22 giugno 2011

fino al 1.VII.2011 Sonia Almeida – The Reader Roma, Galleria T293

 
Sei opere di carta e tela a metà tra il collage e il patchwork per una serie di lavori che invitano a immergersi fisicamente nella lettura, le opere suggeriscono il testo e il reader scrive il suo libro...

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Entrando alla galleria t293 l’immediata sensazione è di un allestimento ordinatamente simmetrico, in cui le opere dialogano tra loro e una pare la naturale conseguenza dell’altra in una complessa evoluzione. Il fulcro della ricerca di Sonia Almeida (Lisbona, 1978) trae impulso dal suo vissuto personale: nel 2005 infatti in occasione della mostra presso la t293 di Napoli dichiarò: “E’ questa la mia pittura? E’ questo quello che sono? Chi potrei essere? E se in molti casi riconosco quello che vedo, in altri mi sforzo per dare un senso a quello che trovo di fronte ai miei occhi.” Ed è esattamente lo sforzo che si richiede al lettore, quello di provare a ricostruire una storia, non necessariamente cercando una spiegazione logica. Il compito da adempiere richiama alla mente l’eterno enigma dell’arte contemporanea, essere o non essere compresa senza una mediazione, sempre che la mediazione sia in grado di dare una risposta. Ma qui oggi non c’è un percorso segnato e davvero non servono didascalie, questa volta nessun preconcetto è necessario. Gli occhi leggono e la mente elabora grazie a un’inconscia sinestesia linguistica in cui le immagini generano parole ed è sufficiente lasciarsi rapire dalle immagini. Istintivamente andiamo a sinistra e troviamo un dittico in cui il colpo d’occhio guida i pieni a riempire i vuoti in un’illusionistica tridimensionalità, come in un puzzle  in cui siamo invitati ad entrare da un sipario che si richiama a Il Cavaliere Perduto, il primo quadro Surrealista di Magritte (Lessines, 1898 – Bruxelles 1967), in cui un fantino erra tra una lisergica foresta di alberi/birilli rivestiti di spartiti musicali, una metafora metalinguistica del linguaggio e della libera interpretazione che si può dare alle parole, ma anche della minaccia che intrinsecamente porta: ciò che sembra non è, e ciò che è sembra.

Il lavoro successivo rappresenta la copertina del nostro libro ideale, si tratta di uno specchio nero che invece di riflettere ci offre uno sguardo sul passato dell’artista, che per una sorta di osmosi diventa il passato di ognuno di noi, mentre a chi guarda viene lasciato l’onere di scrivere la pagina seguente. Le opere successive fanno un ulteriore riferimento alle differenti strade che può prendere la costruzione di una storia: sono infatti una citazione dell’abitudine in voga negli anni ’80 di pubblicare antologie mensili dai quotidiani. Il collage viene proposto nella sua accezione pratica e concettuale.

Nell’allestimento c’è un continuo gioco di rimbalzi in cui si scambiano le possibilità in un raccordo a due, all’ingresso il visitatore comunica con il lavoro sulla parete in fondo, ai lati il dittico guarda i due collage e dopo l’arco ancora le altre due opere che si scrutano. Ricordiamo così il lavoro che l’Almeida ha portato ad Art Basel nel 2009 (sempre con la t293) in cui una strada era mappata da due sequenze di colori nel lato destro e sinistro a suggerire i due emisferi cerebrali e la dualità umana tra corpo e mente. Il due che ritorna, verrebbe quindi da chiedere: dobbiamo sempre confrontarci con l’alterità, o forse l’altro siamo noi?

ilaria carvani

mostra visitata il 3 giugno 2011

 

dal 27 maggio al primo luglio 2011

The Reader, mostra personale di Sonia Almeida

Galleria T293, Via Dei Leutari 32, 00186 Roma

Orari: dal mar. al giov. ore 15-19 – Ingresso gratuito

Info: info@t293.it www.t293.it – Tel: 0683763242

 

[exibart]

1 commento

  1. Questa è la migliore ikea evoluta. E non c’è niente di male, basta esserne ben consapevoli. L’artista che si sveglia alla mattina e che piegando leggermente la testa, semmai con la siga in mano, inizia a giustapporre pattern, materiali, colori pannelli. Il meccanismo è il medesimo dell’ikea, certatamente per portafogli più ricchi. Anche se comunque l’ikea conserva quella sincerità, quella non pretenziosità che mi sembra oggi più utile e trasgressiva.

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