17 febbraio 2009

libri_interviste Sponsoring dalla A alla Z (skira 2008)

 
Son e saranno tempi duri. Perché la crisi è arrivata e si fa sentire. Quali saranno le ricadute sul settore dell’arte? Come si profila il futuro delle sponsorizzazioni? Ne abbiamo parlato con un’esperta, Elisa Bortoluzzi Dubach. Che, insieme a Hansrudolf Frey, ha dato da poco alle stampe un Manuale operativo...

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Partiamo dai fondamentali: quali sono gli ingredienti di un buon progetto di sponsoring?
Un buon progetto di sponsoring è haute couture. La qualità dei contenuti culturali deve essere garantita e protetta. Il proponente deve aver chiari gli elementi di unicità di quanto offre, sia in assoluto che agli occhi del potenziale partner, e saper creare attraverso la collaborazione con le imprese valore aggiunto per gli amanti della cultura. Tutto questo richiede la capacità e la volontà di capire le necessità dell’impresa e la sensibilità del pubblico, molta competenza e creatività.

Il rovescio della medaglia: gli errori da non commettere mai nel chiedere un sostegno o una sponsorship.
Molte offerte di sponsorizzazione non tengono conto di esigenze proprie del marketing, cioè non hanno un approccio marketing oriented. L’incapacità d’immedesimarsi in una situazione di uno sponsor ha già portato al fallimento di numerosi progetti, anche validi. Inoltre, spesso le proposte di collaborazione vengono inviate contemporanemente e tutte uguali a una molteplicità di partner potenziali, in base alla considerazione che, se uno risponde in modo negativo, nel frattempo altri dieci potrebbero reagire positivamente alla proposta inviata. Ma ogni azienda si aspetta, e con ragione, un documento formulato su misura rispetto ai propri bisogni.

Quali sono le cose più appetibili che il comparto arte può dare “in cambio” ai mecenati contemporanei?
Elisa Bortoluzzi DubachA seconda della tipologia di sponsorizzazione e degli obiettivi che l’imprenditore si pone, i ritorni possono essere molteplici. Vorrei tuttavia precisare che non è vero che chi investe in cultura può aspettarsi “solo” un ritorno in termini d’immagine e reputazione. Se gestito con intelligenza e in modo strategico, lo sponsoring può influenzare in modo positivo anche il fatturato di un’azienda, senza scadere nella commercializzazione. Ci sono molti esempi nazionali e internazionali che lo dimostrano. Anche in questo caso sono qualità e creatività la chiave del successo.

Le figure professionali formate dai nuovi corsi di laurea e master hanno una loro autorevolezza ed efficacia sul mercato o ancora contano soprattutto conoscenze e agganci politici?
A livello mondiale, gli investimenti in sponsorizzazione raggiungeranno, alla fine del 2009, 44,8 miliardi di dollari (la fonte è l’IEG – International Event Group di Chicago). Un mercato di queste dimensioni richiede professionisti che abbiano altre qualità oltre a una spiccata competenza sociale. Inutile negare che il networking è importante, ma non è una base sufficiente in una realtà che sta diventando sempre più competitiva. La difficoltà vera, infatti, non è tanto, e non è solo, convincere gli imprenditori a investire in cultura, ma a fine progetto dimostrare loro che ci sono stati effetti concreti e avere la capacità di misurarli. Solo questo li indurrà a legarsi sul medio/lungo periodo alle istituzioni sponsorizzate. Inoltre, l’investimento in cultura si deve inserire in una strategia precisa dell’azienda, che lo valorizzi con attività di supporto adeguate. Tutto questo richiede know-how di settore, competenze specifiche, oltre che determinazione, coraggio e passione per il proprio lavoro. Le agenzie di sponsoring internazionali hanno moltissimi impiegati giovani: mi sembra che questa sia una prova eloquente che chi investe nella propria formazione fa bene.

