19 luglio 2004

Art Basel 35. Il libero mercato dell’arte in festa

 

di nicola davide angerame

Ad Art Basel l’arte mostra il suo anelito libertario. La proliferazione dei linguaggi sposa il liberismo del gusto e dei capitali. Gli ottimisti inneggiano alla proliferazione postmoderna, i pessimisti denunciano la schiavitù dell’arte sotto l’economia. E dall’altro lato fa capolino Liste…

di

E’ un’opera ludica, quella di Teresa Margolles: due cascate di bolle di sapone prodotte macchinosamente da dispositivi in cima ai piloni del padiglione di Art Unlimited. I bambini ci si tuffano dentro e gli adulti le sfruttano per delle foto ricordo. Quasi nessuno legge come l’acqua delle bolle provenga dai lavacri obitoriali dei cadaveri di Città del Messico. L’artista messicana che ha prodotto questa trappola concettuale, in cui il tabù del contatto è superato attraverso una macabra metafora aggiornata all’epoca della riproducibilità tecnica delle illusioni, dice che continuerà a lavorare in questo modo fino a che “esisteranno la depravazione, la povertà, la corruzione e gli omicidi impuniti”.
L’arte in questa 35esima edizione di Art Basel funziona un po’ tutta così, poiché la più sontuosa fiera del mondo, con le sue 280 gallerie, 1500 artisti e 50.000 visitatori, è un tranello, uno sviamento collettivo. Dietro l’epidermide luccicante di forme e colori si celano tettonici smottamenti di denaro: fino a un miliardo di euro, il valore totale delle opere ospitate. Qui le più importanti gallerie del mondo accolgono i più ricchi collezionisti, che vengono a fagocitare dipinti di Picasso, Mirò, Kandinskij o Klee, un enorme trittico di Francis Bacon o le sculture di Giacometti, Moore e Calder.
Questo magma scintillante, attraversato da bramosie e sete di proprietà in-appagate, è la quintessenza del “liberismo culturale”, slegato dalla cogente sistemazione storico-critica di musei e storici. Dopo le consuete critiche, più o meno obiettive, alle grandi mostre, come l’ultima Biennale, e più in generale alle scelte dei critici-curatori, Art Basel -dove la verità dell’arte la fa il soldo– offre la quintessenza dell’oasi dorata in cui ognuno può seguire i suoi desideri, vagando in un labirinto personale fai-da-te e costruendo il proprio museo immaginario, al di là di sovrimposte categorizzazioni stilistico-cronologiche.
Erwin Wurm, Fat House, 2003, Courtesy Galerie Krinzinger photo credit art basel
Ad Art Basel impera la facoltà del gusto, quello intimo e personale, con qualche influenza glamour, slegato dagli obblighi imposti dai mandarini della Cultura: in questo mare magnum disorientante di nome “mercato dell’arte”, i curatori vengono a scegliere gli artisti delle prossime grandi personali e delle future Biennali, ormai a decine in tutto il mondo, alcune frasi di Andy Warhol trovano la propria ineccepibile sensatezza: come quella che dice “fare soldi è la vera arte”. Qui il gallerista diviene l’“artista” di riferimento per l’azienda di artisti che rappresenta. Qui i notabili del collezionismo italiano seguono i galleristi nostrani più alla moda: da Massimo De Carlo, quello del Maurizio-Cattelan-dei-bambini-appesi-a-Milano a Franco Noero, la promessa torinese; dalla Continua di San Giminiano, che porta un enorme Chen Zhen, ad Artiaco di Napoli, La Città di Verona, Persano di Torino o Minini di Brescia.
Qui chi è rimasto fuori, viene a carpire segreti ed instaurare legami per gli anni a venire, scrutando con malcelata invidia la messe fruttuosa sulla quale i pochi selezionati (280 su 850) possono contare. Per quanto costosa sia, la fiera di Basilea è sempre un affare. Basterebbe chiedere ai miliardari YBA -gli artisti lanciati dal genio pubblicitario di Mr. Saatchi (presentati da White Cube e Lisson)- o ai galleristi newyorkesi, quelli che fanno il mercato, come Sperone, Sonnabend, Goodman, Gladstone, Gagosian o Marlborough. Da Basilea la crisi economica appare lontana, Andy Warhol è il più venduto. Per una delle sue quasi inedite “polveri di stelle” si spendono 700mila dollari, più o meno la cifra che occorre per un piccolo Morandi o per un grande arazzo di Alighiero Boetti, molto presente insieme a Mario Merz e Piero Manzoni.
Chen Zen, Même Lit, Rêves Différents, 1999 Courtesy Galleria Continua, San Gimignano photo credit art basel
A dare un tocco decisamente pittoresco a questa pomposa fiera, sponsorizzata da Bulgari e invasa da star del sistema dell’arte, lo offre Liste 04, la contro-fiera che da tre anni ospita negli spazi di una vecchia fabbrica di birra una selezione internazionale di giovani gallerie. Prezzi bassi e artisti sconosciuti, linguaggi poveri e dinoccolati, evasivi o zen: è la presa in diretta della propria contemporaneità che avviene con moltitudini di acquerelli e matite su carta, con una pittura sempre più “cattiva” che fa il paio con l’aspetto minimal e poverista di sculture e installazioni. Liste 04, offre un piccolo esempio dello stato di “crisi” visiva (di intensa e disordinata vitalità priva di punti di approdo e linee direttrici) in cui l’Occidente versa da decenni, perso dentro una proliferazione disordinata di immagini, concetti, trovate, guizzi e lazzi sempre più privi di termini di confronto e parametri valutativi. I piaceri sensuali della forma, bella o sensata, sono preclusi a favore di una manifestazione sempre più eversiva delle turbolenze allucinate dei giovani spiriti. Risposta adeguata alla confusione di una civiltà video-dipendente, dove l’immagine ha subito una forte svalutazione alla quale il giovane artista reagisce con divagazioni sgrammaticate, frutto di logiche e linguaggi personali sempre più estenuati e avulsi, specchio di un disagio condiviso: un dolce naufragare verso derive di un immaginario singolare/plurale post-post-moderno.

