07 maggio 2017

L’incontro/ Patti Smith

 
OGNI COSA È POESIA
Una mostra, una laurea Honoris Causa e una libreria. Signore e Signori, ecco la Poetessa del rock per Exibart

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«Mi piacciono le pop star ma non è mai stato il mio obiettivo diventarlo. Faccio arte per cambiare le persone».
Lo sguardo è sicuro e severo, ti guarda dritto negli occhi creando un dialogo, ma lungo giusto il tempo della domanda. La voce calma e profonda accompagnata dal gesto lento e sacrale delle mani conferiscono a una semplicissima risposta la funzione di Verbo. 
Ecco, lei è Patti Smith
Un viso magro nascosto dai lunghi capelli grigio chiaro e dagli occhiali scuri, forse per nascondere la stanchezza della full immersion parmense. Arriva dall’entrata secondaria del Palazzo del Governatore di Parma, in mezzo a una piccola folla radunata chi per chiedere l’autografo al 33 giri conservato in casa da più di trent’anni solo in attesa di un momento come questo, e chi per rubare un selfie. Lei, poetessa, scrittrice, artista e soprattutto regina indiscussa del rock, è disponibile: accenna sorrisi e si presta a qualche fugace domanda. «Amo Parma ed è per me un privilegio  aver ricevuto la laurea ad honorem in questa piccola città, orgogliosa delle proprie origini e della propria individualità», dice. Forse se avesse visto che l’entourage del Sindaco ha tolto la corona deposta il 25 aprile in memoria dei nostri caduti dal portone di ingresso solo perché esteticamente brutta, non avrebbe sottolineato l’orgoglio della città.
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Sta di fatto che Mrs. Smith è arrivata qui lo scorso 3 maggio, invitata dal rettore dell’Università Loris Borghi per conferirle la Laurea Honoris Causa in Lettere Classiche e Moderne, la prima che la “Sacerdotessa del rock” riceve in Europa. A leggere la motivazione il Preside di Corso Massimo Magnani: “Musicista e fotografa, oltre che poetessa, Patti Smith ha sviluppato nel corso della sua lunga carriera una poliedricità artistica e intellettuale che, assieme al suo costante impegno professionale e intellettuale, hanno fatto di lei una figura centrale nel panorama culturale internazionale dalla fine del Novecento a oggi, diventando un punto di riferimento per gli studi di letteratura contemporanea di lingua inglese nonché, in traduzione, di altre lingue”.
Una onorificenza che ricorda il recente Premio Nobel a Bob Dylan, ritirato dalla stessa Patti Smith. Ma Stoccolma è lontana e Parma è tutta sull’attenti per lei, artista a tutto tondo, capace di creare un intenso dialogo tra le diverse discipline, pittura fotografia musica e cinematografia, riscoprendo il ruolo centrale del Poeta nel mondo contemporaneo. 
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«È la prima laurea che ricevo in Lettere, ed è molto importante per me, soprattutto in un posto pieno di cultura come l’Italia. Vengo dal New Jersey e questo non vuol dire molto per chi non lo conosce, ma non ci sono stimoli intellettuali: non ci sono biblioteche, teatri, cinema o  musei. È un posto meraviglioso, pieno di farfalle e zanzare, ma senza cultura. Fin da bambina mi sono appassionata all’arte italiana per incontrare altri mondi e aprire la mia mente, entusiasmata da un’estetica così straordinaria e dalle sorprendenti capacità dell’uomo», spiega.
Il volto le si illumina nel ricordare la prime sensazioni nella visione di un quadro italiano, o di un film francese. Un immaginario che ha collezionato e che si è arricchito nel tempo, diventando oggi un vero e proprio catalogo. All’interno della mostra “Higher Learning”, organizzata dall’Università di Parma e dal Comune all’interno del Palazzo del Governatore in occasione del conferimento del titolo accademico, Patti Smith’s Library è una installazione che offre ai visitatori l’immaginario poetico che ha alimentato la creatività della sacerdotessa: mentre i suoi brani più iconici suonano in loop, in una grande scaffalatura sono ben visibili alcuni tra i libri che hanno segnato la vita dell’artista, dal Pinocchio di Collodi a Il giovane Torless di Musil, da Il principe felice di Oscar Wilde a Schemi di Costellazioni di Aldo Nove. Poster di film italiani e francesi sono appesi alle pareti e tre tavolini con tre sedie nell’angolo opposto ricreano l’atmosfera di ‘Ino, il bar di New York dove la Smith è solita andare per scrivere.  
«Questa stanza è il riflesso del mio mondo e della mia poesia», dichiara tra un colpo di tosse e l’altro. Questa stanza è infatti l’apice della mostra, un lungo percorso composto da 120 fotografie selezionate dall’artista e dal curatore Paul Richard Garcia dai diari fotografici collezionati duranti i lunghi viaggi. Il titolo “Higher Learning”, che evoca l’elevata cultura teorica universitaria, viene così accostata all’altrettanto stimolante esperienza diretta acquisita in tutta una vita.
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Il profondo senso di apprendimento è insito nell’opera stessa della Smith, sempre pronta a raccogliere stimoli dalle nuove generazioni: «Non penso che una generazione esaurisca la possibilità di novità, perché ognuna è nuova su questa Terra! Anche della mia, negli anni ’70, dicevano che non avremmo fatto nulla di rivoluzionario, e invece siamo stati noi a fare la rivoluzione, perché eravamo giovani e con una nuova visione del mondo! E noi ora dobbiamo farci indietro e lasciar passare il progresso e vedere cosa sa fare la nuova generazione. Let them do it».  
Sempre a Palazzo del Governatore è in corso la mostra “The NY Scene – Arte, cultura e nuove avanguardie anni 70-80”, sulla generazione che ha cambiato le sorti dell’arte contemporanea, da Andy Warhol con il suo rivoluzionario The Chelsea Girls alle fotografie di Gorgoni. Ma che differenza c’è tra fare arte oggi rispetto agli anni ’70, chiediamo.
«Personalmente, il mio lavoro è evoluto come sono evoluta io. Le differenze fondamentali sono la corruzione e la motivazione. Noi artisti eravamo motivati nel cambiare il mondo con la nostra arte. Sì, ci divertivamo ed eravamo famosi ma la spinta era fare qualcosa di nuovo e di rivoluzionario. Ora invece viviamo in una intensa “celebrity culture” dove si è famosi senza motivazioni. A me piacciono le pop star, ma non è mai stato il mio obiettivo diventarlo. Il mio obiettivo è sempre stato quello di fare qualcosa di nuovo per imparare, migliorare e crescere culturalmente e spiritualmente, ed essere uno stimolo per aiutare la gente a cambiare. Quello che dico sempre, soprattutto ai giovani, è capire il perché si sta facendo arte, che cosa spinge a farla. E se si raggiunge il successo, in che modo si è raggiunto? Se attraverso la pratica, la fatica, e lo studio allora quel successo è meritato. Ma se si evitano questi passaggi si rinuncia alla gioia del processo creativo. Sono step necessari per capire la propria motivazione». 
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E ora è tempo per Patti Smith di tornare al rock con una piccola tournée nei teatri italiani, che toccherà Torino, Verona, Cremona, Bologna e infine Roma il 13 maggio, dal titolo Grateful, per ringraziare tutti i fan che in questi quarant’anni di attività hanno amato e seguito la regina della poesia rock.  
Giulia Alonzo

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