28 luglio 2004

exibwebart_focus La democrazia diffusa? Una pagliacciata

 
Storia di Kolja, alle prese con i dilemmi picoli e grandi che affollano la vita. A scegliere però non è lui, ma la maggioranza dei voti espressi dagli utenti. Perchè Kolja è il protagonista dell'ultimo lavoro di Davide Grassi. DemoKino, ovvero la pantomima della democrazia. in tempo reale...

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Dziga Vertov (il teorico del kino-glaz) era convinto che si potesse fare un uso politico del cinema, trasformarlo nel mezzo di una “decodificazione comunista del mondo”.
E’ difficile capire se Davide Grassi abbia inteso, chiamando il suo ultimo progetto DemoKino, rendere omaggio a uno dei padri del cinema o farsi beffa delle sue velleità. Il progetto prevede un unico racconto diviso in otto filmati, sceneggiati da Antonio Caronia, trasmessi in streaming e montati dalla partecipazione interattiva degli spettatori. Il protagonista è Kolja, un giovane sloveno mediamente istruito e mediamente interessato all’attualità, che nei diversi momenti della sua giornata si trova ad affrontare, novello Amleto, una serie di dilemmi. Qualche esempio? Due mormoni suonano al suo campanello e lui si mette a pensare alle sette, ai Raeliani, alla clonazione. O naviga in rete, e a un certo punto si pone la questione del copyright. Così, tra una seduta in bagno e una telefonata, Kolja si trova a riflettere sull’aborto, l’eutanasia, gli OGM, la clonazione terapeutica, il matrimonio omosessuale, la privatizzazione dell’acqua. Discute i pro e i contro, poi si trova a decidere: e qui interviene l’utente, che vota per lui; il voto della maggioranza lo conduce alla prossima stanza, alla prossima questione. E al prossimo dilemma. Di voto in voto, si approda all’ultimo filmato, cui segue però, senza nulla cliccare, un ultimo breve corto. Al volto ormai familiare di Kolja si sostituisce un clown sghignazzante: “e se ti dicessi che tutto era deciso in partenza?”.
DemoKino
Così, con una melodia ebete e un sorriso sarcastico, crollano tutte le illusioni a cui il “parlamento virtuale” di DemoKino aveva dato vita. Concetti come partecipazione (inter)attiva, democrazia diretta, agorà virtuale, libertà di scelta si infrangono contro il naso rosso di un clown come la democrazia italiana si è sciolta nelle performance musicali dei pianisti; e come in Kafka, la chiarezza della legge si contorce nei grovigli di una procedura che rimane invisibile fino alla fine.
Ma quella della virtualità della democrazia contemporanea è solo una delle questioni sollevate da DemoKino: che discute nel contempo l’efficacia della tanto millantata interattività della rete, e la trasformazione della politica in biopolitica, ovvero la tendenza odierna a rendere pubblico il privato, e trasformare la vita stessa in una questione politica. Una complessità che è di tutto il lavoro di Grassi, artista italiano che nel 1995 si è trasferito in Slovenia, a Ljubljana, e vi ha fondato Aksioma, una associazione no-profit che produce lavori che indagano, attraverso i nuovi media, questioni sociali e politiche, etiche e estetiche. Perché la vita è politica, il terrorismo è teatro, e i problemi producono economia…



4 DOMANDE A DAVIDE GRASSI

DQ. Come nasce DemoKino? Ci sono in esso tracce di una riflessione su un evento specifico della nostra politica quotidiana, o è stato prodotto da una riflessione più generale?
DG. In effetti, esiste un fatto specifico che ha avuto una funzione scatenante: un articolo riguardante il fenomeno dei pianisti, i senatori Italiani documentati nell’atto di esprimere il voto, attraverso l’apposito sistema elettronico, al posto dei colleghi assenti.Con la votazione per alzata di mano il pianista avrebbe dovuto alzare due mani, il che avrebbe implicato un atto se non altro “coraggioso” data la visibilità del gesto in aula.
Ma questo sistema analogico ed arretrato di votazione non avrebbe certo permesso a personaggi come il Senatore Lucio Malan di Forza Italia di esibirsi in un magistrale triplice voto, a meno che non si fosse fatto prestare per tempo il famoso terzo braccio di Stelarc.
Bene, questa notizia mi fece riflettere su tutta una serie di questioni.
Accostando questa notizia, che é poi sintomatica dell’inattendibilità della democrazia rappresentativa o parlamentare, alla coscienza del fallimento della tesi di Lévy sulla “democrazia in tempo reale” ho sentito un grande senso di impotenza ed allo stesso tempo la necessità di approfondire questi temi.

