19 novembre 2016

Dipingere, giocare con l’acqua

 
Il LAC di Lugano rende omaggio a Paul Signac. Spirito libero e artista neoimpressionista che amava il mare e i suoi riflessi. Che ha acquarellato per una vita intera

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Attraverso la nuova sede espositiva del Lac – quasi trait-d’union tra terra e acqua grazie alla sua posizione e alla magnifica vetrata prospiciente il lago – arrivano fresche ventate di mare nell’aria lacustre di Lugano. Complici della magia sono le oltre 140 opere di Paul Signac (Parigi 1863-1935) appartenenti alla ricca e completa collezione privata di una famiglia che ha scelto questo artista, e la solare energia e libertà che emanano le sue opere, raccogliendo dipinti, acquerelli, disegni e incisioni. Esemplari tanto numerosi e vari da fornire un quadro completo del suo percorso artistico che culminano ora nella mostra “Paul Signac. Riflessi sull’acqua” (fino all’8 gennaio).
Spirito indipendente, intraprendente e determinato, Signac di famiglia benestante cresce a Montmartre (che continua a frequentare anche quando si trasferisce in una zona più residenziale di Parigi), quartiere dove respira in ogni angolo l’arte che risveglia il suo anelito verso la pittura e partecipa alle serate festose del cabaret “Le Chat noir”. Si appassiona alla navigazione veleggiando sulla Senna con Manet-Zola-Wagner, l’amato sandolino a vela, una tra le trentadue barche che possiede. Frequenta scrittori naturalisti, tra gli altri Joris-Karl Huymans e Félix Fénéon, che saranno suoi critici entusiasti quando nel 1880 – ammirate negli ambienti della rivista La Vie moderne le innovative opere di Claude Monet – decide di votarsi da autodidatta alla pittura e in particolare alle marine. Attraverso la tecnica dell’acquerello e un approccio di tipo impressionista ai quali resterà sempre legato parallelamente alla ricerca del nuovo, racconta, inizialmente con colori forti, il suo amore per l’acqua e i suoi riflessi cangianti.
Signac, Marsiglia. Le Vieux Port (1906)
A diciannove anni si lega a Berthe Roblès (1862-1942), lontana cugina di Pissarro e modista fino al 1889, e si dedica a rappresentare l’acqua nei suoi infiniti riverberi a Port-en-Bassin, ancor oggi magico porto peschereccio in Normandia, rappresentato tra gli altri in Port-en-Bessin. Il mercato del pesce (1884) dove aleggia un’onirica anima orientaleggiante. Determinante nel 1884 si rivela l’incontro alla prima mostra degli Indépendants con Georges Seurat (1859-1891) che diviene suo fedele sodale e con cui condivide esperienze e ricerche su percezione dei colori e armonia delle linee. Dopo che Seurat termina l’emblematico Una domenica pomeriggio all’isola della Grande Jatte, in cui applica per la prima volta la teoria della mescolanza ottica posando sulla tela piccoli tocchi cromatici puri che sarà poi l’occhio umano a ricomporre, Signac – definito il “San Paolo del Neoimpressionismo” – adotta nel 1886 questa tecnica che conferisce ai suoi lavori una vibrazione luminosa e un’aura astratta.  È il caso di Prua del Tub. Opus 176 (1888) – con in primo piano la sua barca Tub (tinozza) e sullo sfondo l’isola della Grande Jatte – il cui titolo ispirato alla musica potenzia il senso ideale di questo scorcio paesaggistico in cui si vorrebbe essere inclusi.
Un periodo fertile che tra l’altro vede Signac partecipare nel 1886 insieme all’amico Seraut, e grazie a Pissarro affascinato dalla nuova tecnica, all’ultima mostra impressionista, ma che è spezzato dalla scomparsa di Seurat nel 1891 a cui dedica una mostra postuma al Salon des Indépendants.
