23 dicembre 2018

Fino al 13.I.2019 ? War is over MAR-Museo d’Arte della città, Ravenna

 

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Non c’è scampo, ogni parte del mondo è in guerra. Questo sembra dirci il senso della “cancellatura” di un’opera in mostra a Ravenna:110 cm x 150 assemblati in dodici pannelli per un unico planisfero proveniente dal Centro Pecci di Prato. Questo, tra i tantissimi prestiti, anche se l’esecuzione risale al 2007, oggi è uno dei più forti perché rimanda a una provocazione pungente del siciliano Emilio Isgrò. E poi sul senso portante di quest’opera forse, si incardina tutta l’operazione della mostra “WAR IS OVER. Arte e conflitti tra mito e contemporaneità”. Solo apparentemente infatti l’opera di Isgrò stride con l’idea di fondo di altri lavori esposti. Vedi quelli dei Futuristi o il frammento di Eraclito di 2500 anni fa in cui afferma che è “Polemos padre di tutte le cose”, per non parlare di Shakespeare. Proprio quest’ultimo, il Bardo di Avon con la citazione al vetriolo di alcuni suoi versi lungo una parete del MAR, porta avanti il concetto greco/omerico di guerra come energia, concetto già fortemente richiamato in una delle prime sale dal cratere attico, un oggetto bellissimo a figure rosse con scene dell’Iliade, proveniente dal museo di Bologna. Nonostante il ricco apparato di prestiti (Museo Picasso di Parigi, Palazzo ducale di Mantova, Karsten Greve, Pace Gallery e i molti privati) resta Napoli con le sue gallerie una delle maggiori città a portare i pezzi in questa mostra che vede la curatela non a caso di una figura di spicco dell’universo partenopeo, Angela Tecce. Da Studio Trisorio arrivano “Combattente” di Marisa Albanese, dalla Lia Rumma “Senza titolo” di Domenico Antonio Mancini, dalla Galleria Umberto di Marino l’installazione con tavolo di Francesco Jodice , “PPP” di Marzia Migliora,  “Sea Side” di Eugenio Tibaldi e “Nine smiling communists” del duo Vedovamazzei, dal fondo Alfonso Artiaco di Lawrence Weiner con “Just off the mark”. A quanto pare, è il conflitto e non la calma piatta, la guerra e non le abitudini in tempo di pace che vivacizza, produce, crea, in quanto è atto energico, “animazione”. “Conflitto è un concetto che contiene potenzialmente tutte le altre dimensioni di scontro, è l’unica dinamica con cui affrontare ragione, sentimenti, aspirazioni, religioni” scrive la Tecce, sebbene non sia certo nel segno di questa idea che si motiva la mostra a Ravenna, anzi, tutt’altro, l’occasione è la ricorrenza della I guerra mondiale, il tema resta volutamente irrisolto e viene trattato senza falsi moralismi o ipocrisia e da più punti di vista. L’esposizione è talmente ricca di pezzi (60 circa) che non avrebbe forse giustificato un padiglione in una Biennale d’Arte? Il concetto di guerra, i motivi di dissidio sono quindi pensati come fossero un prisma attraverso cui guardare la molteplicità delle scelte e dei gesti umani. Non a caso il cocuratore della mostra è una figura trasversale come Maurizio Tarantino, direttore del museo, che con il suo prezioso contributo filosofico-letterario arricchisce la mostra punteggiandola con melodiosi “contrappunti”, rimandi interiori come la “Fine della civiltà” di Benedetto Croce o quelli più archetipici. “Weltanschauung” (ovvero visione del mondo) titolo della mappa mondiale di Isgrò, allora è quasi una cartina tornasole, dove anche con una lente d’ingrandimento si faticherebbe a individuare limiti e tratti geografici ma con cui, per giunta si torna al grado zero dell’antropizzazione, con esiti simili a una tabula rasa dove mancano confini e paesi, con l’annullamento di diversità di lingue e culture. Tutto è cancellato, depennato e appiattito con questo mappamondo che non mostra né latitudini né volumi o colori. 
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Gilbert & George, Machete, 2011, cm 226×190, courtesy Galleria Alfonso Artiaco, Napoli

Per certi versi l’opera “Sintesi futurista della guerra” di Filippo Tommaso Marinetti va al contrario invece, perché vede la guerra come una “parola” che si lega all’idea di futuro, volontà, intelligenza. Per lui è uno scatto in avanti che, con l’estetica della velocità propugnata proprio dai futuristi, dà finalmente l’occasione di fare un balzo nel futuro appunto. E non è strano, viste le conseguenze del disastro mondiale se tutto ciò si elaborava mentre Ungaretti, costretto alla guerra, scriveva due settenari celebri, e questi si incancellabili: “Si sta come / d’autunno / sugli alberi / le foglie”. Di tutt’altro verso nonostante il significante, una lastra funeraria, è l’opera di Salvo (da collezione privata), “Le armi dei tumultuosi nemici” (1972) in cui su un’epigrafe incisa un poeta tesse le lodi di Assurbanipal, re assiro per le sue azioni pacifiste che disinnescano violenza. Proprio come la “Bomba a mano” di Pino Pascali, caricata di un altro senso e anche caricata a salve da un bigliettino in cui si segnala il processo creativo. Dell’arma pericolosa Pascali manipola il significato ribaltandolo completamente. Ne fa, con quella striscia di parole abbozzate, portatore di pace come di un messaggio dentro una bottiglia. Davvero entusiasmanti della mostra sono le istallazioni di Studio Azzurro, messe li a sentinella sia all’inizio che in mezzo e alla fine del percorso espositivo. Per chiudere sui lavori più emblematici, le mani macchiate in lingua farsi di Shirin Neshat dal titolo “Stories of martyrdom” (1994) che fa parte della serie Women of Allah. La sensualità della donna araba frammischia a oggetti come fucili, che andando oltre lo stereotipo cui sono vittime, alludono alla loro compartecipazione alla lotta sociale. Che da questa parte del mondo significa guerra a oltranza necessaria per sconfiggere le discriminazioni. Allora, la guerra è sempre (war is over) e il conflitto è ancora connaturato all’essere umano perché necessario per sopravvivere?
Anna de Fazio Siciliano
Mostra visitata il 5 ottobre 2018
Dal 6 ottobre 2018 al 13 gennaio 2019
?War is over. Arte e conflitti tra mito e contemporaneità 
MAR-Museo d’Arte della città di Ravenna
Via di Roma, 13 Ravenna
Info: info@museocitta.ra.it
Orari: dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 18 

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