DQ. DemoKino si fa beffa tanto della presunta natura democratica dell’interattività quanto della democrazia odierna tout court. In entrambi i casi, la libertà di scelta sembra connaturata al meccanismo, mentre invece è proprio il meccanismo che la nega. Vedi qualche via d’uscita da questo impasse? DemoKino
DG. Per considerare questa domanda bisognerebbe riflettere attentamente sia sul significato di democrazia che su quello di interattività.
Il concetto di democrazia, storicamente e filosoficamente carico di significato, sembra oggi quanto mai vuoto, una caricatura di se stesso, e lontano da quell’idea che vuole il popolo sovrano. La volontà da seguire é semmai quella dettata dall’economia e dai mercati. Sarebbe più sensato coniare neologismi quali “econocrazia” o “mercatocrazia”.
Nei lavori artistici, nei videogiochi, negli sportelli automatici delle banche ed in altri prodotti “finiti” definiti interattivi, l’azione reciproca, ovvero il provocare o subire un processo di interazione, é meramente apparente. L’interazione con questi dispositivi crea nell’utente una forte sensazione di sovranità, di autodeterminazione che però, ad una valutazione più attenta, risulta essere priva di consistenza.
Ma esiste una forma di interattività e di scambio reciproco di input, di provocazioni e di informazioni che si verifica tra soggetti all’interno di comunità – più o meno ampie – tanto nella realtà fisica che nel cyberspazio. L’interattività tra individui o tra nuclei di persone mi sembra molto più interessante, molto più imprevedibile e creative specialmente se si intende l’interattività come “forza di coesione”. Ad ogni modo anche questo tipo di interattività risente delle limitazioni imposte dal sistema all’interno della quale opera.
Per questo delle comunità, dei collettivi, cercano di liberarsi da questa “tirannia” stabilendo le proprie “regole del gioco” che spesso e volentieri sono diametralmente opposte ed incompatibili con quelle del “sistema imposto”.

DQ. DemoKino lega le scelte personali del suo protagonista a un parlamento virtuale. Così, se la vanificazione finale del voto mortifica i votanti, restituisce libertà di scelta al nostro uomo. Credi che esista un conflitto tra libertà personale e volontà collettiva?
DG. Onestamente non sono molto d’accordo con la tua affermazione per almeno due ragioni. La prima é che al termine di DemoKino il voto non viene effettivamente vanificato, ma viene inoculato nel cyber-elettore il dubbio che tutto sia stato predeterminato. Non si tratta di una certezza bensì di un dubbio.
Il secondo motivo di disaccordo alla tua affermazione sta nel fatto che in nessun modo viene restituita libertà di scelta al “nostro uomo”. Egli infatti si presenta allo spettatore/elettore in forma di protagonista di otto cortometraggi che sono pre-registrati e che quindi non possono in alcun modo essere modificati. Le decisioni del cyber-elettorato influiscono sull’ordine cronologico degli argomenti proposti dal protagonista e non sulle sue azioni.
Il conflitto tra libertà personale e libertà collettiva esiste certamente ed é un fatto innegabile. L’unico modo per eliminare questo conflitto risiederebbe in una forma di “volontà totalitaria”. Impossibile.

DQ. Se Problemarket indagava l’evoluzione in senso economico della politica, DemoKino riflette sulla politicizzazione della vita. Credi che i due fenomeni siano connessi? Com’è la vita ai tempi della biopolitica?
DG. I due fenomeni sono definitivamente interconnessi, a mio giudizio.
L’economia ha intrappolato la politica la quale ha una diretta influenza sulla vita di tutti i giorni. Così si potrebbe dire che l’economia, filtrata dalla politica, detta legge sulla vita di tutti i giorni.
Il predominio dell’economia sulla politica ha ridotto la democrazia ad un rito formale, in cui dominano gli interessi delle corporazioni. Le attenzioni principali sono rivolte alla manutenzione della macchina capitalismo per evitare che si inceppi. Non é l’uomo al centro della questione ma la sopravvivenza del sistema.
La vita ai tempi della biopolitica é pertanto una questione, se non marginale, perlomeno secondaria.



COSA PENSI DI DEMOKINO?

