20 febbraio 2004

exiwebart_project Marco Cadioli – Internet Landscape

 
Appassionato esploratore e svogliato flaneur, Marco Cadioli documenta i suoi viaggi in rete. Tra robot imbarazzati da questioni poco professionali e ciclopi incastrati tra le interfacce. Opere che sfuggono dai confini della tela e surfing estremo...

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Sin da quando era poco più di una fantasia nella mente di alcuni scrittori di fantascienza, la Rete è sempre stata concepita come spazio, o meglio come paesaggio. Chi ama immergersi nella matrice spezzata di Bruce Sterling o nel cyberspazio di William Gibson, sa che questi paesaggi hanno la stessa complessità di quello reale, e prevedono catene montuose e avvallamenti, mari e deserti, autostrade e corsi d’acqua.
Se accogliamo questa metafora, sostiene Lev Manovich , il net surfer diventa il legittimo erede del flaneur e degli esploratori ottocenteschi. Cosa di più naturale, allora, dell’esigenzMarco Cadioli a di documentare questi bighellonaggi e queste esplorazioni? L’idea di Marco Cadioli, che ha lanciato nel 2003 il progetto Internet Landscape. Reportages from the Net, potrebbe sembrare banale, quando non è altro che la risposta più semplice a un’esigenza che abbiamo tutti: quella di documentare un vissuto, immortalare una sensazione, conservare il ricordo di un viaggio. L’aumento progressivo del tempo dedicato alla navigazione, da molti ritenuto alienante, offre la possibilità di conoscere posti nuovi, incontrare nuove persone, osservare incantati un environment capace di dispiegare di fronte ai nostri occhi uno spettacolo irripetibile come un tramonto tropicale o il passaggio di una cometa. Come fermare questi momenti e documentare questi incontri se non con un mezzo agile e rapido come quello della fotografia?
Insegnante di Digital Media all’Accademia di Comunicazione di Milano, Cadioli è interessatoMarco Cadioli in particolare a quei siti capaci di abbandonare la tradizionale metafora della pagina per strutturarsi in ambienti da percorrere (come il Dreamdomain di Randommedia o la Whitneybiennal del net artista Miltos Manetas) o in luoghi di incontro, popolati da personaggi reali (come le facce tra le interfacce immortalate nella community di Ego7) o virtuali (come i Networkers inventati da Oddcast, proposti alle aziende come eccezionali venditori di prodotti).
Del resto, se il gesto è semplice e la sua motivazione molto naturale, complesse sono invece le problematiche che solleva. Innanzitutto, i reportage di Cadioli riscattano il net surfing dal pregiudizio che ne fa, tuttora, una esperienza diminuita rispetto alla vita reale, e anzi negativa per la nostra sanità mentale. Inoltre, fotografare la rete non significa solo fissare l’istante, ma anche dare stabilità a ciò che per sua natura è mobilMarco Cadioli e, fragile, perituro. Nella vita frenetica della rete, alcuni paesaggi spariscono senza lasciare traccia, nemmeno le rovine: fotografarli vuol dire, anche, offrire loro quella eternità che non hanno mai avuto. Immagini digitali di un mondo digitale, le fotografie di Cadioli non vogliono restare in Rete, e la loro prossima metamorfosi, già pianificata, le porterà ad uscire dal virtuale per approdare al reale. Sottoponendole alle leggi del nostro mondo, e trasformandole, come il fiore che il sognatore si ritrova fra le mani alla fine del sogno, nella testimonianza concreta di un viaggio nell’immateriale.

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[exibart]

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