12 febbraio 2019

L’INTERVISTA/ ANTONIO MARRAS

 
QUALE SOLUZIONE PER IL CUORE?
Lo stilista non sfugge al richiamo del teatro. E ci racconta perché, e come è andata a finire

di

In balìa del suo cuore, Antonio Marras lo è sempre stato. Instancabile viaggiatore tra discipline diverse, il passionale e caparbio stilista perseguitore di idee, ossessioni, progetti fulminei, ha ancora una volta spalancato le porte a quello che il suo cuore, come dice lui, “ha deciso”. E così, ecco il teatro. 
“Mio cuore io sto soffrendo, cosa posso fare per te?”, sono le parole di una struggente e malinconica canzone di Rita Pavone che Marras, insieme alla produttrice Valeria Orani (369 Gradi) ha fatto rivivere in una piéce teatrale dai toni altrettanto malinconici e introspettivi. Quindici momenti, tra dialoghi vis à vis con i turbamenti e i rimpianti della propria anima, a racconti esistenziali che paiono un resoconto delle Tre età della vita: infanzia, maturità, vecchiaia. Sul palco dieci uomini e dieci donne interagiscono con altrettanti cuori esibiti come reliquie ma che difficilmente, nel corso dello spettacolo, si riescono a tener chiusi in teca. Per l’occasione, sparisce la sua veste di stilista, e i suoi iconici abiti strabordanti di tessuti sono ridotti a garze minimali per coprire le nudità degli attori. 
Ultimo di una serie di spettacoli, cinque solo a Cagliari al Teatro Massimo, quello di Alghero è l’ultima tranche di un ricco calendario. Ed è anche un respiro di sollievo, un tornare a casa dato che, a tutti gli effetti, Alghero per Antonio Marras, casa, lo è. Quando lo incontro, lo spettacolo è oramai concluso e possiamo fare un bilancio di quello che è stato. Esordisce dicendomi che questo spettacolo voleva farlo, questo racconto nudo e carnale di ciò che da un po’, il suo cuore voleva dire.
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Mio cuore io sto soffrendo. Cosa posso fare per te?, Piéce teatrale , Ideato e diretto da Antonio Marras, Produzione di Valeria Orani 369 Gradi, Crediti fotografici: Daniela Zedda

Quando e da cosa è nata l’esigenza di quest’opera teatrale?  
«È stato innanzitutto un bisogno di cercare il dialogo con le altre discipline, delle cose che ho sempre amato, il teatro, il cinema, passioni che ho sempre immaginato ma non sul piano attoriale. Quello che mi affascina è a livello di regia: dirigere, fare».
Questo lavoro interdisciplinare lo si riscontra anche nelle tue recenti sfilate, in cui tutto pare una grande performance. Non tendi solo a presentare i tuoi abiti, giusto?
«No assolutamente, le sfilate sono sempre luogo di sperimentazione, modo per intersecare il teatro, la danza, la letteratura, la musica, il cinema. Con le sfilate ho sempre inserito anche altre discipline».
Quanto temi che questo tuo ultimo lavoro possa essere definito autobiografico?
«Quanto temo?».
Si…
«No, non temo niente! Solo la malattia, come si evinceva da alcune cose [nel corso dello spettacolo, il disfacimento fisico diviene occasione di riflessione sulla scena, attraverso più personaggi, ndr]. Il dover dipendere dagli altri: le tue azioni, il tuo modo di vivere viene completamente stravolto e tu sei costretto a chiedere aiuto per fare le cose più semplici, come mangiare o lavarti. Questa è una cosa che mi fa veramente paura».
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Mio cuore io sto soffrendo. Cosa posso fare per te?, Piéce teatrale , Ideato e diretto da Antonio Marras, Produzione di Valeria Orani 369 Gradi, Crediti fotografici: Daniela Zedda

