17 maggio 2012

ARCHITETTURA Elogio di una architettura semplice

 
Miracolo della visione. Come un’artista del calibro di Louise Bourgeois e un architetto di nome Peter Zumthor trasformano la memoria drammatica di un luogo in un ambiente metafisico

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Antefatto: nel buio della ragione che spesso accompagna l’ortodossia, all’inizio del XVII secolo, la caccia alle streghe approdò a Vardø, piccolo villaggio di pescatori nell’isola di Vardoya, sul Mare di Barents, all’estremo nord-est della penisola scandinava. Superstizione, fanatismo e ignoranza uccidono, ieri come oggi. Tutte le ingiustizie, le difficoltà e i problemi della piccola comunità esplosero, riversandosi su 91 persone, che, accusate di aver stipulato un patto con il diavolo, vennero barbaramente torturate e condannate al rogo. A Vardø ancora oggi lo scarno Monte Domen, dove la credenza vuole avvenissero i Sabbah, domina l’orizzonte. L’industria di trasformazione del pesce ha da tempo lasciato la città e molta parte di una popolazione rarefatta vive di sussidi statali. Le energie cittadine sono focalizzate per aprire un canale turistico, legato agli aspetti naturalistici del luogo, e a fermare l’esodo dei residenti grazie a nuovi investimenti nell’industria del gas. Nonostante questo, le barriere che nascondono lo stato di abbandono di molte case, rimangono le tende, tirate davanti a finestre vuote. Lo Steilneset Memorial, nasce così per commemorare un evento lontano e culturalmente complesso, ma anche per diventare l’attrazione turistica di un villaggio abitato da una società in crisi. Vardø, infatti, è parte del National Tourist Routes (NTR) program, la cui ambizione è quella di costruire in tutto il Paese una mappa di architetture deboli atte ad esaltare la munifica natura norvegese. Seguendo questo intento Svein Ronning, curatore del NTR, ha deciso nel 2008 di affidare l’incarico della realizzazione di Steilneset a Louise Bourgeois, affiancandole, per il disegno architettonico ed urbano, l’architetto svizzero Peter Zumthor. Ha così visto la luce questo progetto che si compone semplicemente di due volumi. Uno contenente l’installazione della Bourgeois, scomparsa nel 2010, intitolata The DamnedThe Possessed and The Beloved e l’altro dedicato allo spazio espositivo dei tragici fatti avvenuti. Ma semplicemente non vuole dire che il progetto sia semplice.
La bravura di Zumthor consiste da sempre nel rendere denso di spazio architettonico e carico di significati simbolici anche il più piccolo dei suoi segni nel paesaggio. E lo Steilneset Memorial non fa eccezione. Situato a pochi minuti dal centro cittadino, domina il territorio. Ispirato, in tutti i suoi 125 metri di lunghezza, alle rastrelliere un tempo usate per asciugare il pescato giornaliero, si staglia sullo sfondo grigio che fonde il Mare di Barents e la spiaggia rocciosa dell’isola. Qui, sospeso all’interno del grande telaio in legno di pino, un bozzolo uterino protegge la memoria delle vittime. Tanto chiaro, tattile e organico all’esterno, quanto oscuro, liscio e rettilineo al suo interno, il lungo corridoio museale, cui si accede tramite una rampa che porta i visitatori al cuore del padiglione, ha come unica fonte di luce 91 finestrelle. Una per ogni vittima. Accompagnata da una lampadina, fioca e solitaria, ognuno di questi minimi volumi di spazio, ha al centro un pezzo di seta stampata con il testo dell’accusa, la confessione e il destino degli sventurati portati davanti alla corte. Steilneset è un luogo cupo in cui l’oscurità, la temperatura mantenuta appena al di sopra di quella ambientale e il forte odore del legno trattato si incrostano nella memoria del visitatore assieme alle sofferenze dei dannati. E dove Zumthor ha scelto la posizione di ogni finestra lanciando un dado, un metodo arbitrario e freddo come era la “prova dell’acqua” che ha suggellato tanti destini. Accanto al centro informazioni sorge il cubo di vetro nero contenente l’opera di Louise Bourgeois. Ancora una volta, la struttura è aperta agli elementi atmosferici, e il vetro brunito gioca con l’infinita luce diurna estiva e il corrispondente buio invernale. Le cinque lingue di fuoco che fuoriescono dagli ugelli posti su una sedia, danzano grottescamente riflettendosi negli specchi posizionati sopra di essa, evocando le famiglie dilaniate dalle fiamme. Se, entro gli spazi, ognuno dei riferimenti sopra citati ci sembra troppo esplicito, una volta usciti i peccati del passato sono, probabilmente, presenti in noi senza mezzi termini, immersi come siamo in un paesaggio surreale, aspro, duro e solitario. E l’impatto emotivo di ogni esperienza sin li fatta, assume un carattere contemplativo e spirituale ove architettura, natura e memoria si fondono in un inscindibile ricordo. Che porta Steilneset e Vardø a divenire, come quasi tutti i luoghi toccati dell’architetto svizzero, una nuova meta di pellegrinaggio. Non solo architettonico.
di guido incerti 

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 77. Te l’eri perso? Abbonati!

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