16 settembre 2008

arteatro_performance MK Bologna, Danza Urbana

 
Le cose sono pericolosamente cariche di disequilibrio. Costruire e danzare: le azioni più strutturate ed ergonomiche cercano un punto di rottura che coincida con uno spazio aperto. E lo trovano a partire da ambienti domestici...

di

Uno spettacolo geografico. Così MK, nota formazione indipendente e autodidatta della danza contemporanea, ha definito il suo ultimo lavoro dal titolo Comfort, che a fine agosto ha aperto Danza Urbana, festival bolognese giunto alla dodicesima edizione e che investiga il rapporto tra coreografia e architettura, danza e paesaggio urbano.
I quattro performer riscrivono lo spazio attraverso la danza e il sonoro, alla ricerca di luoghi in cui sia possibile abitare. Comfort, dunque, rimanda a un senso di familiarità, a un luogo addomesticato e riconoscibile. L’azione si svolge su due spazi, fondale e scena, che tracciano rispettivamente la dialettica tra ambiente domestico e ambiente esterno; sentirsi a casa, sentirsi fuori luogo: una dialettica continuamente reversibile. Sul fondale, dove un tavolo, una specie di tenda, un letto ribaltato e numerosi pannelli creano un ambiente domestico asettico e precario, Michele Di Stefano, fondatore e coreografo del gruppo, è impegnato in un lento e inesorabile trasloco. Sulla scena dell’Aperto, delimitata da un rettangolo nero, entrano ed escono tre danzatori. Cristina Rizzo esplora lo spazio attraverso un alfabeto gestuale che di volta in volta si combina differentemente, una sorta di fraseggio insieme puntuale e squinternato. Biagio Caravano e Philip Barbut si muovono in coppia, quasi a specchio, e i loro movimenti sembrano essere guidati, o meglio schiacciati da una mano invisibile.
Talora i tre corpi formano un trio, ma la relazione è sempre illusoria; invece di incontrarsi si schivano. Gli appuntamenti sono mancati, la prossimità si sfalda, i gesti si rivolgono all’esterno e si perdono. MK - Comfort - allestimento al Festival Danza Urbana, Bologna 2008 - photo Diego Pirillo/ImagoartsLo stesso accade ai fischi dei tre danzatori e alla perfomance sonora di Michele, un brano degli Underworld che si trasforma in ululato, un richiamo disperato che si perde nel buio della scena. Insomma, gesti e voce non riescono ad avere una presa sul reale. La permanenza è provvisoria e l’unica forma di condivisione è il crollo.
Crollano i tentativi di casa che Michele mette in piedi e lo costringono a traslocare. Addirittura, nelle versioni dello spettacolo precedenti a Bologna, crollano i “mobili” della “casa” perché sorretti da zollette di zucchero bagnate. E nel crollo, accompagnato dalla macchina del fumo, i mobili sembrano improvvisamente tanti condomini a cui cedono le fondamenta e la sensazione è quella di un enorme ground zero. Anche i danzatori cercano di ritagliare nello spazio un luogo confortevole, che sia appunto agio e consolazione rispetto allo spaesamento dell’Aperto. Si pensi alla cuccia-sasso in cui si trasforma per un attimo il corpo di Rizzo avvolto da una coperta, o ancora dai corpi di Caravano e Barbut che, sempre avvolti da coperte, sembrano statue che pregano o piuttosto cactus nel deserto. Tuttavia, la quiete è momentanea e le figure si disfano non appena raggiungono l’equilibrio.
La ricerca del luogo, la perlustrazione senza tregua è una ricerca di appartenenza, di identità. Ma l’appartenenza e l’identità vengono negate. Rimangono disseminate nello spazio, come macerie: elementi di folklore. La musica cretese inserita nel tappeto sonoro creato da Di Stefano, il sirtaki interpretato dal duo Caravano-Barbut, la danza curda di un rifugiato politico. Purtroppo, quest’ultima non compare nella versione bolognese di Comfort ed è un vero peccato, perché più ancora degli altri elementi rimarca il carattere politico dello spettacolo, che non a caso è nato dopo una residenza di MK presso il centro romano di accoglienza Enea per rifugiati e richiedenti asilo.
MK - Comfort - allestimento al Festival Danza Urbana, Bologna 2008 - photo Emanuele Bastoni/Imagoarts
È evidente, infatti, come questa commistione di elementi vada a costruire un’identità nomade, in cui codici e tradizioni vengono rimescolati, non senza ironia. Basti pensare alla coppia Caravano-Barbut che, mentre interpreta la danza greca, ricorda allo stesso tempo il tip-tap di Ginger e Fred e i rompicapo di Dammelo e Dimmelo, i gemelli che l’Alice di Carroll incontra in Al di là dello specchio.
La via percorsa da MK è un’esplorazione archeologica dei luoghi che disegna un’inquieta geografia dei poteri, in cui l’appartenenza non è mai data. Più che geografico, Comfort può definirsi uno spettacolo geopolitico.

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lisa bentini
spettacolo visto il 30 agosto 2008

arteatro è una rubrica a cura di piersandra di matteo


dal 30 agosto al 13 settembre 2008
Danza Urbana 2008 – Festival Internazionale di danza nei paesaggi urbani
Associazione Culturale Danza Urbana
Via Castiglione, 73 – 40124 Bologna
Info: tel. +39 0516440879; fax +39 0513370264; info@danzaurbana.it; www.danzaurbana.it

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