13 ottobre 2015

Fino al 18.X.2015 Forme e Antiforme Antica Fonderia Battaglia, Milano

 

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Che forma ha la bellezza a Milano? Non è una domanda retorica, anzi. La pone una mostra dal respiro decisamente europeo, che permette di intravedere qualche risposta: ecco “Forme e Antiforme”, alla Fonderia Battaglia, che più che raccontare opere e scelte curatoriali, ha pensato proprio alla città, alla sua “attitudine”, alla storia dei suoi prodotti locali – per usare un termine molto di moda – alla tradizione e al pensiero intorno alle tipicità che hanno caratterizzato il capoluogo lombardo nell’ultimo secolo. 
La mostra nasce in occasione dei Brussels Days ad Expo, ed è curata dall’archeologo Hans Maria De Wolf: non uno storico del’arte, tantomeno un critico, ma un professionista che si è interrogato sulla città, unico esempio in Italia di metropoli riuscita ad impossessarsi e a stravolgere quelle caratteristiche che hanno reso celeberrima, celebrata e stereotipata l’idea di bellezza italiana, con il paesaggio, la storia dell’arte e  un’attitudine industriale che ha fatto da traino, nei decenni del Novecento, a tutta la penisola.
Il risultato è che Milano ha “personalizzato” concetti e ribaltato prospettive tradizionali, configurandosi ancora oggi come un luogo “alienato e funzionale”, ma in grado di produrre una cultura del bello, nonostante le aberrazioni tipiche della “società dello spettacolo”. 
Ma perché questo antefatto? Perché se deciderete di visitare “Forme e Antiforme” dovrete andare consapevoli che più che una mostra si tratta di una dissertazione che tocca, partendo dal Boetti dell’Ordine e Disordine, le problematiche che hanno segnato l’arte e anche il design nel corso dell’ultimo secolo: la perdita dell’aura, la riproducibilità dell’opera, il “concept” intercambiabile e il saccheggio della storia; la valenza di un’idea più che della sua realizzazione, l’ossessione di una bellezza che – come ricorda De Wolf, citando il caso di Milano – “resta privata dietro facciate severe”.
Angel Vergara, Lustre, 2011
Sotto Peep Hole, insomma, una mostra sulla metropoli senza passare dalle immagini aeree dello skyline che questi ultimi anni si è donato alla città, rendendola ancora una volta un unicum nel panorama italiano, ma assimilando dalle grandi esperienze dell’arte tutta la conoscenza “sottile” rivolta, così, ad una città ancora capace, e non poco, di affascinare. 
In un parallelo continuo si incontrano i padri del concettuale, da Lawrence Weiner (la celebre rimozione di intonaco dal muro, “quadro” replicabile da chiunque secondo le indicazioni dell’artista) a Joseph Kosuth (One and three chairs, 1965), insieme a tradizionali sgabelli cinesi vecchi di cent’anni associati a nuovi esempi di seduta firmati Ikea, passando dalla dissezione del linguaggio che ci ha permesso di entrare nella vita degli oggetti come, in senso puramente semiologico, aveva fatto Michel Foucault con Le parole e le cose, o restando a guardare un’evoluzione che non sempre corrisponde al miglioramento.
Vu Dan Tan (Fashion 31) trasforma le shopping bag di una nota casa di moda in pregiati vestiti di carta, mentre un falso Concetto Spaziale di Fontana apre alla terza dimensione della pittura ma, soprattutto, apre la mente dello spettatore verso quello che è diventato un topos dei luoghi comuni della cultura di massa meneghina e non solo: distrattamente qualche taglio operato sulla tela diviene, agli occhi del pubblico, un “Fontana” qualsiasi. 
Ecco il pensiero laterale che ci ha lasciato in eredità l’evoluzione degli oggetti per tutti, dei Miti d’oggi per dirla con Roland Barthes: non importa sia originale, importante è mantenere un’impronta di stile, di bellezza. È il problema che tormenta Milano, oggi, vittima della sua stessa idea di immagine, travolta nella propria auto-proiezione. 
C’è una grande riconoscenza a When Attitudes become form di Harald Szeemann nelle parole del curatore De Wolfe, per una mostra che oltre a mostrarci di nuovo come le idee sono diventate forme, ha la capacità di aprire connessioni stratificate, dai piani della storia dell’arte al product design fino alle influenze e alle compulsioni della moda e di quella “scultura sociale” modificatasi, come racconta la giovane Hana Miletić con le sue documentazioni fotografiche di scarpe da ginnastica, anche all’indomani dell’implosione di strutture di controllo, finanziarie e politiche. 
Un omaggio a Milano e alla sua struttura profonda di luogo accentratore. Finalmente con piglio critico, e internazionale.  
Matteo Bergamini
Dal 23 settembre al 18 ottobre 2015
Forme e Antiforme
Fonderia Artistica Battaglia
Via Stilicone, 10
20154 Milano

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