14 novembre 2008

fino al 22.XI.2008 James Hopkins / Conrad Ventur Roma, Unosunove

 
Due artisti riflettono sulla fragilità dell’esistenza e sulla perdita di valori che la nostra società produce. Due percorsi eterogenei, per affrontare una tematica che non può lasciare indifferenti. Due giovani artisti dal notevole talento...

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Per la sua prima personale italiana, James Hopkins (Stockport, 1976; vive a Londra) presenta una serie di suggestive sculture, nate da una profonda riflessione sulla transitorietà della condizione umana. Inglese di nascita, Hopkins gioca sulla simbologia delle immagini, sull’equilibrio degli oggetti e sulla disposizione nello spazio, dando vita a una sorta di illusione visiva che re-interpreta gli elementi tradizionali e li rende contemporanei.
La realtà, si sa, muta costantemente: solo l’arte non muore mai. Il ricorso all’arte può salvaguardare il ricordo nel tempo. Così il concetto di vanitas (esemplificato dalla figura del teschio), caposaldo di una cultura moralista, religiosa e filosofica secentesca – da lui utilizzato in varie installazioni – fJames Hopkins - The Sands of Time - 2008 - bara intagliata - cm 190x70x90 - courtesy Galleria 1/9 arte contemporanea, Romaunge da monito per ricordare ai visitatori quanto sono passeggeri su questa terra e quanto siano effimeri il piacere e le gioie materiali.
I lavori di Hopkins stimolano la riflessione, scuotono e sconcertano. Oggetti di uso comune assumono forme e significati nuovi: da una bara si può ricavare un tavolo, un violino, una candela, un libro (Life style); una pistola può nascere paradossalmente dalle pagine di un Vangelo, se accuratamente ritagliate (The Last Supper); un ragno camminare sul legno della chitarra dal quale è stato ricavato (Arachnophonic). La presenza delle cose e il loro emergere implica, però, la costante assenza dell’uomo.
Conrad Ventur (Seattle, 1977; vive a Londra) affronta in chiave artistica il concetto di mito. Nella società contemporanea non ci sono più miti indistruttibili, ma solo apparizioni fugaci, che non si adattano però alla cultura, al tempo e alle esigenze delle diverse epoche.
Per affermare questo concetto, ricorre a un espediente metaforico: la moltiplicazione dell’identità di un mito del passato. E sceglie Marlene Dietrich, che rivive così nella sua installazione artistica. Ventur sceglie un momento particolare della carriera della stessa: la toccante esecuzione della canzone Where have all the flowers gone di Pete Seeger nel 1972. Una pagina di storia che vede la protagonista esporsi in prima persona, nella sua fisicità disarmante (ormai settantenne), e cantare su un palcoscenico contro la guerra.
Conrad Ventur - Filmed in 1972 at the New London Theatre, the Glamorous Marlene Dietrich performs Pete Seeger Where Have All the Flowers Gone? - 2008 - dvd, proiezione animata su mirror ball- 4’ 40’’ loop - courtesy Galleria 1/9 arte contemporanea, Roma
Questa esperienza viene moltiplicata dall’artista all’infinito, attraverso una proiezione caleidoscopica in una stanza buia, che produce un movimento vorticoso che coinvolge e allo stesso tempo disorienta lo spettatore. Un turbine emotivo per farci riflettere sul passato e mettere in discussione il presente.

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michele nero
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dall’undici ottobre al 22 novembre 2008
James Hopkins / Conrad Ventur
1/9 Unosunove Arte Contemporanea – Palazzo Santacroce
Via degli Specchi, 20 (zona largo Argentina) – 00186 Roma
Orario: da martedì a venerdì ore 11-19; sabato ore 15-19; la mattina su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0697613696; fax +39 0697613810; gallery@unosunove.com; www.unosunove.com

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