08 luglio 2013

Mostra finale della quarta edizione Premio Combat Prize Livorno, Auditorium del Museo di Storia Naturale

 
la natura morta dell’efficienza burocratica. Note a margine sull’opera che ha vinto nella sezione pittura del premio livornese -

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S’è concluso con la premiazione il premio combat 2013 a Livorno. Diviso per sezioni Fotografia, Grafica, Pittura, Scultura / Installazioni, Scultura la giuria ha scelto i diversi vincitori del consistente premio in denaro e delle residenze a Berlino e Belgrado. Parlerò di chi ha vinto la Pittura, o meglio dell’opera che è stata insignita del primo premio da una giuria composta da Andrea Bruciati, Antonio Arèvalo, Francesca Baboni, Mdrjan Bajic, Gigliola Foschi, Stefano Taddei, Marco Tonelli. S’intenda, non per celia, ma per affinità, m’occuperò del piccolo quadro che ha vinto.  L’opera che ha vinto la sezione Pittura del premio Combat s’intitola: Strutture abbandonate in uno spazio è stata dipinta dal veneziano Giovanni Sartori Braido in acrilico su tela in un formato non grande, settantacinque centimetri per settanta e rappresenta una natura morta da ufficio, ossia: sue cassettiere e due elementi indefiniti su un piano ribaltato in avanti su uno sfondo scuro. Giocato sui toni grigi,  questo soggetto è trattato nel contrasto di stesura piatta e pittura opalescente che dà all’elemento di destra, una cassettiera settimina, l’aspetto di un solido sghembo, impennato in una prospettiva che ne forza la fuga verso sinistra e offre una faccia opaca ritmata dalle maniglie dei cassetti che poi sono linee incorniciate da rettangoli ripetute, stringhe di un corpo plastico. 
Giovanni Sartori Braido STRUTTURE ABBANDONATE IN UNO SPAZIO acrilico su tela, su tela 75 x 70 , 4 cm
A destra, quasi a ripetere lo scivolo del piano, che poi è un’astratta geometria, un cassetto aperto di un mobiletto a due vani mostra il vuoto del suo interno come un saggio di vari toni di grigio, un gioco di interni ed esteri di volumi ambigui trattenuti in avanti dal piano segnato dall’inevitabile curva della maniglia. Anche qui un artificio geometrico di solidi incastrati dalle facce scoscese come il suo omologo più alto e stretto, compagno spigoloso di un silenzio alienante. Poi due elementi, anch’essi forme acutamente frastagliate, che stallano un profilo piano di uno spazio ritagliato e sovrapposto, del tutto allotrio, uno in primo piano che nasconde parte della cassettiera di destra, quella più bassa e larga per intenderci, l’altro appoggiato sul tetto di quest’ultima è aggrappato con cinque angoli allo sfondo nero è bianco, macchiato da ombre che gli danno l’accenno a un volume non ben definito. Il suo omologo, invece, sulla ribalta, in primo piano, è una vera e propria superficie altra, il cui perimetro scosceso e irregolare trattiene un motivo astratto quasi informale che sembra strappato a un altro quadro. Questi due elementi disturbano l’algida grammatica delle forme e contrastano per contrappeso la stolida fissità dei mobiletti da ufficio e rendono quel silenzio più inquietante perché lo abitano come presenze che turbano l’incrocio acuto delle linee, la dialettica degli spigoli, l’indagine dei piani sui volumi. Tutto qui, è una natura morta, vanitas vanitatis di un efficienza burocratica, silenzio dopo il fallimento, un licenziamento dove quei due elementi possono benissimo diventare carte acciuffate, appallottolate, documenti che implodono nella loro funzione strumentale, testimonianze tradite, certificati inutili, pagamenti sospesi, accordi disattesi, brutte notizie. Eppure una pulsazione c’è ed è nella stesura traslucida del ritmo settimino dei cassetti nel piano verticale a destra che cela come una cortina nebulosa la certezza del degno ammorbidendo le rigidità geometriche, è la stessa impressione che s’ha intuendo la sfumatura delle facce dei cassetti dell’altro elemento basso e tozzo. Notando ciò si intuisce che il quadro non è solo un esercizio compositivo ma il racconto di un’atmosfera che interessa i piani più che le cose ricordandoci quanto la pittura oltre ad essere “cosa mentale” è, inesorabilmente, cosa piatta.   
Marcello Carriero
Mostra visitata il 6 luglio 2013
COMBAT PRIZE
Info: Associazione Culturale Blob ART
corso Amedeo 118 Livorno
T 0586881165

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