03 gennaio 2010

UNA FONDAZIONE NON SOLO PER MODA

 
Un’altra storica azienda italiana sceglie di sostenere l’arte contemporanea. Dopo due anni e gli interventi di Daniel Buren e di Alberto Garutti, è momento di bilanci e di considerazioni. Ne abbiamo parlato con la presidente, Anna Zegna...

di

L’arte contemporanea è un settore nuovo per voi. Quali
sono le altre aree d’interesse?

La Fondazione Zegna ha individuato principalmente quattro
ambiti d’intervento, stabiliti dallo statuto: la salvaguardia e la
valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale; l’aiuto allo sviluppo
sostenibile delle comunità locali, in Italia e nel mondo; il supporto alla
ricerca medica e scientifica; la promozione di iniziative di educazione,
istruzione e formazione dei giovani. L’arte è stata una naturale evoluzione.

Prima di occuparvi direttamente d’arte contemporanea
siete mai stati sponsor?

Le sponsorizzazioni non ci interessano particolarmente. La
Fondazione Zegna persegue progetti di autosostentamento alle popolazioni più
disagiate, oltre al finanziamento di ricerche o studi scientifici di importante
interesse comunitario e alla salvaguardia della natura. E poi c’interessano i
progetti di arte contemporanea solo se di fruizione pubblica, capaci di
relazionarsi con l’ambiente e con chi lo vive.

Anna ZegnaDa cos’è nata la volontà di occuparsi anche di arte
contemporanea?

Già Ermenegildo, mio nonno, fece realizzare dal papà di
Michelangelo Pistoletto delle tele che ancora oggi campeggiano nella Sala
Quadri del lanificio di Trivero. Inoltre, mio zio Aldo era un grande
appassionato d’arte, soprattutto contemporanea, e si è circondato – fino alla
sua scomparsa nel 2000 – di artisti provenienti da tutto il mondo. Di
generazione in generazione, la curiosità e l’attenzione per l’arte e la cultura
sono diventate tutt’uno con la nostra attività. Con Andrea, figlio di Aldo, la
Fondazione ha costruito un progetto che partisse dai valori della nostra
famiglia. È nato così All’aperto, con installazioni in situ di artisti di
calibro internazionale.

Che tipo d’intervento è All’aperto?
Il progetto, curato da Andrea Zegna e Barbara Casavecchia,
vuole rendere più fruibile l’accesso all’arte contemporanea e ai suoi valori,
non promuovendo l’ennesimo parco della scultura, ma sviluppando interventi
permanenti dall’impatto ridotto sull’ambiente, rivolti al paese di Trivero e
alla collettività in genere. Il lavoro di Alberto Garutti, inaugurato a
settembre, è paradigmatico: per realizzarlo l’artista ha mappato il territorio
attraverso un congegno inedito, quello dei cani presenti in paese. Per
individuarli, s’è fatto aiutare dagli studenti e dalle insegnanti della locale
scuola elementare, che a loro volta sono diventati tramite per gli incontri con
le famiglie, i possessori degli animali e l’amministrazione comunale, coinvolgendo
molte persone. Il risultato è un’opera pubblica che può essere utilizzata (e
adottata) da tutti: una serie di panchine in cemento sulle quali siedono i
ritratti dal vero dei cani, ciascuna con una didascalia che ne chiarisce le
finalità: “Il cane qui ritratto appartiene a una delle famiglie di Trivero.
Quest’opera è dedicata a loro e alle persone che sedendosi qui ne parleranno
”.

Buren e poi Garutti. C’è un motivo per cui vi rivolgete
ad artisti già affermati?

Più che ad artisti affermati, ci affidiamo a quelli che
condividono i valori e la visione della nostra Fondazione. La scelta risulta
quindi naturale e non si sofferma sulla riconoscibilità o meno del singolo,
quanto sull’attenzione e la sensibilità per il territorio e per l’intento
dell’iniziativa.
Alberto Garutti - All’aperto - 2009 - courtesy Fondazione Zegna, Trivero (BI) - photo Demian Dupuis
Vi aspettate qualche ricaduta aziendale dall’attività
della Fondazione?

Non abbiamo considerato prioritario quest’aspetto, ma
siamo consapevoli che esiste una contaminazione positiva. La nostra passione,
l’attenzione per la qualità, il legame e l’amore per il territorio si
trasformano in un catalizzatore per le cose che facciamo. Il rapporto con il
cliente Zegna diventa così un trasferimento di esperienze, dall’abito alla
musica, alle arti, all’ambiente, alla cultura.

Maramotti, Prada, Trussardi, Fendi, Buziol e Zegna. È
una moda che le aziende di moda si occupino d’arte contemporanea oppure ci sono
motivazioni profonde dovute al tipo di prodotto?

Ben venga che aziende di moda si occupino d’arte
contemporanea! La gente ha bisogno di cultura, di qualità, di stimoli, di
visione internazionale. L’arte può esserne portavoce.

Avete mai pensato a una collezione aziendale?
Girando il mondo abbiamo raccolto molti ricordi, ma il
loro vero valore è affettivo. Non c’interessa una collezione aziendale. Come ho
detto prima, vediamo l’arte contemporanea come valore quotidiano condiviso.
Daniel Buren, Le banderuole colorate (lavoro in situ) - 2007 - installazione permanente - courtesy All’aperto-Fondazione Zegna, Trivero - (BI) - photo Luca Fregoso
Avverte l’esigenza di un trattamento fiscale più
favorevole da parte dello Stato, come accade all’estero?

Penso che chi investe in progresso e cultura vada
agevolato o quanto meno tutelato. Il mio desiderio e l’impegno di tutti noi
resta comunque quello di ottenere dagli investimenti il più alto rendimento
sociale possibile!


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Garutti
a Trivero

a cura di daniele capra

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n.
62. Te l’eri perso? Abbonati!


Fondazione
Zegna

Via Marconi, 23 – 13835 Trivero (BI)
Info: allaperto@zegna.com; www.fondazionezegna.org/allaperto

[exibart]

2 Commenti

  1. ma chi decide che si tratta di un investimento in progresso e cultura e non una semplice speculazione che si cerca di mascherare come operazione culturale?

  2. gentile Sergio, ovviamente il confine è molto sottile e il dubbio è lecito, però ti invito a riflettere su questi dati, una campagna pubblicitaria costa ai livelli di Zegna in un intorno di un milione di euro se non di più, ma prendiamo questa cifra come esempio…non credo che le opere acquisite abbiano un prezzo che neanche si avvicina a questa cifra…grazie a quelle hanno ottenuto una diffusione del nome che nessuna campagna poteva dargli…per esempio sono arrivati anche su una rivista d’arte che altrimenti non avrebbe mai parlato di loro, e le opere continuano ad esistere passato il periodo della campagna e in qualche modo hanno aggiunto della bellezza al mondo. Qual’è la conclusione? Un investimento per sua definizione deve dare un ritorno, per poter continuare a investire, in Italia si è moralisti sull’ottenere profitto facendo cultura, come se il sistema si sostenesse d’aria e amore, quello che le varie fondazioni di originazione industriale fanno è pertanto auspicabile ed encomiabile, ce ne fossero di più…spero di averti aiutato a formulare un tuo giudizio.

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