06 maggio 2010

pre[ss]view_riviste Kritika

 
Kritika adesso ha un editore e il suo bel codice a barre. Quello che contraddistingue i libri, mica le riviste. Se n’è parlato col fondatore, Emanuele Beluffi...

di

In Italia c’è una sostanziale latitanza di riviste d’approfondimento…

Kritika occupa il vuoto lasciato dall’estinzione del pensiero
critico, la cui latitanza nell’epoca attuale penso sia innegabile. Il suo punto
di forza consiste nell’essere un prodotto editoriale sui generis: una pubblicazione periodica che
è un libro, per formato e organizzazione dei contenuti, con una grafica
editoriale ricercata (caratteri tipografici Bodoni, il meglio del meglio, e i
bibliofili lo sanno bene), che raccoglie al proprio interno una serie di
minisaggi, scritti con un’impostazione volutamente letteraria, senza con ciò
essere autoreferenziale, anzi piuttosto barricadera. Insomma, la leggibilità di Kritika, la sua stessa attitudine per dir
così un po’ garibaldina, di chi non la manda a dire, unitamente al fatto che vi scrivano
anche gli artisti, ne fanno una ventura editoriale che è l’esatto contrario
dell’autoreferenzialità di certi prodotti.

Non avete pubblicità. Una scelta?

Che non ci sia neanche una pagina di pubblicità è
significativo in riferimento alla sua totale autonomia. Kritika è alla sua terza uscita e sarà
un’esperienza durevole per lo stesso motivo per cui si continueranno a stampar
libri: c’è sempre qualcuno che un po’ li ama, ha ancora voglia di leggerli e
magari di imparare ogni giorno qualcosa di più. Kritika serve a incidere sul presente in
maniera partecipata. O “relazionale”, per rubare la parola a Bourriaud.

Parliamo di contenuti: cosa dite a chi? V’è una palese impronta
filosofica che attraversa il progetto…

Come disse Cacciari, se uno pensa che la filosofia non
serva a niente è un cretino. La linea editoriale di Kritika consiste in due parti: una
strettamente meta-teorica, incentrata di volta in volta su un tema monografico.
L’altra nell’approfondimento dell’opera di artisti, famosi, famosini e meno,
obiettivamente validi e meritevoli di una disamina d’ampio respiro, attraverso
un’intervista o un testo critico. Avendo un’impostazione strettamente
saggistica, è giocoforza pensare che Kritika sia un libro per l’élite: nulla di ciò, anche e
soprattutto perché, se c’è una categoria umana che aborro, è proprio quella
degli addetti ai lavori. Al contrario, per la sua bellezza e leggibilità, Kritika
è destinata anche
alla casalinga di Voghera: l’arte è il bene non necessario per eccellenza,
quindi destinata all’universo mondo.

I collaboratori: si fiancheggiano trentenni e
personaggi più noti e agé
. Però fuori dalla cerchia dei soliti noti…

Sì, ho voluto raccogliere intorno a me coloro che
considero i referenti della critica della nuova generazione, non ancora ascesi
all’Olimpo degli dèi. E di questi fanno parte non solo critici di nome e di
fatto, ma anche alcuni artisti. Troppo facile chiedere a un critico famosino di
scrivere per Kritika. A che servirebbe? Mi sono potuto avvalere, oltre che dei critici
trentenni in via di apparizione, delle fatiche letterarie di critici, curatori
e artisti dal percorso intellettuale e professionale consolidato, certamente
“famosi” ma estranei al circo di nani e ballerine che caratterizza in parte il
piccolo mondo antico dell’arte contemporanea.

Veniamo al vil denaro: come campate? Quante copie
stampate e distribuite?

Ho convertito lo stampatore di Kritika alla fede nell’editoria. Lui ha
aperto una casa editrice, Pedrazzi Editore, proprio in occasione del # 2 di Kritika. E, come ogni editore, investe i
quattrini nel progetto in cui crede. Kritika è un libro a tiratura limitata, 1.000
esemplari. Lo si può trovare in occasione di fiere d’arte e mostre in gallerie
private, come MC2 Gallery di Milano, con cui sussiste un rapporto di
collaborazione del tutto svincolato dal contesto economico. Inoltre Kritika avrà uno stand tutto suo a Step, la non-fiera che
si terrà a Milano in novembre. Quello di “agganciare” Kritika alle mostre e alle fiere è un
metodo di comunicazione molto più efficace della semplice pubblicità. È un
metodo per “fare sistema”. E si inserisce pienamente nell’ordine di idee di cui ti ho parlato
prima, quando dicevo che Kritika serve a incidere sul presente in maniera partecipata.
Comunque, Kritika si
può reperire anche online e mi sto allertando per sondare la possibiltà di
appoggiarci a un distributore esterno.

Dove andrà Kritika? Qualche tempo fa mi parlavi di
un maggior contribuito iconografico…

Guarda, so bene che se uno si trova davanti agli occhi un
libro tutto testo e niente immagini si sente scoraggiato. Anche perché, se Kritika è un libro che parla di arti
visive, non può non avere al proprio interno una congrua impostazione
iconografica. Per questo lapalissiano motivo nelle pagine di Kritika testi e figure stanno nella
giusta proporzione. Ovvio che, nel caso di un saggio strettamente teorico, gli
addentellati iconografici sarebbero pretestuosi. Anche se è vero che qualcuno
ha illustrato a fumetti nientemeno che il Tractatus logico-philosophicus di Wittgenstein, un macigno
d’astrazione pesante venti tonnellate. Vedrò di peritarmici anch’io,
provvedendo d’illustrazioni la Kritika della Ragion Pura.

la rubrica pre[ss]view è diretta da marco enrico giacomelli

*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 65. Te l’eri perso? Abbonati!


Info: www.kritikaonline.net

[exibart]

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