02 maggio 2015

Fino al 22.V.2015 Avish Khebrehzadeh, Red, white and not blue Studio SALES, Roma

 

di

Avish Khebrehzadeh (1969), artista e cittadina del mondo (sintetizzando: nata a Teheran, ha studiato all’Accademia di Belle Arti della Capitale e ora vive a Washington), con un cognome che tradisce le sue origini iraniane ed è impronunciabile quanto basta anche per mettere in difficoltà anche l’intellighenzia più radical. In questi giorni è a Roma, nella nuova sede di Sales all’Esquilino, con una storia di “Red, white and not blue”. 
Rosso, bianco e (non) blu. I primi due si riferiscono precisamente alle opere in mostra, per l’appunto basate su una o sull’altra tonalità; il terzo, quello mancante, fa riferimento alla serie dei Blue Paintings precedentemente realizzati dalla Khebrehzadeh e presentati qualche personale fa. Ma se uno in fila all’altro questi tre colori vi hanno richiamato alla mente un vessillo (quello francese ad esempio) complimenti, avete un occhio particolarmente attento al valore semiotico dei colori, e probabilmente vi sarete accorti che la combinazione rosso/bianco è base comune alle bandiere di molte democrazie mondiali. 
Anche se non è una questione politica in senso stretto. Più che altro la scelta della Khebrehzadeh pare votata ad una de-politicizzazione dei suoi elementi (cromatici), ad annullarne la soggettivazione sociale/etnica, in qualche modo a riciclarli nel nome di una certa condivisione/condivisibilità. Come un gioco dove lo scopo sarà provare a togliere l’elemento estraneo, in questo caso più che altro metaforicamente disgiuntivo tra bandiera e bandiera, volendo intervenire in superficie, sulle nervature più visibili e capaci di fare distinzioni di genere tra democrazia e democrazia.
 Avish Khebrehzadeh – Uncertainty 9 – 2014 – oil on gessoboard – cm 30,48x30,48 – courtesy Studio Sales di Norberto Ruggeri, Roma
Ha senso perciò incaponirsi sulla figura umana – qui diventata un ossessione ricorrente – e sulle sue assolute specificità. Ha senso farlo in white, nei lavori a fondo bianco (tavoletta in gesso), ritratti particolarmente rapidi e più simili a bozzetti appena tracciati, con pose determinanti tra costruttive linee a penna che assecondano il colore steso con sovraccarichi e nervosi tratti di pennarello. Volti dagli occhi a mandorla, fisionomie d’area occidentale, espressioni decise e sguardi quasi sempre dritti verso lo spettatore. Belli per freschezza e spontaneità, come nella sua semplicità è bello anche il passerotto in toni pastello, ritorno a quello stile didascalico-infantile che ha contraddistinto la Khebrehzadeh lungo la sua carriera. Qualunque sia qui il suo ruolo (un’allegoria della libertà? Soddisfare un vezzo dell’artista?) risulta una presenza pretestuosa, o comunque marginale, come quella dei piccoli quadri con su raffigurate farfalle. 
Gran prova di savoir faire pittorico coi bianchi, però i lavori in rosso sono di altro spessore. Per comprovare quest’opinione inizieremo da un’apparente banalità: il rosso è impattante. Non tanto di suo, in quanto colore, ma poiché sfrutta meglio – e di più – l’uso del supporto in gesso, con una stesura espressivamente più funzionale, dove paga anche un olio che passa da mat (superficie assorbente la luce) a gloss (riflettente) in men che non si dica. L’effetto è “sangue raggrumato”, il gusto perverso di un horror attraente in un contesto generale ben impostato, dove le linee incise mettono in evidenza il bianco-fondo da gesto autoportante, o per dar slancio alla definizione (ad esempio di un orecchio perfetto o delle pupille). 
Speravamo questa personale restasse circoscritta alla bi-dimensione della pittura, visto che delle tre testoline scolpite e rivestite in cera proprio non si sentiva la necessità. Mimiche alla “come ti reinvento Medardo Rosso” (detto questo la citazione ci sta tutta, ed è anche notevole per un’artista che d’italianità si è cibata) che non aggiungono carattere, peso iconico, e non reggono il passo della pittura. Anzi, plasticamente riescono ad essere meno presenti di questa.
Andrea Rossetti
mostra visitata il 9 aprile 2015
Dal 27 marzo al 22 maggio 2015
Avish Khebrehzadeh – Red, white and not blue
Studio Sales
Piazza Dante 2 – 00185 Roma
Orari: da martedì a venerdì, ore 11.30 / 19.30; sabato, ore 15.30 / 19.30
Info: tel. +39 0677591122; info@studiosales.it; www.studiosales.it

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