25 luglio 2010

COSE DALL’ALTRO MONDO

 
Il MAK importa dalla Repubblica Democratica Popolare di Corea (la Corea del Nord, per gli amici) una staliniana arte di regime. Un mare di polemiche vorrebbe soffocarla. Un mare di pubblico ha soffocato le polemiche...

di

Ha l’età della pensione, ma non
perde né i capelli (cortissimi) né il vizio di creare scompiglio. Peter Noever,
l’uomo del Mak, l’infaticabile direttore di questo Museo dell’Arte Applicata di
Vienna, colpisce ancora. Lo fa con una mostra che in molti non avrebbero voluto
veder realizzata, soprattutto in questa storica istituzione. I luoghi contano.
Grave errore dare spazio, dicevano, alla forma più opprimente dell’arte di
regime e culto della personalità, imposta da un dittatore di stampo stalinista
in uno stato che viola costantemente i diritti umani. Un potere dittatoriale a
vita iniziato nel 1972 da Kim Il Sung e passato nel ’94 al figlio Kim Jong-il
per successione, semplicemente mortis causa.

Ma ora al direttore dovranno pur
dare atto del coraggio e della lungimiranza perché, se ‘sta mostra era tanto
immorale e non s’aveva da fare, poi invece all’inaugurazione è accorsa una
marea di gente. Lui ci ha lavorato quattro anni, con ripetuti viaggi, visite in
musei e collezioni, guardato a vista da funzionari di governo, richieste e
dinieghi e tante promesse rimangiate. Era la prima volta che alle autorità
nordcoreane uno straniero andasse a chiedere di portare all’estero i loro
quadri per esporli a un pubblico alieno. Certo che si sono allarmati!

Sappiamo che quelle conservate nei
musei e collezioni ufficiali sono opere compilate in funzione celebrativa o
retorica o educativa; i quadri che devono far storia sono quelli che mostrano
il leader sorridente, cordiale, generoso, insieme al suo popolo e in ogni
occasione. Questa esposizione viennese ha il sapore d’altri tempi: facile
intuire che il suo titolo, Flowers for Kim Il Sung, derivi dal titolo di un dipinto
e che il contenuto – l’omaggio floreale – voglia eternare nell’immaginario il
senso di riconoscenza di un popolo verso il suo capo.


In effetti, molta altra
iconografia è dedicata alla circolazione serena e contagiosa del sorriso nei
volti di operai, di lavoratori, donne, uomini. Come con In early morning di Ri Tong Gon; o con The day breaks di Kim Yong Gu. Presi insieme, offrono anche un
raffronto paradigmatico tra città e campagna del mondo coreano. Il contrasto è
nettissimo ma non lacerante: ogni persona vive a suo agio la dimensione
esistenziale più appropriata.

“Il dovere di un museo”, manda a dire Noever a chi lo ha
criticato, “è di mostrare l’arte; esiste anche questa linea ‘realista’ nel
contemporaneo. Perché nasconderla?”
. È coerente: nel suo curriculum può vantare esposizioni
memorabili sull’arte e l’architettura sovietica. Nella cospicua selezione di
circa un centinaio di lavori, ci sono anche opere svincolate dai canoni
ufficiali. Si capisce, gli artisti sono artisti anche nel trasgredire,
nell’eludere la sorveglianza. Nonostante il repressivo isolazionismo nazionale,
oltre a un’intima matrice orientale padroneggiano linguaggi e materia pittorica
tipici dell’Occidente, come nel dipinto di Kim Muing Gon, che ha un titolo lunghissimo e
retorico, forse per necessità.


Ma in mostra, a fare bingo sono le
sconcertanti opere di regime dal grande formato, protette da cordoni che
tengono il pubblico a debita distanza. Presidiano alla loro sicurezza anche
degli agenti nordcoreani in abiti borghesi; si riconoscono dai visi
all’orientale e dagli occhiali scuri, un po’ come gli agenti segreti nemici nei
film di 007 d’una volta. Meglio così, viene in mente che di tutta la lunga
serie dei Bond movies, quelli erano i migliori.

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mostra visitata il 19 maggio 2010


dal 19 maggio al 5 settembre
2010

Flowers for Kim Il Sung. Arte e
architettura dalla Repubblica Democratica Popolare di Corea

a cura di Peter Noever e
Bettina M. Busse

MAK – Exhibition Hall

Stubenring, 5 – 1010 Vienna

Orario: martedì ore 10-24; da
mercoledì a domenica ore 10-18

Ingresso: intero € 7,90;
ridotto € 5,50

Info: tel. +43 1711360; fax +43
17131026; office@mak.at; www.mak.at

[exibart]

2 Commenti

  1. Personalmente, non vedo molto di che scandalizzarsi, in un paese dove alcuni politici fanno uso disinvolto del fotoritocco. In quanto pittore “figurativo”, sono portato a considerare la Pittura, più che gli intenti celebrativi, i quali del resto abbondano anche nell’iconografia occidentale, con santificazione di aristocratici non di rado famosi per tutt’altro che la mansuetudine,
    in devoto atteggiamento presso Santi e Madonne. Di costoro dimentico i nomi, e poco mi interesso alle loro storie, mentre di chi li ha ritratti per campare voglio sapere un sacco di cose, soprattutto cose del tipo se frescavano o se lavoravano su tavola, se lavoravano per velature o ad impasto, eccetera.
    Bello sarebbe se anche di questi colleghi si potesse conoscere di più. Quanto alla condanna civile dei dittatori, çà va sans dire, peccato che se ne facciano un baffo.

  2. mi piace la pittura ma non mi piacciono i pittori che fanno finta che i contenuti non contano . posso apprezzare il mestiere ma l’arte è piu del mestiere (anche se non lo esclude). i mestieranti spesso finiscono per danneggiare la causa della pittura.
    comunque la servitù al potente di turno non è prerogativa dei pittori, come vorrebbero far credere i critici radical (radical per posa, spesso)
    infatti non è necessariamente casuale che alcune forme d’arte diciamo meno “storiche” possano piacere ai riccastri americani o ai mafiosi russi; forse certa attitudine sperimentale dei mezzi e dei materiali accoppiata ad una mancanza di contenuti (abbastanza simile alla mancanza di contenuti del pittore solo pennello e niente cervello) è proprio quello che piace ai potenti , con la differenza che il pittore cinese e coreano è un servo mentre l’artista del sistema “internazionale” è spesso un servo ipocrita

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