Consapevole di essere rimasto l’unico difensore della ‘divisione’, essendo Pissarro tornato all’impressionismo più tradizionale, Signac si fa paladino di quello che dal 1886 (nell’articolo L’Impressionisme aux Tuileries di Félix Fénéon, pubblicato su L’Art moderne, rivista di Bruxelles) ha il nome di Neoimpressionismo. Stanco dei ‘maneggi’ di Parigi, si trasferisce nel Midi scoprendo insieme a Olympia, sua barca a vela, Saint Tropez (dove si stabilisce nella villa “La Hune”), all’epoca piccolo borgo di pescatori dipinto anche con la tecnica dell’acquerello cui si avvicina e che praticherà fino alla fine della sua esistenza (usandola sia nei disegni preparatori di successivi oli, sia per opere indipendenti) e affiancandola a quella della divisione evolutasi in tocchi più larghi e vivaci.
Signac, Le Corne dor Matin (1908 ca)
Annota in un diario tali approfondimenti e relative riflessioni che si trasformeranno nel 1899 in un trattato pubblicato con il titolo D’Eugène Delacroix au néo-impressionisme. Ecco allora il tenero, ma incisivo acquerello Saint Tropez, barca a vela (1894) e tra gli olii l’azzurra Saint Tropez. Dopo il temporale (1895) e la vibrante Saint Tropez. Fontaine des Lices (1895). Alla svolta del secolo, la località della Costa Azzurra vede ampliarsi il numero degli artisti che la frequentano: da Cross ai più giovani Matisse, Henri Manguin, Charles Camoin, Albert Marquet e Van Rysselberghe dai quali sboccerà il Fauvismo.
Il temperamento vivace e dinamico di Signac lo spinge a compiere numerosi viaggi che hanno come mete l’Olanda, le spiagge della Manica fino al Mont-Saint-Michel, la Senna e i grandi porti europei (Venezia, Istanbul, oltre a Marsiglia e La Rochelle). Tali esperienze sono fissate in eccezionali dipinti come Mont-Saint-Michel. Nebbia e sole (1897), sogno balenante dal nulla, Saint-Cloud (1903) lungo la Senna, Marsiglia. Il Porto vecchio (1906) che pare uscire dalla nebbia del tempo, la vivida Sainte-Anne (Saint-Tropez) (1905) da cui si gode ancora oggi uno splendido panorama a pochi passi dal centro, L’arcobaleno (Venezia) (1905) che sembra incendiare l’isola di San Giorgio oltre a numerosi e splendidi acquerelli – e dal 1907 anche stupendi cartoni a inchiostro di china acquerellato – che dal 1910 costituiscono la parte prevalente della sua produzione come tra gli altri, tutti degni di citazione, Il Corno d’oro. Mattino (1908) con un alacre movimento di imbarcazioni.
Signac, Loguivy (13 ottobre 1929)
Con la pittrice Jeanne Selmersheim-Desgrange (1877-1958), sua nuova compagna da cui il 2 ottobre nasce la loro figlia Ginette, nel 1913 si trasferisce ad Antibes dove rimane bloccato per la guerra che, oltre a impedirgli di vagabondare da un porto all’altro per il rischio di essere scambiato per una spia, deprime psicologicamente il suo animo pacifista rifugiandosi nelle opere di Stendhal.
Terminato il conflitto, nel 1921 lascia Antibes per Saint-Paul-de-Vence e nel 1924 va a Lézardrieux in Bretagna sulla riva sinistra del Trieux che sfocia nel Canale della Manica. Qui attratto dai terre-nuevas – nome dei battelli, attrezzati per la pesca del merluzzo, che dal XVI al XX secolo si recano sui Grandi Banchi di Terranova e in Islanda – va spesso a Saint-Malo per osservare la partenza degli Islandais. Un legame con il mare sempre più profondo per Signac ultrasessantenne come dimostra il progetto dal 1929 al 1931 dedicato ai Ports de France (Les Sables d’Olonne, La Nouvelle, Loguivy… Ajaccio) cui si dedica con entusiasmo giovanile e competenza matura restituendo lievi, vibranti e poetiche testimonianze di cieli, architetture, attrezzature e imbarcazioni diverse: un testo di storia della navigazione che sarebbe interessante analizzare anche da tale punto di vista non dimenticando che si tratta di ‘creature’ naviganti.
È con questo senso di serena allegria che si può visitare e rivisitare l’esposizione di Lugano certi di portarsi dentro l’anima ogni volta il sorriso alla vita che Signac regala a grandi e piccoli cui il Lac ha voluto riservare la parte più affascinante del Museo: quella “punta” in cui imparare a contemplare senza fretta la serena distesa del lago, frammento di mare regalato dalla natura ai monti.
Wanda Castelnuovo

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