Due domande sulla situazione italiana: sponsorizzazioni commerciali o tecniche? Nel nostro Paese pare ci sia una cultura che privilegia le prime e trascura le seconde. Perché?
La sponsorizzazione culturale come strumento di marketing è un’opportunità che il mercato italiano ha scoperto, e sta scoprendo, negli ultimi anni. Ritengo che sia solo una questione di tempo, perché anche in Italia lo sponsoring tecnico conosca maggior diffusione. Aziende italiane, come Guzzini, che lo praticano con grande professionalità, sono conosciute e apprezzate in tutto il mondo.

Ampliamo lo sguardo. Oggi molte aziende promuovono progetti propri in campo culturale. In Germania c’è addirittura una certa preoccupazione per la diffusione di musei e collezioni private che, di fatto, sottraggono potenziali partner alle istituzioni pubbliche. Ma anche le fondazioni bancarie italiane non scherzano. Stiamo andando verso uno scenario di self-made culturale da parte del mondo imprenditoriale e industriale?
Elisa Bortoluzzi Dubach & Hansrudolf Frey - Sponsoring dalla A alla Z. Manuale operativoForse bisogna chiedersi quale sia la ragione profonda di questo fenomeno che coinvolge collezionisti, mecenati e imprenditori. Penso che un aspetto risieda nella difficoltà di collaborare con le istituzioni pubbliche, dovuta non ai responsabili dei singoli musei, bensì all’incredibile burocrazia dello Stato. Un’altra ragione ha a che vedere col fatto che i singoli collezionisti ambiscono a non disperdere le loro collezioni, e anche qui le difficoltà (per esempio di carattere logistico, finanziario ecc.) sono notevoli. Spesso l’iniziativa della costituzione di un museo privato è l’esito di trattative fallite. In questo senso, penso che la questione vada posta in modo diverso: la domanda è che cosa possono fare i musei pubblici per invogliare collezionisti e imprenditori a una collaborazione più stretta con loro (in termini di strategia, di marketing, di comunicazione ecc.) e, soprattutto, che cosa può fare lo Stato per snellire le proprie procedure e aiutare in modo concreto tutti quei direttori di museo che ogni giorno, con spirito di sacrificio e professionalità, combattono per preservare il nostro patrimonio culturale.

Per chiudere, la domanda che ricorre più spesso in questi mesi: quali conseguenze potrà portare al settore specifico la crisi economica che caratterizzerà il 2009? Una diminuzione? In ambiti specifici o generalizzata?
Nella settima edizione dell’indagine predittiva Il Futuro della Sponsorizzazione di StageUp e Ipsos, nel 2008 gli investimenti di sponsorizzazione (sport, cultura e spettacolo, utilità sociale) avevano fatto registrare un incremento dell’1,5%, pari a 1.795 milioni di euro, in sponsorizzazioni al netto dei cosiddetti investimenti a supporto, quelli in pubblicità classica (e altre forme di promozione) che vanno a rinforzare solitamente la comunicazione derivata dalla partnership. Si trattava del valore più alto mai registrato nel comparto dello sponsoring. Gli investimenti in cultura e spettacolo erano stati pari a 258 milioni (+1,3%). Dopo cinque anni di crescita continua, nel 2009 si prevede un calo: gli investimenti raggiungeranno 1.640 milioni di euro, con una contrazione pari all’8,6% in meno rispetto al 2008. Si tratta del calo più forte mai registrato dal comparto dagli anni 2000; il volume degli impegni tornerà, almeno in termini nominali, sui valori del 2004. A mio parere, il mercato premierà quelle istituzioni culturali che hanno concetti di sponsoring che prevedono contratti sul lungo periodo, che hanno un piano di finanziamento che prevede diverse forme di collaborazioni con privati (imprese, fondazioni, mecenati ecc.) e che nel passato hanno già sperimentato forme di partnership innovative.

a cura di alfredo sigolo e massimiliano tonelli

la rubrica libri è diretta da marco enrico giacomelli


Elisa Bortoluzzi Dubach & Hansrudolf Frey – Sponsoring dalla A alla Z. Manuale operativo
Skira, Milano 2008
Pagg. 272, € 30
ISBN 9788861307254
Info: la scheda dell’editore

[exibart]

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