Comunque nel corso della piéce pare di vedere molti aspetti che ti appartengono personalmente…
«Non lo so, io in realtà racconto cose che ho stratificato nel tempo, che sono episodi, momenti, frasi…rubati, molto spesso, dalle persone con le quali io parlo e che, guarda caso, appunto in libretti tipo questo (mi mostra un quadernetto liso e zeppo di appunti), dove segno frasi che mi colpiscono delle persone. Facendo questo lavoro ho messo via un sacco di cose, suggestioni, anche frasi “shock” delle persone che io ho conosciuto. Chiaramente nello spettacolo ho preso dei riferimenti importanti: un pezzo è tratto dalle “Città Invisibili” di Calvino, in cui l’attrice Simonetta Gianfelici racconta l’età, in ciò che diventa una sorta di percorso: dell’infanzia, della scuola, dell’adolescenza, della maturità, di quando tu sei grande, vecchio, e il tuo corpo muta e diventa diverso da come lo vorresti. E’ anche un lavoro sul taglio, sull’amputazione, sul distacco, sull’addio, sulla lontananza, sul dolore, sulla malattia, sul male, sull’impossibilità di comunicare con l’altro. Hai presente il match? [Sul palco, due attori si sfidano in un incontro di boxe che mette in scena due parti di un’unica anima] Ognuno parlava a se stesso, ed ognuno contraddice quello che l’altro dice. Inizialmente non l’avevo pensato per loro ma ho avuto la fortuna di avere con me dei grandi attori. Questo è un lavoro che mi sfianca, che mi scarnifica. E ciò che ho chiesto di fare a questi attori è di fare altrettanto un lavoro su loro stessi. Non mi interessava sapere quanto fossero bravi a livello attoriale, volevo che partecipassero al tutto».
Compaiono spesso sulla scena due narrazioni che “si prendono a pugni”, metaforicamente e non. Questo desiderio di felicità non riesce mai a metterli d’accordo?
«Mai! Tutte le cose che vengono dette, specie nei dialoghi in dicotomia con se stessi, fanno presupporre uno spiraglio di speranza e poi, a metà, tutti i discorsi si interrompono in un mai».
E non c’è mai uno spiraglio?
«No! No! Non c’è».
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Mio cuore io sto soffrendo. Cosa posso fare per te?, Piéce teatrale , Ideato e diretto da Antonio Marras, Produzione di Valeria Orani 369 Gradi, Crediti fotografici: Daniela Zedda
Se pensiamo a te come Marras-stilista, conosciamo una parte della tua parabola di vita, eppure sembra che in questo progetto tu abbia messo in evidenza quanto più la tua infanzia. Com’era Antonio bambino?
«Beh, diciamo che la mia infanzia è stata lungamente esplorata, anche alla Triennale di Milano (nella mostra “Nulla dies sine linea”, 2017), ma devo dire che le scuole elementari sono state abbastanza traumatiche. Insomma, non proprio enfatizzate come a teatro però…C’è una scena in particolare, che è quella della tabellina del tre in cui qualcuno diceva di tagliarla, che fosse troppo lunga, invece ho chiesto che no, alla tabellina del tre si deve rispondere sino alla fine, anche se con titubanza, perché quello segna per l’alunno un traguardo. Certo, quando poi la maestra dice: “E ora, a salti”. Panico».
Ma dimmi una cosa, perché hai messo gli abiti in castigo, stavolta?
«Mi chiedono spesso gli abiti per il teatro, performance… Non m’interessano. L’ho fatto per Luca Ronconi, punto. Per questa volta, non m’interessava. Anche per ragione di spazi, come nel caso del teatro di Alghero che è più piccolo di altri in cui ci siamo esibiti: in ogni teatro, l’opera è riadattata allo spazio in cui siamo intervenuti. C’è molto “togliere”, sono andato per sottrazione, come dice uno dei personaggi. Ho tolto tende, sipari, tutto».
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Mio cuore io sto soffrendo. Cosa posso fare per te?, Piéce teatrale , Ideato e diretto da Antonio Marras, Produzione di Valeria Orani 369 Gradi, Crediti fotografici: Daniela Zedda
In una scena dello spettacolo, un attore ricorda la sua infanzia e si lamenta di un regalo proprio non gradito. A questo punto, toglimi una curiosità: a Natale cos’avresti voluto ricevere al posto di un…trattore?
«(Ride) Questo me lo chiedono tutti! In realtà sono stato un bambino fortunatissimo, non ho mai ricevuto un trattore in vita mia! Ma mi sembrava così giusto farlo dire da un ragazzone che sembra Big Jim, con un fisico incredibile e che dice questa cosa… Sono solo andato per contrasto. Sono tutti attori che fanno teatro-danza, perciò performano molto, usano la parola e il corpo. È stato molto importante l’incontro con Marco Angelilli che è un coreografo che secondo me “crea movimenti”, che traduce le parole, in gesti, e con cui ho lavorato, mi racconto, intervengo, discuto, perché ritengo che sia fondamentale che ci sia qualcuno che rimette insieme i pezzi, come fa lui come coreografo, che ha pazienza e costanza».
Parli di ossimori in questo spettacolo, del sentirsi un vero e proprio ossimoro. 
«L’ossimoro è in me, è tutto una contraddizione. Anche nello spettacolo, nei personaggi che dialogano tra loro. Io mi sento “ossimoroso”».
Mio cuore, tu stai soffrendo. Cosa puoi fare tu per lui?
«In realtà, credo che il cuore sia quell’organo che non comandi, non dirigi, non governi. Soprattutto quello che decide dove andare, a prescindere da te, e tu non vorresti questa direzione. Io non riesco a governare i sentimenti. Chi ci riesce secondo me è un mostro. Lui va dove vuole andare, e non va dove ti porta lui, va dove decide lui».
Elena Calaresu
Mio cuore io sto soffrendo. Cosa posso fare per te?
Ideato e diretto da Antonio Marras
Produzione: Valeria Orani – 369gradi
CAST (in ordine alfabetico) Ferdinando Bruni, Mauro F Cardinali, Federica Fracassi, Giovanni Franzoni, Francesco Marilungo, Simonetta Gianfelici, Marco Vergani
Con la partecipazione straordinaria di: Elena Ledda, Vincenzo Puxeddu
Coreografie: Marco Angelilli
Art director: Paolo Bazzani
In coproduzione con: Asmed – Balletto di Sardegna
Spettacolo realizzato in collaborazione con CeDAC / Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna e prodotto in partnership con Sella&Mosca
Gallery: Crediti fotografici di Daniela Zedda

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