06 giugno 2005

Arte in malora?

 
Piccola cronaca/riflessione sulle vicende di Fiumara d’Arte. Al misterico grido di “Io sono il blu”, Fiumara d’Arte fa sentire la sua voce attraverso le parole del suo ideatore Antonio Presti. E’ accaduto a Villa Margi il 22 aprile scorso quando, ai piedi della Finestra sul Mare di Tano Festa, è stata denunciata la mancanza di attenzione delle istituzioni verso il degrado che sta colpendo le sculture…

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Nei giorni successivi la manifestazione ha trovato la momentanea conclusione nella formale denuncia sporta da Presti –accompagnato dalla sempre presente Anita Festa, figlia dello scomparso artista– presso le procure di Palermo e di Mistretta. Ad un mese di distanza facciamo il punto della situazione e proponiamo una piccola riflessione su un evento che è stato l’ultimo di una serie di vicende che superano i confini isolani ed assumono contorni d’interesse artistico, ma anche sociale e giuridico.
Ma facciamo un passo indietro, raccontando che cosa sia Fiumara con esattezza. Fiumara d’Arte non è solo una collezione, ma il sogno di un uomo e un’operazione che ha visto diversi artisti coinvolti nella realizzazione di sculture monumentali nel territorio tra la costa settentrionale della Sicilia e i Monti Nebrodi. Le opere di Antonio Di Palma, Italo Lanfredini, Graziano Marini, Pietro Consagra, Piero Dorazio, Paolo Schiavocampo e di Hidetochi Nagasawa –sotterrata e visibile solo tra 100 anni– sono state commissionate, tra il 1986 e il 1993, proprio da Presti. Un mecenate il cui nome è anche legato al progetto Extraordinario a Catania, all’Atelier sul mare –il suo albergo con 14 stanze d’artista a Tusa– e all’impegno per Librino, il quartiere catanese che tenta di “riqualificare” con una serie di operazioni in bilico tra sociale e artistico, ispirate alla sua sempiterna devozione alla bellezza, e per il quale recentemente ha anche ricevuto un telegramma di complimenti dal Presidente Ciampi.
La vicenda di Fiumara ha, quindi, origini lontane nel tempo e ampi sviluppi, e sebbene chi scrive ritenga assai interessante la vicenda da un punto di vista giuridico, non è questa la sede per analizzare quest’aspetto peraltro complesso e assai confuso.

In ogni caso va ricordato che la storia ha avuto anche un lungo risvolto giudiziario, che ha condotto Presti a subire innumerevoli processi per abusivismo edilizio, accusa dalla quale è stato prosciolto, avendo superato anche il rischio di distruzione delle opere che aveva scelto di donare alla pubblica amministrazione.
In realtà, però, la donazione non si è mai perfezionata non essendogli mai stata formalmente data alcuna risposta positiva. Così, ad oggi, parrebbe che le opere non siano di nessuno.
Se da una parte Presti continua ad averne la proprietà morale –“Fiumara d’Arte di Antonio Presti” indicano i cartelli didascalici vicino alla sculture– ma sostiene di averle donate alle pubbliche istituzioni, dall’altra quest’ultime dimostrano il completo disinteresse per la sorte di Fiumara, in merito alla quale pare giacere da tempo un disegno di legge che in qualche modo dovrebbe far fronte alla questione.
In ogni caso, le opere vanno chiaramente restaurate ed è questo ora il punto. E il disinteresse per il museo diventa noncuranza per il territorio in cui le opere s’inseriscono, dialogando con il contesto per il quale sono state commissionate. Nel corso degli anni, il percorso d’arte è inoltre diventato effettivamente un’attrattiva turistica e culturale che si aggiunge alle bellezze naturalistiche della Sicilia settentrionale, ed anche su questo punta Antonio Presti nel chiedere a viva voce l’intervento pubblico.

Oltretutto la sua operazione su un terreno demaniale –questo è il nodo centrale della questione– si è da subito configurata come un atto politico e di denuncia, facendo chiaramente pensare ad una lotta culturale contro l’abusivismo edilizio di cui è preda l’intera Sicilia.
Oltretutto le sculture danneggiate dal tempo e dall’incuria potrebbero essere rischiose per la pubblica incolumità e la denuncia presentata recentemente da Presti si muove anche in tal senso, ponendosi tanto come strumento di autotutela contro ogni eventuale responsabilità civile e penale per danneggiamenti a cose o lesioni a persone, quanto come ulteriore strumento di “pressione”. Perché il suo omaggio alla bellezza –sempre nelle parole e nei pensieri del mecenate– sia al contempo lotta morale, politica e sociale.

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federica la paglia

[exibart]



3 Commenti

  1. La scorsa estate,a Fiumara,ho raccolto un grosso
    pezzo di cemento bleu,caduto dalla finestra di
    Tano sulla sabbia.Mi piangeva il cuore.Raccolto,fa parte della mia collezione,disponibile per un futuro e auspicabile restauro.

  2. antonio presti è nostro amico…e certo non lo odiamo…quindi a chi continua ad insultare la gente a nome nostro diciamo di non insultare almeno i nostri amici, che ci conoscono e sanno che non lì insulteremo mai senza motivo…

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