13 marzo 2007

fino al 30.III.2007 Torbjorn Vejvi Napoli, Galleria Raucci Santamaria

 
Immagini bidimensionali che tentano il salto verso il 3D. E poi collage e teatrini, sculture di gesso e citazioni moderniste. Ecco come l’apparenza si trasfigura nelle opere dell’artista svedese…

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Sono trascorsi otto anni da quando l’artista svedese Torbjorn Vejvi (Vätjö, 1972) ha realizzato la scultura Old House, elegante facciata vittoriana di una “casa di bambole” ritagliata e incollata in carton plume. Un modellino privo di ogni funzione abitativa, come le quinte teatrali che il piccolo Torbjorn osservava insieme ai genitori dalla platea del teatro di Goteborg prima di fare i bagagli per Los Angeles con in tasca una borsa di studio per il programma MFA della University of California.
Affascinato dalle superficie esterna delle sue scatole prospettiche, Vejvi prosegue con coerenza stilistica l’idea di “mettere in spazio” l’immagine bidimensionale. Un esperimento raggiungibile solo su un piano squisitamente (s)figurato che compromette la stabilità morfologica e semantica delle illustrazioni, riproposte quasi sempre in forma di collage. Si veda ad esempio Interior, sezione prospettica di un ambiente interno che scivola su una scacchiera di legno arricchita dalla presenza di una citazione modernista: un mini-totem ligneo che rievoca le sculture modulari brancusiane.
Già in occasione di una personale alla Richard Telles Fine Art (2000), Dennis Cooper in un articolo apparso sulla rivista Frieze, aveva evidenziato il tentativo di Vejvi di riappropriarsi degli stilemi modernisti. Ecco allora nella galleria partenopea Attic Thought, scheletro architettonico che dietro alla presenza informe di una scultura di gesso nasconde una chitarra colorata pseudo-picassiana. Tuttavia le citazioni moderniste di Vejvi, distanti dallo spirito ready-made centereddelle installazioni di un Braco Dimitrijevic, non danno l’impressione di essere autosufficienti: nascoste o disseminate nello spazio plastico, evocano piuttosto l’impossibilità di farsi segno autonomo dissolvendosi tra le pareti delle sue scatole prospettiche.
Torbjorn Vejvi, Interior (2006) - wood, acrylic paint, paper, collage - 71x71x49 cm
La citazione travestita di Vejvi sa anche farsi puro gioco formale e cromatico che trascolora nella spensieratezza e nei cerchi concentrici dell’acrilico su tela (Atlas), oppure nell’ironia di Puddle Theory, pozzanghera bianca di legno con le sue sfere incastonate in una struttura informe che sembra riproporre in forma plastica la tavolozza plastica di un pittore fauve. Mettendo da parte il mood poverista dell’installazione White Summer, le ultime due opere citate, insieme alle concrezioni di segni dipinte in tecnica mista su tavola, rappresentano una tregua stilistica nel percorso di Vejvi che difficilmente rinuncia alla riflessione sul rapporto problematico tra l’immagine e la sua messa in scena tridimensionale. Che si tratti delle illustrazioni tratte da cataloghi d’arredamento vintage incollate su cartoncino, oppure della sagoma defenestrata dell’attrice inglese Debora Kerr che copre la facciata dell’ennesimo segno ligneo informe, le illustrazioni scelte dall’artista svedese informano lo spettatore del compromesso (s)figurativo delle immagini, costrette a farsi altro da sé nella profondità di uno spazio espositivo.

giuseppe sedia
mostra visitata il 14 febbraio 2007


Torbjorn Vejvi – New works – fino al 30 marzo 2007
Napoli – Galleria Raucci/Santamaria (zona Capodimonte)
Corso Amedeo Di Savoia Duca D’Aosta 190 (80121)
Ingresso libero lun-ven 10-13:30 e 15-18:30
(verificare sempre via telefono)
+39 0817443645 (info), +39 0817442407 (fax)
raucciesantamaria@interfree.it
www.raucciesantamaria.com
(sito in allestimento)

[exibart]

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