DemoKino“Scrivere le sceneggiature per DemoKino è stata un’esperienza stimolante e intensa. Non sono uno sceneggiatore di professione, e ciò che mi chiedeva Davide era interessante ma difficile. Si trattava di dare forma ai pensieri di un personaggio che riflette su dilemmi spesso crudi, a volte angoscianti, comunque ben radicati nell’esperienza dell’oggi. Volevo farlo da un lato in modo che apparissero riflessioni motivate da episodi concreti, e non astratte; dall’altro senza far emergere il mio personale orientamento verso l’una o l’altra risposta. DemoKino è un lavoro un po’ anomalo nella produzione di Davide, perché è molto sbilanciato verso l’arte pubblica e relazionale, ma senza la componente di ironia e a volte di sberleffo che c’è in altre sue operazioni. Mi sembra una bella sfida, e sono contento di aver partecipato a questo progetto.”
Antonio Caronia, direttore di socialpress e sceneggiatore di DemoKino.

“Con la simulazione interattiva del voto democratico, DemoKino rivela con grande lucidità i problemi della politica contemporanea. Usando l’interattività per dare realtà concreta all’utopia dell’attività diretta, fa emergere le questioni profonde insite in di questo tipo di attività. Il progetto simula sessioni su dilemmi etici ed economici che ci troviamo ad affrontare ogni giorno, e le forme della politica che affronta queste questioni bio-politiche.”
Dr. Bojana Kunst, filosofo e vice-presidente della Società Slovena di Estetica.

link correlati
Aksioma
DemoKino
Problemarket
Bojana Kunst
Socialpress
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DemoKino – Prossime sessioni:
Sabato 10 luglio 2004, 21:20 (ora di Parigi)
Mercoledì 21 luglio 2004, 20:00 (ora di Parigi)
Mercoledì 4 agosto 2004, 14:00 (ora di Parigi)
Mercoledì 18 agosto 2004, 20:00 (ora di Parigi)
Mercoledì 1 settembre 2004, 14:00 (ora di Parigi)
Mercoledì 15 settembre 2004, 20:00 (ora di Parigi)


rubrica a cura di domenico quaranta

[exibart]

2 Commenti

  1. Linko sull’argomento un paio di articoli di un autore che ho scoperto da poco e che mi piace moltissimo , l’ antistatalista ultraliberista Filippo Matteucci , l’ideologo della democrazia turnaria e dell’economia privatista , un economista vicino agli anarco capitalisti libertarian :

    Democrazia formale e democrazia sostanziale.

    L’appellativo di Hans Hermann Hoppe, “La democrazia, il Dio che ha fallito”, è arbitrario se applicato al significato essenziale del concetto “democrazia”, ovvero comando del popolo. Il fallimento nelle intenzioni di rendere il popolo sovrano è caso mai ascrivibile alla democrazia elettiva, delegata. E questo non stupisce di certo. Da che mondo è mondo, chi delega potere, perde potere. Negli ultimi due secoli il popolo non è stato mai sovrano. Semplicemente una borghesia di bassa qualità e spesso dedita a traffici criminali ha tolto il potere ai Re e ai nobili che lo detenevano in precedenza. Questo ha significato un regresso di civiltà, un peggioramento della qualità dei governanti. Se la qualità di governanti di monarchi e aristocratici era talvolta mediocre, la qualità di governanti dimostrata dai modern days kings, ovvero dalle famiglie della grande imprenditoria e della criminalità organizzata, è conclamatamente infima, peggiore.
    Continua… qui:
    http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=29320

    Principi di economia privatista

    Il fallimento sia dell’economia pianificata sovietica, finita in miseria, mafia e prostituzione, sia dell’oligopolio statalista e dirigista tipico delle democrazie formali delegate, impone un rovesciamento, una rivoluzione copernicana del modo di pensare e strutturare la scienza economica. Se qualcosa non funziona in un sistema socioeconomico vuol dire che i governanti hanno commesso uno o più errori, che a un dato bivio pregresso è stata imboccata la strada sbagliata.
    Quanto ora detto vale a maggior ragione per l’Europa. Fino a meno di cento anni fa l’Europa, intesa come megasistema sufficientemente omogeneo di civiltà costituito dall’insieme dei Regni che la componevano, era la padrona del mondo, colei che aveva “la migliore probabilità di vittoria nella corsa allo sfruttamento delle ricchezze del globo”, per usare le parole dello Schmerb. I due decisivi errori al bivio che hanno portato quella che fu la Grande Europa all’attuale declino sono stati la svendita a poco prezzo dell’Impero Britannico e l’assunzione a principio di scienza del keynesianesimo.
    Continua… qui:
    http://www.finanzaediritto.it/articoli/principi-di-economia-privatista-4096.html

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