25 gennaio 2013

I Love Roma

 
Sono un discreto drappello le gallerie straniere che hanno deciso di aprire a Roma. Oltre Gagosian, non confrontabile ad altre per potenza di fuoco, negli anni sono sbarcate nella capitale Lorcan O'Neill (la prima in ordine di tempo), Marie-Laure Fleisch, Indipendenza Studio (filiazione della Galleria Campoli Presti di Londra e Parigi) Bloo Gallery e l'ultima arrivata Frutta. Abbiamo chiesto ad alcune di loro il perché di questa scelta

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L’arte contemporanea a Roma, limiti e potenzialità della Città Eterna, questa è la prima domanda che abbiamo rivolto a tre gallerie “straniere” della capitale: la storica Lorcan O’Neill, che con i suoi dieci anni di attività può vantare a giusto titolo questo autorevole attributo, e le più giovani Marie-Laure Fleisch e Bloo Gallery.
Situati in punti nevralgici della città – Trastevere, Rione Ponte e San Lorenzo – questi centri dell’arte sono l’espressione di vocazioni diverse. Alle opere su carta è consacrata la galleria della svizzera Marie-Laure Fleisch (i suoi artisti sono Etti Abergel, Maya Attoun, Yael Balaban, Hilla Ben Ari, Yifat Bezalel, Sergio Breviario, Ofri Cnaani, Claudia Comte, Chiara Dynys, Nina Fischer & Maroan El Sani, Athene Galiciadis, Rebecca Horn, Ali Kaaf, Jorinde Voight, Maya Zack) che a quarant’anni ha deciso di dedicarsi alla sua passione di sempre, aprendo una galleria di arte contemporanea a Roma. “La scelta di questa città è stata un naturale approdo dopo tanto peregrinare, essendo affascinata dalla sua storia e dalla sua tradizione artistica così stratificata,” – spiega la gallerista di Berna – “e, allo stesso tempo, volevo instaurare un confronto e una sfida con la città stessa, che negli ultimi anni si sta affacciando al mondo dell’arte contemporanea.”.

La fotografia è, invece, il linguaggio artistico scelto da Justine Verneret (nata a Lione nel 1980, vive a Roma da due anni e mezzo), direttrice della Bloo Gallery inaugurata nel marzo 2012 con la mostra Vectors Portraits dell’americano Andrew Bush (in programma per il 2013 le mostre di Christophe Bourguedieu, Marco Delogu, Gilles Verneret e Christian Lutz). “Sono una giovane gallerista straniera che sta imparando questo mestiere sul campo,” – spiega Verneret – “anche se mi ritengo un po’ figlia d’arte, perché mio padre è stato il fondatore della Biennale della Fotografia di Lione e dirige la Galleria Le Bleu du Ciel sempre a Lione. Prima di intraprendere questo progetto ero insegnante di Arte nei licei delle periferie violente di quella città.”.
Quanto alla Lorcan O’Neill, la cui mission è promuovere la conoscenza degli artisti italiani all’estero (ne è un esempio Luigi Ontani che ha esposto per la prima volta alla Tate Modern e alla Serpentine di Londra, nonché all’Hammer Museum di Los Angeles), ma anche di occuparsi delle nuove generazioni (Eddie Peake, Manfredi Beninati e Pietro Ruffo), a parlarne è Laura Chiari, direttrice dal 2004. La schiera degli artisti include anche grandi nomi, tra cui Anselm Kiefer, Richard Long, Rachel Whiteread, Tracey Emin, Kiki Smith, Francesco Clemente, Martin Creed, Carsten Nicolai: “artisti con cui è un privilegio lavorare, che riempiono di gioia con soddisfazioni che non sono solo materiali: si sa di aver fatto qualcosa che già si può dire che è entrato nella storia.”.

La consapevolezza che Roma non sia certo un centro internazionale come Londra o New York è un dato di fatto, ma lo sono altrettanto le sue potenzialità, strettamente legate alla sua stratificazione, al fascino della storia – quindi – e alla sua bellezza straordinaria, di per sé sufficiente per attirare qualsiasi artista che abbia voglia di mettersi alla prova.
La sfida è costante e quotidiana, in questo particolare momento storico in cui l’economia italiana è in un baratro nero e deprimente, ma il business non è che uno dei suoi aspetti. Per Marie-Laure Fleisch la sfida maggiore è lavorare principalmente con i giovani artisti, “soprattutto perché in questa fase economica i collezionisti tendono a comprare nomi affermati che garantiscono una sicurezza maggiore nell’investimento. Quindi non resta che armarsi di molta pazienza e seguire le proprie passioni per continuare ad avere un approccio positivo.”. Di coraggio, volontà e fiducia parla anche Justine Verneret: “fiducia nella proposta al pubblico, fiducia nell’individuo e la sua necessità innata di arricchire la sua anima con l’arte. Infatti, è proprio in questi momenti di congiuntura economica difficile che un individuo provato dalle difficoltà quotidiane può trovare ristoro per il suo spirito ammirando un opera che possa stimolare emozioni e riflessioni.”.

