25 febbraio 2018

César il rivoluzionario

 
Al Centre Georges Pompidou di Parigi una retrospettiva omaggia il grande artista che aderì a gruppo dei “Nuovi Realisti”, e che cambiò l'approccio alla scultura

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César è l’ultima grande figura del Nuovo Realismo che torna in una retrospettiva che accoglie ben 130 opere al Centre Pompidou di Parigi, a 20 anni dalla sua scomparsa. Dal bestiario in ferro battuto, alle Compressions, alle Empreintes humaines, alle Expansions, fino agli inediti Enveloppages, ecco le serie che danno il nome alle sezioni tematiche che ripercorrono cronologicamente i 50 anni di creazione di César Baldaccini, alias César (Marsiglia 1921 – Parigi 1998).
La carriera di uno dei più grandi scultori del Novecento si dispiega in una delle gallerie espositive più grandi del Pompidou, che gode della luce naturale che entra dalle grandi vetrate, alimentando un dialogo continuo tra le opere e la città che si apre davanti. Senza divisori, la scenografia firmata da Laurence Le Bris, permette al pubblico di percepire i lavori sotto molteplici prospettive e nel rispetto della monumentalità di alcuni di essi.
Uomo dei suoi tempi, agitatore di idee, che ha spinto oltremodo i limiti del linguaggio scultoreo, César ammirava Picasso e Giacometti.
L’energia incredibile che fuoriesce dalle opere rivela la sua abnegazione verso la ricerca di tecniche raffinate e di materiali sempre più innovativi con i quali dà vita a pezzi che ridefiniscono la nozione stessa di scultura: un artista sempre attuale per il valore che attribuisce alla tecnologia sul campo della produzione. La mostra è infatti introdotta da video che documentano il gesto di César tra materiali e tecniche. 
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César, Centre Pompidou, vista della mostra
Tra queste, quella del ferro battuto e della saldatura ad arco, che l’artista impiega dal 1949 per un decennio anche per realizzare opere monumentali. Negli anni ’50 César, per insufficienza di denaro, recupera ed assembla oggetti per creare figure umane e un bestiario, qui presente Bat (1954), un pipistrello dalle ali realizzate con tergicristalli. 
Non mancano certo le Compressions, restituite da una tecnica che accartoccia autovetture vecchie e nuove, che perdono fino al 90 per cento del loro volume d’origine. Tra queste la nota Compression «Zim» (1961, collezione privata), un’auto sovietica costruita sul modello della Cadillac, che è stata schiacciata dall’artista su richiesta della proprietaria, Marie-Laure de Noailles.
La grande avventura inizia nel 1960 quando l’artista scopre la pressa idraulica, con la quale comprime tre auto che presenta al Salon de mai con il titolo di 3 tonnes. Lo stupore di critica e pubblico è enorme. L’opera rappresenta un gesto radicale di rottura con la scultura accademica, infatti non è più l’artista che manipola la materia ma la macchina, anche se pilotata. Frutto delle Compressions è il noto premio che porta proprio il nome di César, insigne riconoscimento cinematografico francese creato nel 1976. 
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César, Centre Pompidou, vista della mostra
Seguono le mitiche Expansions realizzate con la schiuma di poliuretano espanso, una sostanza omogenea ed uniforme che si adatta al terreno sul quale è sparsa. Con questa tecnica crea sculture effimere e realizza happening, e una volta la materia solidificata questa viene spezzata come pane, per essere distribuita al pubblico presente. In un secondo tempo, con l’aggiunta di freon, che accelera il rigonfiamento della schiuma di poliuretano e il conseguente indurimento, l’artista ottiene delle sculture perenni. Ma non solo, la materia viene laminata, levigata, laccata, verniciata fino a ben 180 volte, vedi Expansion contrôlée (1967). 
L’occhio non può che essere catturato dai colori brillanti dell’opera e dalle pieghe date dalla dispersione della materia, che fuoriesce anche da scatole di conserva, come nelle Expansions en boîtes à faire à soi-même (1969). La mostra è una sorta di laboratorio di ricerca, in cui la materia scultorea è anche soggetto dell’opera, e testimone del gesto totale e visionario dell’artista. Dall’ordine classico, in cui prendono vita le forme umane in ferro battuto, si passa all’estremo disordine interno degli oggetti costretti e nascosti, appunto, nelle Compressions
Questa scultura ripiegata su se stessa sino allo spasimo, non rinvia forse al caos della società dei consumi? Ma questa implosione della materia non segna la fine della scultura, non è un buco nero in cui tutto si annulla, perché segue la serie delle Expansions in cui l’opera esplode per riversarsi liberamente nello spazio con tutta la sua energia. 
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César, Centre Pompidou, vista della mostra
In Francia, nel 1960 nasce il movimento dei Nouveaux Réalistes, appoggiato dal critico d’arte Pierre Restany, a cui César già artista di successo, aderisce un anno dopo. I nuovi realisti, che si contrappongono all’arte astratta, reagiscono ognuno in modo diverso alla società industriale e all’abbondanza di produzione, che restituisce tonnellate di rifiuti che si accumulano nelle zone periferiche delle città. Per Pierre Restany i nuovi realisti hanno un approccio percettivo nuovo e diretto sulla realtà. 
“Con Duchamp e Schwitters l’oggetto entra nell’arte, ma sono i nuovi realisti che lo recuperano per portarlo in auge”, scriveva il critico francese.
Nel 1970 a Milano, in occasione del decimo anniversario del Nuovo Realismo, César mostra la Dauphine, qui presente. Si tratta di una autovettura francese schiacciata che nomina galette, ma che a differenza delle classiche compressioni di auto, questa conserva gli accessori come volante, ruota e sedili. Tra le sculture troviamo anche la Victoire de Villetaneuse (1965), dal luogo in cui l’artista trova i frammenti di ferro con i quali realizza questa figura femminile senza testa, né braccia. “È una delle sculture maggiori di quell’epoca, che per molti aspetti ricorda le veneri primitive. César cerca di ritrovare qui qualcosa della scultura classica”, ricorda il direttore del Musée national d’art moderne Pompidou, Bernard Blistène, curatore della mostra in collaborazione con Bénédicte Ajac.
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César, Centre Pompidou, vista della mostra
Interessanti gli inediti Enveloppages, un neologismo inventato dall’artista per nominare buste di plexiglas incolore dalla modellatura morbida che contengono oggetti recuperati al mercato delle pulci, come una vecchia macchina da scrivere della marca Underwood (Enveloppage, 1971). 
Con una carrellata cromatica che va dal blu, all’arancio, al verde, e tra gli altri, al viola, c’è anche la bellissima Suite milanaise del 1998, per la quale ha compresso quindici auto nuove della Fiat che l’artista ha poi riverniciato con i colori propri della casa torinese. Tra le opere anche i Plâtres, le Championnes, le Compressions murales e le Fontes de fer, mentre è con il pantografo che César realizza la serie delle sensuali Empreintes humaines. Realizzate a grande scala, e senza cadere nell’Iperrealismo, tra queste quella di un seno di una ballerina del Crazy Horse, ma c’è anche il suo pollice, che ha declinato in taglie e materiali diversi. Ci sono volute ben 6 tonnellate di bronzo per creare invece il pollice dorato, che posto sul piazzale del Pompidou, accoglie il pubblico della retrospettiva che si chiude il 26 marzo. 
Livia De Leoni 

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