30 giugno 2004

exiwebart_focus Hoogerbrugge – Hotel

 
Inquietante come Shining, claustrofobico come Cube. E’ l’ultimo lavoro di Hoogerbrugge, genio dell’animazione in flash. Ambientato in una clinica dove un Dottore effettua strani esperimenti su ignari volontari. E un click svela l’altra faccia della normalità...

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Immaginate una clinica privata, situata in un Hotel, in cui si entra da volontari per sottoporsi a una serie misteriosa di test. Immaginate un Dottore piuttosto sospetto, che fa di tutto per farvi compilare il form d’ingresso, e nel segreto delle sue stanze venera un alter ego altrettanto inquietante che parla una lingua incomprensibile. Immaginate una hall popolata da persone assolutamente normali (prima di dimostrarsi assolutamente folli), con camerieri che servono strane pasticche e un clown completamente nudo che scorreggia e si tira il pisello come più gli aggrada. Immaginate un bar come quello di Shining, loculi claustrofobici come quelli di Cube, un ‘Topolino Boys Meeting’, situazioni surreali e ambientazioni oniriche, e quando l’avrete fatto riuscirete a immaginare, forse, la metà di quanto vi aspetta entrando in Hotel. Anche perchè ci entrate da volontari, e questo significa mettere in conto almeno un incidente d’auto, un incidente aereo e chissà cos’altro.
L’autore di questa lucida allucinazione, insieme spassosa ed inquietante, barocca e minimale, si chiama Han Hoogerbrugge, ed è considerato uno dei maggiori talenti dell’animazione in flash. Olandese, esordisce come pittore e fumettista, per approdare alla rete nel 1996. I suoi lavori, dalle prime gif animate ai complessi filmati interettivi in flash come Spin e Flow, tradiscono da subito una poetica sicura, e un utilizzo maturo del mezzo, sfruttato con sapienza e senza concessioni alle sue lusinghe. Una maturità che gli è valsa alcuni importanti riconoscimenti, e una grande retrospettiva al Cyberart Festival di Bilbao di quest’anno.
Hotel - Han Hoogerbrugge
A fronte dei lavori precedenti, tutti costruiti sulle vicende surreali del suo alter-ego in flash, Hotel segna uno stacco, e un nuovo punto di partenza. Dall’io si passa al noi, dall’atto unico a una narrazione più articolata, ma senza perdere la freschezza di una poetica che coniuga felicemente comicità slapstick e psichedelia anni Settanta, pulp e fantascienza, senso dell’assurdo e metafore di morte, Topolino e David Linch, Matthew Barney e il vecchio Buck.

CINQUE DOMANDE

DQ. Dal 1996 ad oggi, da Neurotica a Spin, il tuo lavoro ha sempre avuto un solo protagonista, il tuo alter ego animato. Hotel ha molti personaggi, e nessuno ti somiglia, ma la vita che descrivi è sempre la stessa – assurda, incerta e nevrotica. Stai entrando forse in una nuova fase del tuo lavoro – dal tutti in uno all’uno in tutti? E che mi dici del Dr. Doglin, il protagonista di Hotel?
HH. Si, in un certo senso si tratta di una nuova fase. Tutti i personaggi di Hotel sono persone reali, amici miei. Sebbene si comportino come me, creandoli ho cercato di mettere in loro qualcosa della personalità delle persone cui si ispirano. Tutto parte dalla mia decisione di chiedere a qualcuno di recitare in Hotel. Cerco di chiederlo a persone che possono rientrare nel mio mondo. Quindi cerchiamo qualcosa su cui lavorare, tentando di capire come possano recitare nel mio mondo conservando qualcosa del loro modo di muoversi, di comportarsi.
Il Dr. Doglin è un tizio che ho incontrato in rete. Mi ha scritto circa 3 anni fa dicendomi che il mio sito gli piaceva. Abbiamo cominciato a scriverci, e 6 mesi dopo ci siamo incontrati. Abbiamo la stessa età (40 anni), e molto in comune. Ci piace la stessa musica, gli stessi film, gli stessi fumetti… Il suo aspetto lo rendeva il modello ideale per il mio Dottore.

