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Con “Anthropocene” s’intende una nuova era geologica distinta dall’Olocene, ufficializzata nel 2000 dal chimico e premio Nobel Paul Crutzen, anche se la proposta è al centro di controversie e polemiche. Detto ciò, non possiamo negare che dagli anni 00, il Pianeta malgrado lo sviluppo tecnologico sofisticato, non sta troppo bene e le cause e gli effetti prima del riscaldamento dell’atmosfera, poi dell’inquinamento e del buco dell’ozono sono sotto gli occhi di tutti. E l’ L’Homo Sapiens, che dalla sua comparsa sulla Terra ad oggi si è dimostrato tutt’altro che sapiente nella sua inarrestabile azione distruttiva e di dominio del Pianeta, ne è il responsabile. L’ipotesi della “nuova era” dominata dall’uomo (dal greco anthropos ), la spiega il testo di Paola Cavalieri che introduce alla mostra collettiva che prende il titolo da questo tema di scottante attualità. La Galleria Riccardo Crespi con questa esposizione fa capo alla precedente intitolata “Natura e Destino” (aprile 2010), quando gli artisti sono stati invitati dal gallerista a rileggere l’omonima opera di Konrad Lorenz e a porsi domande sulla mancanza di relazione tra l’uomo e la natura. Questa mostra raccogli le opere diverse tecniche e linguaggi di 15 artisti nati tra gli anni ’60 e gli anni ’80, (Romain Bernini, Stefano Cagol, Simone Cametti, Emma Ciceri, Ingar Krauss, Marcelo Moscheta, Stephanie Nava, Gioacchino Pontrelli, Lisi Raskin, Lucas Recchione Gentzsch, Zineb Sedira, Caterina Silva, Veronica Smirnoff, Sebastiano Sofia, Gael Weistein), chiamati a riflettere sulle fasi di cambiamenti climatici e ambientali con opere che, secondo loro dovrebbero farci pensare sullo stato di emergenza dell’ambiente, anche se non tutte , a dire il vero, centrano il bersaglio critico, anzi molte , soprattutto al piano sotterraneo della galleria sembrano “tirate per i capelli”.
È efficace la sala al primo piano della galleria, dove quattro foto di Marcelo Moscheda (1976) con cornice di polistirolo A Line in the Arctic #3 (2012), raggela l’inquietante deserto di ghiaccio attraversato da una linea rossa, che dovrebbe indicare il punto che dimostra l’impossibilità di misurare la terra? Dialoga con questo “reportage” di una spedizione nell’Artico, la fotografia di Zineb Sedira (1963), una foto metafisica dai dalle tonalità azzurrate trasparenti dell’Hotel di ghiaccio in Lapponia (2016), che a quanto pare a causa del riscaldamento dell’atmosfera dura meno del solito. Funziona il passaggio della Glaciazione inscenata all’entrata della galleria, alla seconda sala “Wunderkammer”, dove Ilaria Cuccagna (1981) espone Ossimori, una installazione di elementi naturali adagiati su pezzi di pietra di diverso formato, compilano un campionario di reperti naturali archeologici di chissà quale catastrofe ambientale. Al piano inferiore era necessario fare più selezione, in particolare dei dipinti non tutti inerenti al tema, e il troppo stroppia! Da vedere le fotografie di Ingar Krauss (1965), il maestro tedesco per eccellenza delle nature mostre in rigoroso bianco e nero e la serie di cancellature su carta con la gomma nella serie di Roghi (2013) di Emma Ciceri (1983). Induce a riflettere su quale futuro ci aspetta se ci sentiamo padroni e non ospiti di questo pianeta, l’alveare vuoto Favi di Miele (2015), di Simone Cametti (1982), certo togliendo qua e là qualche opera non pertinente, la mostra poteva essere più raffinata.
Jacqueline Ceresoli
mostra visitata il 5 febbraio
Dal 24 novembre 2016 al 25 febbraio 2017
Anthropocene
Riccardo Crespi
via Mellerio 1, Milano
Orari: da lunedì a sabato dalle 11:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 19:30
Info: www.riccardocrespi.com info@riccardocrespi.com