10 dicembre 2012

READING ROOM Domande, domande, domande

 
Skira ha mandato in libreria l'ultimo volume di interviste che il "nonstop curator" ha realizzato con Rem Koolhaas. Sempre apprezzabile lo sforzo di dialogare con il mondo della cultura. Ma Obrist ci piacerebbe di più se andasse anche un po' più a fondo
di Antonello Tolve

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Con London Dialogues. Serpentine Gallery 24-Hour Interview Marathon (Skira, pagine 384, 25 euro), Hans Ulrich Obrist (Zurigo, 1968) mostra, ancora una volta, la sua attitudine. La sua vocazione. La sua scelta. Quella di aprire lo spazio al mondo del dialogo, alla necessità dell’incontro. (Questa volta spettacolare e programmato con accortezza).

Certo lo conosciamo come curatore internazionale, come pensatore rapido. Ma anche come intervistatore fine ed elegante. «Si prepara meticolosamente e pone domande “normali” con una premura tale da condurre a rivelazioni inaspettate» ha suggerito un po’ di tempo fa Rem Koolhaas che, assieme a lui, cura questo nuovo volume d’interviste organizzate tra il 28 e il 29 luglio del 2006. «Di solito è talmente informato sulle vite dei “soggetti” in esame da saperne più di loro stessi». Domande precise e argute, appunto, che mirano a spingere il soggetto su piste mentali che non lasciano nulla al caso. Ne è esempio luminoso il piccolo ma prezioso volumetto uscito qualche tempo fa per i tipi Feltrinelli (nella collana Saggi Universale Economica) in cui il curatore dialoga con Tomás Maldonado sulle varie anime di un lavoro – e di un progetto – in cui Arte e artefatti si incontrano per tessere la vita di un intellettuale totale.

Ora, al di là delle varie qualità che non mettiamo assolutamente in dubbio, al di là della velocità d’azione del pensiero mostrata da Obrist, e al di là della metodologia plurale utilizzata (una metodologia aperta, in Italia, da Carla Lonzi e, da un’angolazione più strettamente creativa, adottata da Achille Bonito Oliva con le varie strutture dialogo-immaginifiche tra A.B.O. e Marcel Duchamp o fra Duchamp, Totò e il suo silenzio) c’è una questione scottante che ci preme evidenziare. E che anche nell’ultimo volume, un po’ troppo autoreferenziale e “londinese”, pare emergere con insistenza. Questa esigenza (se così possiamo chiamarla), questa metodologia dialogica che attraversa tutta l’opera di Obrist è forse un’insufficienza di tempo per la stesura di un saggio più articolato? O magari una sorta di svogliatezza di fondo nel soffermarsi su alcuni nuclei riflessivi con una temporalità più dilatata, quella dello studioso che si confronta con le altrui teorie?

Anche il recente saggio pubblicato pone domande, domande, domande. E pur essendo un libro raro in cui sfilano nomi internazionali – le interrogazioni del nonstop curator (così lo ha battezzato Duglas Gordon) si mostrano nuovamente convincenti e pungenti – resta ancora una volta vivissima questa formula colloquiale che sembra, mi pare, una via di fuga, un’uscita dalla responsabilità di elaborare un discorso individuale. Di costruire, cioè, una teoria personale senza servirsi dell’altrui parola. Il fatto di programmare dialoghi (indubbiamente necessari) sembra essere, difatti, una sorta di alleggerimento, un programma che non prende una posizione sul contemporaneo, che attraversa – certo! – ma non si sofferma.

Non resta che attendere le prossime, pregiate, domande di un nomade del mondo dell’arte (Bourgeois) che si misura con gli spazi liquidi e picnolessici del vivaio estetico attuale.

di Antonello Tolve

Titolo: London Dialogues. Serpentine Gallery 24-Hour Interview Marathon

Autori: Hans-Ulrich Obrist e Rem Koolhaas

Editore: Skira

Anno di pubblicazione: 2012

ISBN: 8857200590

Pagine: 384

Prezzo: 25 euro

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