DQ. Le avventure del tuo personaggio sono sempre brevissimi corti, che sviluppano una sola situazione. Quali difficoltà hai dovuto superare affrontando una narrazione tanto più complessa?
HH. E’ molto difficile, sopratutto perchè non ho a disposizione molto tempo per raccontare una storia. Cerco sempre di rendere le mie animazioni il più economiche possibile. Come in Nails e in Modern Living, il personaggioè sempre lì, in attesa che il visitatore faccia partire l’azione. Non perdo tempo facendolo passeggiare per la scena, o facendogli fare un movimento inutile. Fa solo quello che deve fare.
In Hotel ho dovuto concentrarmi su poche scene, raccontando la storia con una animazione ridotta al minimo. In ogni sezione di Hotel ho a disposizione solo tre scene per raccontare le avventure del Dr. Doglin e del suo volontario. Ad essere onesto, credo sia quasi impossibile. Capisco benissimo quando la gente mi dice di non aver chiaro quello che sta succedendo.
D’altra parte, credo che questo sia molto bello. Mi piacciono le cose che non capisco io per primo. E’ come con Matthew Barney. Non so spiegati bene il motivo, ma mi sento molto legato a quello che fa. Spero che Hotel somigli un po’ al suo lavoro. Non c’è bisogno di capire tutto per entrarci.

Hotel - Han Hoogerbrugge
DQ. Come si conciliano, nel tuo lavoro, racconto e interattività?

HH. Cerco di fare in modo che si armonizzino. Non voglio che tu abbia la sensazione di dover cliccare o toccare qualcosa per esperire il mio lavoro. Deve essere qualcosa che fai in modo naturale. Deve sembrare una componente del lavoro, non un espediente per avviarlo o concluderlo. L’interazione stessa è una parte vitale del mio lavoro. Ogni click deve darti qualcosa che valga la pena: una piccola sorpresa, qualcosa su cui riflettere o di cui sorridere. Così, se è qualcosa di delicato basta sfiorarlo, se è rude bisogna cliccare, fino a cliccare come un ossesso quando l’animazione è diabolica.

DQ. Sei arrivato alla Rete dalla pittura e dall’installazione: non hai mai nostalgia del cubo bianco?
HH. Scelgo di pubblicare gran parte del mio lavoro in rete perchè è il posto per cui l’ho realizzato. Ciò non significa ce sia l’unica cosa che faccio, o l’unico luogo in cui presento il mio lavoro. Ho esposto in musei e gallerie. Faccio stampe e disegni. Quest’anno ho partecipato a varie mostre, e al presente alcune stampe, disegni e animazioni sono esposti al Centraal Museum di Utrecht come parte della collezione permanente. Ho esposto anche al Musea Tamayo di Mexico City e al Design Museum di Londra.

DQ. Quali artisti, scrittori, fumettisti o registi hanno influenzato maggiormente il tuo lavoro?
HH. Tommy Cooper, Charles Buwkoski, Winsor McKay, Damien Hirst, Matthew Barney, David Lynch, Tarantino, David Bowie, Star Trek Voyager, Chris Ware, e più di tutti Silvia B., la mia compagna e artista lei stessa.

Hotel - Han Hoogerbrugge

COSA NE PENSI…?

Per me, Hotel è un saggio sorprendentemente nuovo di come un racconto possa svilupparsi in un medium interattivo. La vicenda si sviluppa fondendo la storia diun dottore piuttosto sospetto che dirige una clinica privata in un hotel con componenti ludiche, come ambienti navigabili e l’interazione con i personaggi. Il risultato è una storia che non potrebbe essere raccontata con alcuna forma classica di narrazione, e ha cambiato il mio modo di vedere le persone che ciondolano negli atrii degli hotel…” Bruno Felix, produttore di SubmarineChannel.

“Ciao, Domenico. Non hai paura del Dottore? So essere molto crudele, a volte… 😉
Beh, Hotel è un posto fantastico in cui stare – sia dall’interno che come spettatore. Ho un brivido ogni volta che la stanza ‘si costruisce sullo schermo’. Gran parte dell’effetto deriva dal modo in cui Han usa il suono. Adoro anche il fumetto: il modo in cui Han mi ha rispecchiato, nel terzo episodio, è arte pura. E poi, odio quelle orecchie da Topolino! ;-)”. Dr. Doglin /Koen Huybreghts, protagonista di Hotel e direttore di Preconstruction.

“Flash è solo un mezzo, così come un pennello o una macchina fotografica, il suo utilizzo di per se non esprime nulla se non, forse, una generica tecnofilia. Il quadro cambia quando quello stesso strumento è utilizzato da un mago come Han Hoogerbrugge, ecco allora che d’incanto ci troviamo immersi in visioni surreali che non vorremmo più finissero.
Hotel mi fa pensare ad uno di quei fumetti psicadelici che impazzavano negli anni 60-70, se ne differenzia per lo stile (il vettoriale e le tinte piatte) che è invece caratteristico del Web degli ultimi anni. Quando esce il prossimo capitolo?” Vito Campanelli, topics editor di Boiler, pubblicista free lance e ideatore di The Net Observer.

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rubrica a cura di domenico quaranta

[exibart]

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