne risente), l’esposizione mantiene aperta e viva l’intenzione di un dialogo continuo sul senso metafisico e quotidiano di un inferno sempre presente, e sulla sua rappresentazione.

Un dialogo che, a partire dalle opere, abbiamo voluto proseguire con Aldo Nove, amante e esperto d’arte oltre che scrittore. Insieme a Respi, l’autore di La vita oscena (Einaudi, 2010) ha curato il testo che accompagna l’esposizione, accostando tra loro riferimenti letterari di autori e epoche differenti, proponendo così una visione claustrofobica e tuttavia aperta dell’inferno.

Come sottolinea il curatore Lorenzo Respi, la prima cosa che colpisce il visitatore è la differenza tra  l’inferno narrativo di Dalì e l’interpretazione di Rauschenberg, che trasporta invece l’inferno nel presente. Cosa c’è, secondo te, alla base delle due scelte artistiche?

È innanzitutto una questione di ego: Dalì traduce la Divina Commedia nel proprio linguaggio, Rauschenberg no, si lascia completamente pervadere dall’inferno dantesco e, mentre con Dalì si rimane attaccati alla narrazione, con Rauschenberg si viene completamente scaraventati altrove. Si riconosce molto di più la presenza di Dalì in Dalì che di Rauschenberg in Rauschenberg.

Da sempre, l’uomo interpreta l’opposto del divino come il caos, il disordine. Ma l’esistenza stessa dell’inferno implica una struttura. Che relazione c’è tra caos e struttura nelle opere in mostra?

La costruzione dell’inferno nei secoli è stata lunga e faticosa, basti pensare all’Ade buio e confuso dell’Odissea o alle rappresentazioni medievali che ne dà Bonvesin de la Riva nel suo De civitate infernali, ma ciò che colpisce è il tentativo di ristrutturare una forma a partire da un fortissimo senso di smarrimento. L’iconografia dantesca fa capo a San Tommaso D’Aquino, e i due artisti vi si rapportano in maniera totalmente differente. Dalì flirta con l’iconografia cattolica: nonostante i molti effetti speciali, persiste in lui un forte senso della struttura. Rauschenberg no, e in questo senso è senza dubbio più contemporaneo: i collage e le immagini delle sue opere, peraltro non sempre angoscianti, suggeriscono piuttosto apertura e mancanza di limiti. Sembra di leggere Ungaretti: “La morte si sconta vivendo”.

Che rapporto c’è per te tra arte e letteratura?

Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare persone capaci di agire nella terra di mezzo tra il linguaggio e l’arte. Penso soprattutto ad Arnaldo Pomodoro, che lavorando sulla materia riesce a passare, in un delicatissimo equilibrio, dall’organico al linguaggio, a Nanni Balestrini, che nei suoi collage decostruisce il linguaggio e sembra quasi fare il contrario rispetto a Pomodoro, e all’ironia dissacrante di Emilio Isgrò. Il corrispettivo in letteratura può essere trovato nei Canti Orfici di Dino Campana, dove il linguaggio viene spinto fino ai suoi limiti più estremi. Per me l’incontro tra arte e letteratura avviene in questa terra di mezzo in cui pittura e letteratura, da punti di partenza differenti, trasfigurano entrambe verso il simbolo.

Una terra di mezzo quanto mai feconda, a giudicare anche da una mostra che dell’incontro e dell’interrogarsi tra le due arti ha fatto il proprio punto di forza.

a cura di giulia masperi

dal 6 aprile al 17 luglio 2011


Salvador Dalì e Robert Rauschenberg
a

a cura di Lorenzo Respi


Fondazione Arnaldo Pomodoro


Via Andrea Solari 35 – 20144 Milano


Orario: mercoledì – domenica ore 11-19; giovedì ore 11-22.

Ingresso: intero € 9, ridotto € 6, ridotto scuole 4 €

Ingresso gratuito ogni seconda domenica del mese

L’ingresso consente la visita a tutte le mostre allestite alla Fondazione Arnaldo Pomodoro


Pubblicazione: edizioni Fondazione Pomodoro

Info: tel. +39 02.89075394

c.montebello@fondazionearnaldopomodoro.it

www.fondazionearnaldopomodoro.it

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