20 luglio 2007

PAESAGGIO: CORPO ED ENERGIA NOMADICA

 
La città architettonica, propriamente intesa, sta lasciando spazio ad una città genetica fatta da flussi di vario genere. Questa tendenza influisce sul paesaggio e su come quest’ultimo viene percepito. La reazione degli artisti? Eccola…

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Abbiamo l’abitudine a considerare il paesaggio come altro da noi. Uno spazio vuoto da strutturare, un involucro da riempire di contenuti e cose. Calati in questa visione ci sfugge una realtà lapalissiana: il paesaggio è un organismo vitale di cui possiamo percepire il respiro. E questo suo respiro affannoso si sta facendo sentire attraverso un clima impazzito che ricorda l’alba di un brutto giorno.
Per anni si è guardato al paesaggio come ad una struttura d’identità intercambiabili determinate da necessità economiche, politiche e sociali. Il paesaggio è invece corpo, la cui anima spesso si svela attraverso le ferite che le infliggiamo. Ne sa qualcosa l’artista Hamish Fulton, soprannominato walking artist, perché in anni di sfrenato boom economico scelse la strada non comoda di un’arte a contatto con la vita del paesaggio. Memorabili sono i suoi viaggi a piedi dalla lunghezza spropositata e dalla durata estenuante attraverso l’Europa, l’America e l’Asia alla ricerca di una fusione totalizzante tra i due corpi dell’artista e dell’ambiente.
Terrains vagues, non-luoghi, megalopoli, slum city, la città parla dell’uomo contemporaneo oggi più che mai. Di fronte ai grossi flussi migratori che ridisegnano la geografia e la cultura del mondo, alla smaterializzazione dello spazio e l’accelerazione del tempo, alla globalizzazione del web, la città architettonica sta lasciando il posto ad una città genetica fatta di flussi di persone e merci, di comportamenti e informazioni. Oggi la qualità della città è data dallo spazio umano, relazionale, da geografie più emozionali che architettoniche.
Andrea Caretto e Raffaella Spagna - ESCULENTA Lazzaro – azione di rivitalizzazione di organismi vegetali coltivati
Urbanisti e architetti se ne stanno accorgendo e c’è chi sta ripensando il proprio lavoro. Ma l’arte va oltre con forme nuove di “urbanizzazione creativa” al confine tra l’opera d’arte e l’azione sociale. È il caso degli interventi di Lara Almarcegui, la quale perlustra e occupa con performance, progetti fotografici e azioni pubbliche quegli spazi urbani periferici momentaneamente abbandonati allo scopo di riattivarne le potenzialità sia spaziali che sociali. Per la rassegna norvegese Momentum del 2006, la giovane artista spagnola ha chiesto di occupare nella periferia di Moss (Norvegia) una lingua di terra compresa tra una fabbrica e un fiordo destinandola per un anno ad area verde protetta (A Wasteland in Moss).
L’artista slovena Marjetica Potrc, di formazione architetto, è impegnata da anni ad esplorare l’espansione urbana contemporanea in diverse aree del mondo (soprattutto Africa e Sud America), focalizzando l’attenzione sulla crisi ecologica, sull’esplosione demografica, sull’incremento della povertà. Recentemente il suo lavoro è concentrato sulla tematica dell’agricoltura urbana allo scopo di attivare anche nelle metropoli un’arte relazionale tra uomo e natura.
Unico nel suo genere è il progetto olandese Beyond di qualificazione architettonica e sociale urbana grazie all’intervento artistico. Dal 2003 un team di curatori invitano artisti e architetti a realizzare insieme luoghi pubblici d’incontro (bar, giochi, piste di skate-board, ristoranti all’aperto) e spazi culturali (cinema, teatro, residenze per artisti) che sopperiscano temporaneamente alla mancanza di servizi sociali in un quartiere di nuova costruzione alla periferia di Utrecht. Al progetto hanno partecipato, con grande successo di pubblico, artisti del calibro di Vito Acconci, Dominique Gonzales-Foerster, Tomas Saraceno, Wolfgang Winter & Berthold Hoerbelt.
Due sono gli esempi italiani particolarmente significativi: il laboratorio Stalker/Osservatorio Nomade e la loro azione di riscoperta e valorizzazione di aree urbane degradate o di comunità confinate (i progetti sulle comunità nomadi a Roma, sul complesso urbano Corviale sempre a Roma, e recentemente il progetto Barilonga di ripensamento di un tratto di costa barese); e sul versante uomo-ambiente-natura, il duo Andrea Caretto & Raffaella Spagna che da anni praticano una ricerca di valorizzazione delle biodiversità, soprattutto alimentari (i progetti Esculenta Lazzaro, Sativa – 1.Cerealia) con interventi site-specific, laboratori, azioni collettive.
Questi lavori artistici, ed altri, portano all’attenzione pubblica una realtà ancora in parte sommersa: che la metropoli “liquida” di oggi – la città dei flussi di persone, di relazioni, d’informazioni – sfugge alla razionalizzazione architettonica, al controllo sociale, all’istituzione di confini, e consente invece quella fluidità di movimento, di continue trasformazioni necessarie per vivere oggi.
Stalker, Immaginare Corviale - Roma 2004 - foto Armin Linke
Non solo, questa nuova città genetica riflette una tensione in atto nell’uomo contemporaneo, il ritorno ad un nomadismo spaziale e culturale che unisce la sua anima atavica (aperta al contatto con il mondo) e la sua nuova anima tecnologica che viaggia con la rete. Allora il paesaggio si trasformerà in un luogo tanto fisico quanto virtuale dato dall’energia nomadica delle persone e dai processi della vita.

marinella paderni

[exibart]

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