23 settembre 2009

fino al 25.IX.2009 Piero Golia / Fabian Marti Roma, Istituto Svizzero

 
Un allestimento monumentale e insieme claustrofobico. Dove le opere di Fabian Marti si offrono visivamente sparpagliate in sala. Mentre quelle di Piero Golia fanno la posta nello spazio negativo della mostra...

di

Nell’ampio salone
sotterraneo dell’Istituto Svizzero, la mostra di Piero Golia e Fabian Marti
s’inserisce con una presenza di cui il meno che si possa dire è la prepotenza che
esercita sul visitatore, mentre per il più viene da considerare soprattutto una
difficoltà di combinazione tra due ricerche artistiche assai lontane fra loro e
che è stata risolta abbastanza felicemente, sulla base però di assunti critici
piuttosto discutibili.
Ma andiamo con ordine,
dando per prima cosa conto dell’allestimento: una struttura di compensato
chiaro che si snoda nello spazio in forme spigolose e ingombranti, tentate dal
farsi ora torre ora piedistallo per i lavori di diversa fattura presentati da Fabian
Marti
(Friburgo, 1979; vive a Zurigo).
Si tratta di ceramiche grezzamente lavorate e poster realizzati prendendo
spunto da un immaginario scolorito di rovine, elaborato a partire da fonti
fotografiche diverse: più che nei singoli elementi, il maggior interesse
dell’operazione risiede comunque nella realizzazione di un’esposizione per così
dire monumentale, esuberantemente sovradimensionata, di opere chiaramente
riconducibili a un’estetica del frammento e del detrito.
Nel rivolto di questa
monumentalità risiede, dal canto suo, la presenza di Piero Golia (Napoli, 1974; vive a Los Angeles), il quale ha
utilizzato lo spazio interno della struttura in compensato per creare un
labirinto espositivo dove colloca opere altrettanto frammentarie e residuali,
da raggiungere con notevole disagio (va bene, l’opera è in realtà tutto
l’insieme e non le singole stazioni, ma il disagio resta tale).
Piero Golia - Piramide - 2009
I cunicoli in compensato,
internamente mal tagliati, vanno infatti percorsi a carponi, strisciando in
spazi ristretti, bui e polverosi, che mettono a dura prova la pazienza anche di
chi non soffra particolarmente di claustrofobia. Di tanto in tanto si verifica
l’epifania di una palla da biliardo o di una collana composta di stelle
sottratte al cofano di una nota automobile tedesca, e via quindi verso altre
avventure.
Ora, al netto del fastidio
provato dal vostro pur smilzo osservatore nel risalire il percorso, la
perplessità è amplificata dal richiamo contenuto nel testo di presentazione a
intenti culturali a dir poco roboanti dell’intera operazione, dalla “critica
al sistema
” (quale?) all’“importanza
della resistenza come fatto storico e come atteggiamento intellettuale
” (mah).
Fabian Marti - veduta dell'allestimento presso Villa Maraini, Roma 2009
Vero, uno degli spunti più
significativi ricavabili dall’arte corrente, così come condensata nell’ultima Biennale
veneziana, sta nel richiamo esplicito a una rinnovata volontà/velleità
dell’arte di “fare mondi”, e in
questo senso si può pensare che i due artisti coinvolti nella mostra
dell’Istituto Svizzero a modo loro siano riusciti nel definire un mondo
espositivo compiuto, sgarrupato e decadente.
Ma proprio la precaria confusione
che caratterizza il loro incontro indurrebbe a mantenere più miti consigli
critici al riguardo.

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settembre 2009


dal 21
maggio al 25 settembre 2009

Piero Golia / Fabian Marti – Ruins, Regrets and
Visible Effects
a cura di Salvatore
Lacagnina
Istituto Svizzero –
Villa Maraini
Via Ludovisi, 48 (zona
via Veneto) – 00187 Roma
Orario: da lunedì a
sabato ore 10-13 e 15-18; sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 06420421;
fax +39 0642042420; roma@istitutosvizzero.it;
www.istitutosvizzero.it

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2 Commenti

  1. ..Seppur ci sia ancora qualcosa da migliorare, vedo che la costanza di Luca rossi comincia a dare i primi frutti: non ho visto la mostra si! , ma la critica mi è sembrata abbastanza equilibrata.
    Forza Rossi spingi sul gas che forse qualcosa sta cambiando, almeno qui. Ah, Golia?

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