15 maggio 2006

fino al 23.V.2006 Matteo Basilè – No man’s land Genova, Guidi&Schoen

 
Uno dei protagonisti della giovane scena italiana. Incubi grotteschi generati negli spazi rarefatti dell’ibridazione digitale. Visioni sintetiche. Troppo nitide e sofisticate per appartenere al sogno…

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Se vogliamo individuare dei topos nella storia dell’arte, il ritratto è certamente uno di questi, costante nucleo d’indagine nei confronti della natura umana, del sé e dell’altro. Accostandosi ai lavori di Matteo Basilè (Roma, 1974) salta subito agli occhi come egli reinterpreti il genere, agganciandosi con risolutezza agli aspetti più marcati del panorama mediatico contemporaneo. L’intervento digitale trasuda prepotentemente dalla superficie dell’immagine fotografica, come una patina che congela i soggetti, li fissa in uno spazio che è solo virtuale e li riveste di tonalità fredde. E se storicamente, nel ritratto, si è sempre cercato di ricavare non solo il simulacro di un individuo, ma anche di farne affiorare la vita e l’anima, in questo caso ci troviamo invece di fronte a personaggi esangui, icone tanto intense quanto esistenzialmente opache, isolate e prive di contesto, sfumate nella sublimazione di una regione sconosciuta: una società delle immagini che si configura come una sorta di mondo parallelo, un’interfaccia tra sistemi percettivi e cognitivi, tra sorgente e ricettore. A segnalare ulteriormente questo scarto, giocando sul diverso grado di trasparenza e sul contrasto e l’improvvisa esplosione di colori accessi, s’interpongono forme irregolari e astratte che includono una porzione di figura, forse la zona di maggior concentrazione drammatica e di energia, un ipotetico cuore tecnologico funzionante come una firma sull’anatomia compositiva.
Basilè indaga l’uomo disumanizzandolo, sperimenta sui linguaggi visivi ibridandoli, e facendo questo sopraggiunge in quella terra di nessuno (No man’s land è il titolo della mostra) dove il tanto abusato termine “contaminazione” trova forse un utilizzo appropriato, ad indicare quanto la natura, affetta dalla manipolazione digitale, muti la propria essenza.
La commistione non riguarda Matteo Basilè, If you had to look down from heaven all the time solo i codici linguistici e culturali, ma anche i soggetti rappresentati: dalla bellezza più eterea all’evidenza di corpi mostruosamente adiposi, passando per un trittico che cita esplicitamente Francis Bacon, fino all’indecidibilità di una mostruosità quasi circense, né uomo né donna, né vecchia né giovane, forse prostituta, e cicciona (The dream), vera e propria icona dell’ambiguità. Anche quando il protagonista è un uomo –anch’egli dalle forme inverosimilmente abbondanti- semicoperto da un burka, il fulcro della ricerca è sempre, per l’artista, una riflessione sullo statuto delle immagini, e sul loro ruolo nella società.
L’asettica perfezione formale e l’approccio estetizzante, sembrano essere intenzionalmente incrinati dalla presenza di sottili crepature in superficie, o da una piccola mosca posata sul candore dell’epidermide, che tuttavia finiscono per rivelare ancor di più l’artificiosità dell’insieme. L’innegabile forza attrattiva di tali eccentrici personaggi, la poesia e la bellezza dei volti e degli sguardi delle giovani donne, si manifestano quindi come vittime di una metamorfosi che esalta il valore dell’inautenticità. E dell’invenzione.

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Matteo Basilè – No man’s land
a cura di Luca Beatrice
Guidi&Schoen, Vico Casana 31 – Genova (centro storico)
Orario: dal lunedì pomeriggio al sabato: 9.30-12.39 / 16.00-19.30
Ingresso libero – tel. 010 2530557
info@guidieschoen.comwww.guidieschoen.com  
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