“Le sfide in fondo sono sempre le stesse.” – afferma la direttrice della galleria Lorcan O’Neill – “Avere molto gli occhi aperti sulla realtà, perché il lavoro di un gallerista ha molto a che vedere con quello che accade giorno per giorno, quindi la sensibilità verso il lavoro degli artisti che deve avere sempre una sua attualità. Nel momento di crisi economica bisogna lavorare di più per ottenere meno risultati. Ma una galleria d’arte non ha il solo scopo economico, se si decide di fare mostre e avere un rapporto con gli artisti è perché c’è un forte coinvolgimento.”.
Artisti, critici, pubblico, collezionisti, media: categorie diverse di interlocutori a cui la galleria deve rapportarsi. Ci sono regole a cui attenersi? Per la giovane gallerista francese è più adatto parlare di intuizione “un fenomeno molto complicato da gestire soprattutto nel mondo dell’arte”, ma anche di un rapporto di fiducia reciproca.

“Lavorare sempre con passione e serietà”, questo è fondamentale per Fleisch. Laura Chiari parla anche di “gentlemen’s agreement”: “Regole, secondo, me non ce ne sono, piuttosto c’è molto buon senso ed esistono delle prassi. Ad esempio negli anni passati era tipico per un gallerista comprare le opere di una mostra, anche l’intera mostra. Pagava l’artista assumendosi l’intero rischio, ma se credeva in lui lo faceva a ragion veduta. Poi si ritrovava per anni e anni con opere che non valevano niente o che improvvisamente valevano un patrimonio. Ora per il modo in cui le gallerie lavorano oggi e per il livello di spese che devono sostenere per svolgere l’attività questo modello non regge più. Nel nostro caso si ha un rapporto essenzialmente di rappresentanza dell’artista, si prendono le opere in consegna, che comunque sono dell’artista, e si prendono accordi su come dividere i proventi. Un modo completamente diverso da quello passato. Il mondo dell’arte è molto legato alla fiducia e ai rapporti interpersonali. Spesso ci si può espone a rischi, ma lo si fa sulla base del gentlemen’s agreement, così è con i colleghi galleristi e soprattutto con i collezionisti con i quali ci deve essere sempre fiducia e se il rapporto è buono consente anche una certa continuità. Comportarsi con la massima correttezza è sempre la cosa che paga più di altro.”.
È un collezionismo riflessivo, quello romano, per la gallerista di Berna “che si sta consolidando e diversificando grazie anche ad una nuova generazione di collezionisti, curiosi di scoprire con l’aiuto dei galleristi i nuovi orizzonti degli artisti emergenti.”. Per Chiari i grandi collezionisti sono “ridotti numericamente, ma anche molto ben informati e ce ne sono tanti altri meno ambiziosi per tante ragioni, anche economiche, ma che sono altrettanto attenti e ottimi interlocutori.”; la direttrice di Bloo Gallery, invece, lo definisce “un collezionismo che sta crescendo, giovane ed entusiasta.”.

Partecipare a fiere nazionali e internazionali è molto importante – questo lo affermano tutte all’unisono – non solo come vetrina, ma come anello di un network più complesso. Passando al rapporto con le istituzioni pubbliche, Marie-Laure Fleisch afferma di aver constatato che negli ultimi anni “anche grazie all’ampliamento di due importantissime istituzioni come il Maxxi e il Macro, le istituzioni romane stanno curando con grande attenzione il rapporto con i privati che lavorano sul territorio, dimostrando grande disponibilità”.
Per Laura Chiari le collaborazioni della galleria con i musei, per progetti specifici, benché non siano state numerosissime sono sempre estremamente positive. “Per gli artisti fare un’esposizione in un museo pubblico, se non addirittura avere un’opera nelle collezioni pubbliche, è importantissimo”. È d’accordo la direttrice di Bloo Gallery che, in meno di un anno di attività, ha iniziato ad interagire con istituzioni pubbliche come Macro, Villa Medici, Pastificio Cerere: “È fondamentale che ci sia comunicazione, scambio di informazione e di idee votate a collaborazioni che permettano al settore privato di lanciare progetti che aiutino a far “girare” l’Arte.“.

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