15 novembre 2007

fiere_resoconti ArtVerona07

 
La fiera delle gallerie italiane di qualità. Non sembra un semplice slogan quello pensato dalla direzione della fiera che, dopo una caotica seconda edizione, è riuscita ad attrarre operatori di spessore e a voltare pagina. Grazie proprio a un minuzioso e concreto lavoro con i galleristi. Senza giocare a fare gli internazionali a tutti i costi...

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Pare quasi scontato parlare d’identità per le fiere. Ciascuna ha il proprio mix di ingredienti preparati da un cuoco più o meno dotato in base all’esperienza, alla cultura, alle possibilità. E si sa, spesso il risultato finale non dipende dalla sola qualità degli ingredienti né tanto meno esclusivamente dall’abilità di chi lavora ai fornelli. Talvolta conta la fortuna, tal altra la capacità di imparare anche dai propri errori o da quelli dei colleghi. ArtVerona sembra averlo capito a tal punto che praticamente nessuno degli errori della seconda edizione è stato nuovamente commesso. Il percorso è agevole, la suddivisione nei due padiglioni è cartesiana: da una parte le gallerie che non rinunciano a una linea propria nel contemporaneo, dall’altra quelle che più hanno investito nel mercato delle opere moderne e degli artisti storicizzati. È stata fatta una decisa selezione tra le gallerie -che ci auspichiamo ancor più rigorosa in futuro per il settore d’arte moderna- e si sono creati eventi e mostre a contorno di tutto rilievo, dal premio Icona a quello assegnato da Banca Aletti, dalla mostra di Le stanze della fotografia alla presentazione dell’indagine Nomisma sul mercato dei beni artistici.
Se a una prima impressione la formula “gallerie italiane” potrebbe far arricciare il naso a chi ormai sente il mondo come l’unica possibile arena competitiva, c’è da dire che nel nostro Paese la partecipazione alle fiere delle gallerie straniere ha sempre avuto un ruolo marginale, sia perché gli italiani preferiscono comprare a Londra, Basilea o Parigi i pezzi che pure troverebbero qui, e poi perché sempre più spesso le gallerie estere sono invitate (molte volte gratuitamente) alle fiere solo per dare quell’immagine di internescional che tanto piace ai provinciali collezionisti del Belpaese, sulle spalle di quei galleristi che per gli stessi stand pagano profumatamente. Quindi ben venga la formula, assolutamente all’insegna della realpolitik, di gallerie italiane. E si continui invece a lavorare sulla selezione, che può evidentemente diventare punto di forza qualificante.
Enrico Baj - Recoaro - 1967 - tecnica mista - courtesy 2000&Novecento
Il ruolo di ArtVerona potrebbe essere nel panorama italiano quello della fiera che non sia la tendenza a tutti i costi ma che, tralasciando il caso di Artissima vitaminizzata da ingenti capitali pubblici, sia un compromesso tra le proposte di ricerca -che sembrano attrarre sempre più anche la piazza di Bologna- e quelle del mercato storico di qualità, le cui gallerie non hanno più un punto di riferimento certo. Una sfida ambiziosa, ma che probabilmente potrebbe essere vinta anche evitando sovrapposizioni internazionali, com’è capitato quest’anno con Parigi, e sfidando a duello il MiArt (anticipando la collocazione temporale in primavera). Probabilmente, operando in questo senso, la pur crescente ma ancora non grande massa di visitatori e di collezionisti potrebbe incrementare, in una città in cui è già di per sé ricco il turismo culturale. Né l’ambizione né la professionalità mancano agli organizzatori.

ARTE MODERNA E STORICIZZATA
Entrambi i padiglioni come sono ampi e gli stand curati e ordinati. Gli stand hanno la classica disposizione a isole collocate ortogonalmente e l’illuminazione delle opere è stata ben curata grazie a faretti orientabili (da più di qualche gallerista abbiamo sentito un apprezzamento per la cura degli allestimenti e della logistica). Lo spazio antistante gli stand è occupato da opere di grandi dimensioni, collocate dalle gallerie di testa, mentre una sottosezione è dedicata alle gallerie che trattano grafica e multipli. Il livello medio è abbastanza buono, anche se talvolta vi sono delle cadute di livello, spesso anche tra gallerie blasonate. Buona la varietà della proposta.
Karel Appel - Dance in white space - 1959 - olio su tela - courtesy Galleria Tega
Tra il il bel Baj esposto da Blu e i disegni su A4 di Nara de Il cerchio, è lo stand leviatanico del veneziano Contini a farsi notare, tanto per un bel Schnabel di grandi dimensioni quando per la personale di Fabrizio Plessi, museale soprattuto nel costo. Il Fontana su fondo oro proposto da Tornabuoni è invece proprio da museo, così come il chiassoso Capogrossi nero-arancio appeso allo stand del romano Volos, con un prezzo assai impegnativo. Una Collezione di Bergamo occupa una parete con le delicate erbe di Penone, mentre Il Bulino ha un kitschissimo tappeto di Dorazio sul quale viene voglia di camminare a piedi scalzi. Intenso e con una cornice importante il Vasarely degli anni ‘60 proposto da Mazzoleni, mentre al Mappamondo va il premio per la più brutta cornice con cui è in mostra un tardo Chagall. Tega ha alcuni Christo -tra cui spicca l’impacchettamento del Reichstag- e un Appel letteralmente favoloso, così come il Paesaggio urbano di Sironi del ’26 proposto da Cirulli di New York. Gli americani Tony Oursler e Dennis Oppenheim (photocollage degli anni ‘70) sono protagonisti dello stand di Montrasio, mentre Vecchiato punta su un assolo di Rabarama, ma la sensazione è quella della produzione mass market. Una chicca invece sono il Ben Vautier proposto da Fidesarte di Venezia e il collage di Gilbert & George proposto dalla bolognese Arte e Arte.
Botto e Bruno - My way home - 2005 - courtesy Alberto Peola
ARTE CONTEMPORANEA

