06 dicembre 2010

libri_saggi L’invenzione dell’arte (einaudi 2010)

 
Una storia dell’arte? Non esattamente. Una storia dell’idea di arte. Perché il modo migliore per capire qualcosa è risalire la corrente. Dei concetti, in questo caso...

di

Due questioni rendono stimolante lo studio dell’arte e della sua storia. La
prima è preliminare ed è ciò su cui si basa l’estetica. La domanda è tanto
semplice che la risposta diviene eccezionalmente complicata: cos’è l’arte? La
seconda questione pare collocarsi a valle e concerne il concetto contestuale di
arte; una questione che ha sviscerato Arnold Hauser nel monumentale Storia sociale dell’arte del 1971, ma
che può esser affrontata anche da un punto di visto storico, di storia delle
idee, delle tecniche ecc. In realtà, le due questioni non si pongono a un capo
e all’altro del problema-arte, ma devono
continuamente interrogare l’arte, se stesse e l’un l’altra. Solo così si può
evitare di restare imbrigliati nei labirinti dell’estetica, della storia
dell’arte, della sociologia.

Con questo nodo problematico si è confrontato Larry Shiner nel 2001, in un
libro che ora Einaudi propone in versione italiana. Shiner ha tutti i titoli
per imbarcarsi in un’impresa del genere, visto che insegna filosofia, storia e
arti visive alla University dell’Illinois e si interessa del lavoro di Paul Ricoeur
e Michel Foucault (quanto detto sopra si potrebbe sintetizzare con un rimando
al concetto foucaultiano di episteme).

Vale la pena di citare una delle prime frasi del libro, con la quale
l’autore mostra senza alcuna sovrastruttura quell’approccio pragmatico tanto
apprezzato nella saggistica anglosassone: “Mi
è capitato più volte di voler consigliare a studenti e amici la lettura di una
breve storia dell’idea di arte, senza trovare ciò che cercavo; ho quindi deciso
di scriverla
”. Ciò dichiarato, il libro non è una sorta di introduzione for dummies, ma la lettura risulta
comunque agile e i concetti sono analizzati e ripresi con pazienza.

Il problema-chiave è illustrato nelle primissime pagine con un aneddoto.
Prima visita a Chicago dell’autore adolescente: è la fascinazione per i
manufatti conservati al Field Museum of Natural History, con “vasi e arnesi, scudi e lance, troni e
scettri, alcuni spaventosi simulacri, molte maschere e numerosi abiti
”.
Seconda visita a Chicago, qualche anno dopo: “Scoprii che alcune delle sculture e delle maschere (non gli abiti)
avevano miracolosamente percorso il tratto di strada dal Field Museum all’Art
Institute
”.

Perché è accaduto? Secondo quali
criteri? L’indagine è assai ricca poiché estesa nel tempo e nello spazio, e inoltre
non si limita alle arti visive (operazione che sarebbe stata contraddittoria,
se pensiamo che quello di ‘arte’ è un concetto recente – Shiner ne individua la
nascita nel XVIII secolo – e occidentale, strettamente legato allo sviluppo di
uno specifico mercato rivolto alla nascente borghesia), ma spazia da Shakespeare a Pierre Boulez.

Quanto alla tesi finale del libro, che giunge dopo tale coinvolgente
panoramica, può suscitare alcune perplessità. Shiner plaude a un superamento
del “moderno sistema dell’arte”,
quello basati sulle “belle arti”. In quale direzione? Verso un’inclusione più
ampia e flessibile, in un “terzo sistema”,
di tutti quegli ambiti tangenti ma esclusi de
jure
dal sistema moderno. Di cosa si parla? Del design, ad esempio. Ma è
sufficiente guardarsi intorno per capire che tale terzo sistema è già nato e
pure cresciuto, se – ed è un caso fra innumerevoli – Alessandro Mendini espone e dialoga con Fortunato Depero nella casa-museo di quest’ultimo a Rovereto.

Insomma, la pratica ha ancora una volta primeggiato sulla teoria. Anche
sulla teoria stessa del primato della pratica.

articoli correlati

Arte-mondo

Per
una storia sociale dell’arte

marco enrico giacomelli

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper
n. 69. Te l’eri perso? Abbonati!


Larry Shiner – L’invenzione
dell’arte

Einaudi, Torino 2010

Pagg. 468, € 32

ISBN 9788806201081

Info: la scheda dell’editore

[exibart]

1 commento

  1. Ahimè, idee già vecchie!
    E se invece per l’arte fosse preferibile differenziarsi dal magma comunicativo, nella cui notte “tutte le vacche sono nere”, per costituire un coltraltare allo stesso?
    non è più interessante la critica all’arte ridotta a design fatta da
    Hal Foster? a ognuno il suo mestiere: i designer facciano il design e gli artisti vadano oltre il mestiere.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui