15 settembre 2009

Dopo Istanbul, anche la Biennale di Lione è “italian free”

 

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68996Tutto si è svolto con tempi ristrettissimi, se si considera che il curatore Hou Hanru ha ricevuto l’incarico solo ai primi di marzo, dopo l’improvvisa defezione di Catherine David. Eppure la Biennale di Lione è pronta ai blocchi per la sua decima edizione, che terrà banco fino ai primi giorni del 2010.
The Spectacle of the Everyday è il titolo proposto da Hanru, organizzato su cinque diversi capitoli: la Magie des choses, l’Eloge de la dérive, un Autre monde est possible, Vivons ensemble e Veduta. Ad interpretarli una nutrita pattuglia di campioni internazionali, fra i quali spicca – era accaduto anche alla recente Biennale di Istanbul – la desolante assenza di italiani. Presenti fra gli altri Adel Abdesemed, Maria Thereza Alves, Jimmie Durham, Shilpa Gupta, Michael Lin, Barry McGee, Katerina Seda, Sarah Sze, Agnès Varda e, parzialissima consolazione, due quasi-italiani come Pedro Cabrita Reis e Adrian Paci.
A risollevare il morale italico ci pensano Botto e Bruno e Laurina Paperina, presenti – in contemporanea alla Biennale – all’importante rassegna rendez-vous 09, presso l’Institut d’art contemporain di Villeurbanne. Creato nel 2002 e basato nella regione del Rhône-Alpes, l’evento è dedicato quest’anno alla giovane creatività, come una sorta di “project room” della rassegna lionese.






Dal 16 settembre 2009 al 3 gennaio 2010
Sedi varie – Lione
Web:
www.biennaledelyon.com

[exibart]

10 Commenti

  1. Troppo impegnati a farci la guerra in casa, questi sono gli ovvi risultati oltre confine.

    Per fortuna che Botto e Bruno e Laurina Paperina rimetteranno le cose a posto… mi vengono i brividi.

  2. Dopo istambul, lione e l’evidenza dei fatti, mi sembra chiaro che il sistema italiano giri a vuoto da almeno 15-20 anni (eccezzione per qualche individualità italiana ma partita dall’estero). Non si tratta di lamentarsi, ma di capire che i “migliori” operatori senior e junior italiani si formano professionalmene nella frustrazione, e, in questi anni, ci stanno restituendo il loro “dolore”. Hanno fondato un monopolio delle scelte per autolegittimarsi e non perdere più neanche quel poco che hanno. Questo disincentiva e mortifica la qualità. Per non parlare di un clima esterofilo misto a complessi di inferiorità, che portano, ogni operatore del sistema, a scimmiottare l’estero e “quello che non si è”, diventando copie sbiadite degli originali e quindi poco appetibili.

  3. Chiudere le accademie, emarginare i critici inutili e pericolosi (i giovani e i baroni), murare le “ASL” per giovani artisti. Tutto questo per un pò di anni così da fare una “rotazione delle colture” e far ritornare fertile questo fango che sforna piccoli, ignoranti, presuntuosi artistucoli. E magari recuperare artisti con qualche anno in più e con una ricerca seria e matura. Bravi Botto Bruno!

  4. Non so molto della Biennale di Lione, ma per quanto riguarda la Biennale di Istanbul la mostra era centrata sul ruolo di raccordo che questa città ha svolto tra i balcani e il medio Oriente… per cui quasi nessun artista europeo “occidentale”, americano, dell’Estremo Oriente e dell’Africa subsahariana… per favore documentarsi prima di sparare titoli e di commentare…
    Inoltre alla Biennale di Istanbul un italiano c’era: Alessandro Petti che con Hilal e Weizman hanno realizzato un lavoro sulla Palestina.

  5. ma toglietevi quel prosciutto rovagnati dagli occhi!
    è vergognoso che in Italia non si riesca ad andare al di là del nostro naso, infatti gli “artistoni” che girano sono sempre gli stessi e tutti uguali.
    Paperina e Botto/Bruno mi fanno ritornare la speranza (ormai perduta da tempo) che l’arte italiana abbia qualcos’altro da dire e mi viene da ridere se penso che questa cosa la capiscono solo all’estero.
    viva la nostra piccola italietta!

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