Il padiglione dedicato alle gallerie di ricerca ha la medesima struttura. Mancano molti dei nomi di pregio ma si segnala la presenza di fotografia di qualità, non solo grazie alle gallerie specializzate, il che potrebbe suggerire agli organizzatori perfino l’azzardo di specializzare la fiera in questo settore. Il padiglione ospita anche la mostra Le stanze della fotografia, che si presenta come una vera e propria riflessione -con un taglio per certi aspetti didattico- a partire dalla collezione di Fabio Castelli che annovera, tra i tanti nomi, Atget, Weston, Ghirri, Giacomelli o i più contemporanei Sherman, Tillmans e Lorca di Corcia. Le opere selezionate per la mostra sono di valore e sono state esposte una accanto all’altra, riproponendo l’atmosfera informale di una collezione che occupa le pareti casalinghe.
Il giro per gli stand ci porta alla galleria Amedeo Porro che presenta proprio fotografia, tra cui si segnalano i raffinati scatti dei modelli in gesso delle statue di Canova di Tim Lehmacher, che fanno il paio con la foto concettuale di Andrea Galvani della Otto Gallery. Molto arioso lo stand di Boxart con i Gao Brothers in grande evidenza, tanto nella fotografia che con la scultura gigante di Mao, ma di sicuro i modaioli facoltosi preferiscono farsi sedurre dalla Kate Moss di Marc Queen, con gambe in posizione da contorsionista proposta da Byblos a quota oltre 300mila.
Marc Queen - Laocoon Kate - 2006 - bronzo - courtesy Byblos Art Gallery
Trattano solo fotografia sia la giovane Jarach, con interessanti lavori di Teodoro Lupo e Primoz Bizjak, che la già consolidata BrancoliniGrimaldi, dove oltre a Olivo Barbieri spiccano gli scatti a colore di Steven Klein. Cà di Fra’ insiste con Araki forse ormai da troppo tempo, ma evidentemente sia i multipli che le polaroid del giapponese (bella la parete con la lenzuolata esposta simmetricamente) si vendono come il pane, mentre fanno sorridere i gomitoli con occhietti di Alex Pinna presentati da SanSalvatore. Gianferrari, accanto a un ritratto di Elke Krystufek, mostra un Balla museale. Dedica molte pareti alla fotografia lo Studio La Città, con Basilico, Kaoru, anche se l’opera più intensa è di un ispirato Melotti degli anni ‘70. Sbeffeggiano Guernica i Saccardi esposti da Colombo mentre è troppo serioso lo stand chiuso di Cardazzo, esclusivamente dedicato a Mariko Isozaki. Interessante il lavoro storico della Varisco presentato da Fioretto di Padova, i Basilè di Buonanno, mentre Astuni fornisce un orrido e inspiegabilmente attraente lavandino di muscoli con un moscio pene-rubinetto di Racheli. I colori surreali di Fulvio Dipiazza da Bonelli sono tra la pittura più interessante della fiera, distanti anni luce tanto dalle grigie visioni metropolitane di Botto e Bruno che gli scatti rarefatti di Marco Campanini presentati da Peola. Lipanjepuntin, che espone pure un enorme cavallo gonfiabile di Guatti che non passa inosservato, fa uno stand tono su tono alternando pittura e foto, con la serie di scatti della performance romana di Zhang Huan.
Zhang Huan - My Rome - serie di 5 foto b/n - courtesy Lipanjepuntin Artecontemporanea
Cinesissimo lo stand di Cinquetti di Verona, con un bel lavoro di Huang Yan realizzato con ideogrammi colorati su sfondo nero, mentre è molto raffinato il calembour prospettico di Igor Eskinja fatto con il nastro adesivo, in mostra da Deanesi. De Faveri investe sulla coppia Andersen-Rainer mentre Gas non perde l’occasione per esporre i marmorei copertoni di Fabio Viale. Il Chia di Bagnai è importante, sia per la qualità che per l’anno di esecuzione, variabile non trascurabile per i transavanguardini. Inedito il collage di Joffe presentato da L’Ariete e infine un’opera notevole e impossibile: un superbo autoritratto dipinto da de Chirico nel 1924 esposto da Lo Scudo. Valore di mercato alle stelle, ma i galleristi ci hanno assicurato di non aver alcuna intenzione di cederlo.

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daniele capra
fiera visitata il 18-19 ottobre 2007


dal 18 al 22 ottobre 2007
ArtVerona 2007
Direzione artistica: Massimo Simonetti
Viale del Lavoro (quartiere fieristico – padiglioni 6 e 7) – 37135 Verona
Ingresso: intero € 15; ridotto € 5; abbonamento € 20
Catalogo gratuito
Info: tel. +39 0458039204; fax +39 0458015004; staff@artverona.it; www.artverona.it

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