nicola davide angerame

[exibart]


13 Commenti

  1. Caro autore, che si crede autorevolissimo, liste non è una contro fiera ed esiste da ben 9 anni. Ma ci sei mai stato? Una controfiera?
    é praticamente un vivaio di giovani gallerie da tutto il mondo e solo uno sguardo superficiale come il tuo può portare a dire delle castronerire infarcite di un linguaggio volutamente critichese che sopperisce alla mancanza intellettuale e critica.
    Ma leggiti un po di lucidi ed intelligenti articoli che in questi anni sono stati pubblicati su Exibart per capirci di arte e di mercato… e gira il mondo!

  2. Vorrei far notare allo scrivente che la fiera LISTE a Basilea non si tiene da tre anni, bensì da quasi dieci, la edizione prima si ebbe nel 1996; la mia galleria (la 404) già son due anni che vi partecipa.

  3. L’articolo è pessimo. mi dispiace dilo così di brutto ma mi pare incontrovertibile.
    Può darsi che Angerame un giorno diventi più bravo di Celant, ma fino a quel giorno invito il direttore Tonelli a tenerlo a bada.

  4. liste non è una controfiera ma l’anticamera della fiera stessa. questo per quanto riguarda la prima castroneria che hai detto, il resto dell’articolo poi dovrebbe assicurarti una rendita a vita per tutti i posteriori che hai leccato con tanta dovizia. mi domando come i curatori possano scegliere gli artisti per le Biennali in questo contesto dal momento che non si è vista una nuova proposta che fosse una…ah già Warhol…

  5. Caro Nicola Davide, il massacro si e’ compiuto (vedi anche tua recensione di Riparte Genova) ora puoi goderti le vacanze. Ripigliati un po’, ti ci vuole.

  6. Viste le castronerie che sono state scritte su liste, come già sottolineato in precedenti commenti, è meglio dare un’occhiata al sito http://www.liste.ch, per farsene un’idea precisa. E’ una gran bella fiera, cosa che dall’articolo non si evince, e quindi complimenti anche ad Annarumma per la partecipazione. Ciao.

  7. ma exibart come li sceglie chi scrive?
    Non è la prima e neppure la seconda volta che ho la sensazione che vedano mostre e fiere “per telefono”…

  8. A volte c’è da restare attoniti nel leggere certi “articoli”…
    Meno male che con i commenti abbiamo la possibilità di puntare il dito sulle tante inesattezze, e peccato che su exibartonpaper invece l’articolo farà bella mostra di sè come fosse oro colato…
    Speriamo che Angerame si prenda una vacanza lunga, ma moooolto lunga…

  9. Caro Singolar, questo è proprio il problema (se di problema si tratta) dei giornalisti di Exibart on line. Magari potessimo commentare anche gli articoli di Flash Art, Tema Celeste, Arte Mondadori e compagnia!! Sarebbe grandioso e invece lì sì che vengono presi purtroppo come oro colato! Va bene ai vari Politi, Beatrice, Sciaccaluga & soci! Tonelli ha fatto una scelta molto più coraggiosa e con lui i suoi collaboratori (e non mi ha pagato per affermarlo, non sa manco chi sono!). Ciao

  10. caro singolar il problema è proprio questo, che se i commenti non servono ad aggiustare il tiro sono proprio inutili

  11. Ma la promessa torinese Franco Noero non è l’ex direttore della Galleria Confini di Cuneo? poi emigrato a Roma come assistente di Sperone? rientrato a torino e stanamente approdato ad Art Basel e nel comitato scientifico prima di Miart( che non pare vada molto bene) ed ora di Artissima?
    Ce da chiedersi:
    chi è costui?
    chi rappresenta?
    forse Sperone?
    Così vanno le cose del mondo.
    Dalle stalle alle stelle!!!!!

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