11 dicembre 2017

Keep America great!

 
Cosa resta dopo Basel Miami? La percezione che, nella “nuova era”, gli Stati Uniti siano di nuovo a guardare se stessi, senza concessioni al panorama globale

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Nella prima Art Basel Miami dell’era Trump, rivolta principalmente al mercato statunitense, dominano gli artisti americani, i protagonisti delle scene di New York e Los Angeles. Primo tra tutti John Baldessari, al quale è dedicata un’ampia retrospettiva alla Craig Robins Collection, che riunisce una serie di opere dagli anni Settanta ad oggi, inclusi i primi lavori fotografici come Aligning balls (1972), simili alle azioni di Gino de Dominicis dello stesso periodo. Tra le nuove acquisizioni ci sono le sculture di Andra Ursuta, Pawel Althamer e l’inquietante Standing Julian (2017) di Urs Fisher: un ritratto gigante di Julian Schnabel in paraffina, che troneggia negli uffici dell’azienda del fondatore del Miami Design District, che ospita le grandi collezioni private di Miami. Un altro grande omaggio all’arte USA è la collettiva “Force and Form” nello spazio di Rosa e Carlos de la Cruz, dedicato ad opere della collezione di 46 artisti delle ultime generazioni legati a temi come il genere sessuale, l’identità, il potere e la politica. Distribuita su quattro piani, la mostra riunisce installazioni ambientali di Aaron Curry e Katrin Adams, una selezione di tele di Albert Oehlen in dialogo con due capolavori di Sigmar Polke, una stanza con dipinti di Rudolf Stingel, Sterling Ruby e Joe Bradly, per non parlare dello spazio dedicato ad Ana Mendieta e alle diverse opere di Felix Gonzales Torres, disseminate nella sala al terzo piano, tra le sculture di Jim Hodges, i festosi monocromi di Alex Israel e le tele materiche di Mark Bradford. Alla Rubell family collection si guarda al futuro, con la collettiva “Still Human”: 25 artisti internazionali che si confrontano con la rivoluzione digitale e le trasformazioni sociali che ne sono derivate, dall’intelligenza artificiale alle biotecnologie, dalla bioetica alla realtà virtuale. Una selezione di artisti e un allestimento impeccabile rendono questa mostra non solo un must ma anche una sorta di valida risposta alla celebre “Post Human” (1993), proiettando i visitatori in un universo inquietante e futuribile. Tra le opere esposte, notevoli le installazioni di Andro Wekua, Neil Beloufa Cecile B.Evans, le sculture di Josh Kline, Frank Benson e Katja Novtiskova e i video di Hito Stejerl e Ed Atkins, oltre ai dipinti di Anne Imhof, reduce dai successi della Biennale di Venezia. 
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Rubell Family Collection | ‘Still Human’ and ‘Allison Zuckerman: Stranger in Paradise
Atmosfera più museale alla Margulies Collection: un focus dedicato ad Anselm Kiefer con sculture e installazioni di dimensioni giganti e una piccola ma accurata mostra sulla Pop Art, con opere storiche di Jasper Johns, Andy Warhol, Tom Wesselman, James Rosenquist e Roy Lichtenstein. L’arte americana è molto presente anche nella mostra pubblica più importante della città, “The Everywhere Studio” nel nuovo edificio dell’ICA Miami: un ambizioso progetto che riunisce 100 opere di 50 artisti che riflettono sull’evoluzione dell’idea di atelier da Picasso ad oggi, con una visione prettamente occidentale e diversi lavori interessanti, di cui alcuni commissionati per l’occasione a Neil Beloufa, Matthew Angelo Harrison, Margaret Honda e Yuri Pattison. Anche il Bass Museum si rifà il look, affidato ad Arata Isozaki: i nuovi spazi ospitano tre mostre personali di Ugo Rondinone, Pascal Martin Tayou e Mika Rottenberg. Sorprendente anche la proposta del Perez Miami Art Museum: la splendida antologica della video artista tedesca Dara Friedman, “Perfect Stranger”, insieme a due installazioni di Haaron Mirza e Steve McQueen ospitati nello scenografico edificio affacciato sul mare firmato da Herzog & De Meuron. 
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Dara Friedman, Mother Drum, 2016 Three-channel HD video projection with sound Running time 14 minutes, 31 seconds Courtesy the artist and Gavin Brown’s Enterprise, New York ©Dara Friedman, courtesy the artist and Gavin Brown’s Enterprise, New York

Nell’ambito dei progetti speciali promossi dalle gallerie private, va segnalata la collettiva “Abstract/Not Abstract”, curata da Larry Gagosian e Jeffrey Deitch nel suggestivo spazio pop up del Moore Building nel Design District, con opere pittoriche legate al concetto di astrazione firmate da trenta artisti, dalle star come Jeff Koons, Urs Fisher e Rudolf Stingel fino agli emergenti. Anche qui se la battono americani ed europei, ad indicare un trend che si riflette nella fiera, dove domina una pittura molto colorata e appariscente, accanto a sculture e installazioni di grandi dimensioni firmate da artistar come Koons, Matthew Barney, e ancora Rondinone. L’arte dell’era Trump guarda soprattutto agli Stati Uniti e all’Europa e sembra riprendere uno stile anni Ottanta, senza troppe concessioni alla globalizzazione. Keep America great!
Ludovico Pratesi 

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