02 dicembre 2010

fino al 15.I.2011 Takashi Murakami Roma, Gagosian Gallery

 
Non mancano i riferimenti sessuali nei grandi dipinti. Murakami riafferma la sua grande libertà immaginativa, nutrita di colore e metamorfosi. Arte colta e pop a confronto...

di

Preview senza l’artista,
autorizzazione negata (all’ultimo momento) da parte dello Studio Murakami di
utilizzare immagini diverse da quelle ufficiali… La delusione potrebbe
affiorare, subdola, se non fosse per quel forte potere suggestivo che trapela
dagli enormi dipinti, esposti in occasione di questa prima personale romana di Takashi
Murakami
(Tokyo, 1962; vive a Tokyo, New York e Los Angeles).

Due sole tele – ognuna
composta da nove pannelli, per un totale di 18 metri di lunghezza e 3 di
altezza – che dialogano tra loro, assecondando la curva delle pareti e
abbracciando virtualmente lo spettatore, nella sala al piano superiore della
Galleria Gagosian.

In questi lavori definiti
“epici”, solo apparentemente lontani dal linguaggio pop a cui l’artista
giapponese – inventore e teorico del
Superflat – ci ha abituati, rompendo schemi che l’hanno portato
ad ascendere all’olimpo dei più innovatori (nonché quotati) dei nostri tempi,
ci sono le sue radici culturali. O meglio, l’incontro fra la tradizione
pittorica del Sol Levante e il fascino/influenza da questa operata
sull’estetica occidentale dal XIX secolo in poi.

Da una parte, quindi, Soga
Shohaku
, dall’altra William Blake, a sua volta fonte
preziosa per Thomas Harris per il suo
romanzo Red Dragon (1981). All’inchiostro del pittore di epoca Edo, Murakami sostituisce i colori
acrilici, intingendo il pennello e spruzzandoli anche con l’aerografo: lingue
di fuoco, denti, vortici di volute, artigli, squame, piante… un tumulto di
forme aggrovigliate, pulsanti.

Non
mancano i riferimenti sessuali in questi grandi dipinti, in cui Murakami torna
ad affermare la sua grande libertà immaginativa, nutrita di fantasia, colore,
metamorfosi. Il segno definito asseconda l’orchestrazione della
rappresentazione, alle sgocciolature il compito di sfondare una certa
razionalità, lasciando emergere la componente emotiva.

Fondo bianco e colore
azzurro per Dragon in Clouds – Indigo Blue (a sinistra); rosso per Dragon in
Clouds – Red Mutation
(a destra). “L’associazione del rosso e del blu
con una creatura che per lungo tempo è stata considerata simbolo del destino di
ognuno è il tentativo di riaffermare la mia devozione per l’arte – il processo
creativo di questi dipinti è stato come un’offerta votiva
”, afferma l’artista.

Murakami
sfonda i preconcetti di arte colta e arte popolare, trovando un confronto tra
pittura epica, calligrafia, citazione del murale, gesto del graffito e ritmo
del cartoon, un po’ come era stato quando – attraverso la xilografia –
l’incisione giapponese diventò veicolo di una cultura raffinatissima, dentro e
fuori i confini nazionali.

Tutto
giocato su pieni/vuoti e variazioni cromatiche che celebrano l’esuberanza
pop-surreale, il dipinto nella lobby Who’s
Afraid of Red, Yellow, Blue and Death
(2010), in cui la texture del teschio
umano dilaga, in una sorta di horror vacui, sull’intera superficie della tela.

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dal 13 novembre 2010 al 15 gennaio
2011

Takashi Murakami

Gagosian Gallery

Via Francesco Crispi, 16 (centro storico) – 00187 Roma

Orario: da martedì a sabato ore 10.30-19 o su appuntamento

Ingresso libero

Info: tel. +39 0642746429; fax +39 0642014765; roma@gagosian.com; www.gagosian.com

[exibart]

3 Commenti

  1. e di sua grazia, quali sarebbero questi riferimenti sessuali?
    ma per tutta l’inaugurazione sto murakami ha detto solo quelle due righe, visto che non c’è articolo che non le riporta?

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