15 giugno 2010

arteatro_contaminazioni Periferie emotive di un corpo senza organi

 
È possibile collezionare i gesti svuotati della propria intenzione? Pathosformel porta avanti la sua ricerca attraverso un bunraku postatomico...

di

Dopo
aver tenuto dieci laboratori in tutt’Italia intorno al tema del gesto umano,
inteso come oggetto mobile di una collezione che si articola attorno a un corpo
privato delle sue intenzioni emotive, nasce La prima periferia
, il nuovo progetto performativo di Pathosformel.
La
scena dello spettacolo? Uno spazio bianco, illuminato dai raggi di una luce
raggelante. Qui si stagliano le sagome di tre manichini costruiti dagli stessi
componenti del gruppo, dopo mesi di studio intorno all’anatomia umana. Fasce
metalliche giallo ocra si avvolgono intorno a una colonna vertebrale composta
da un tubo snodabile, costituendo un impianto scheletrico con forme curvilinee
e fantascientifiche. Tra la cassa toracica, le ossa delle braccia, delle gambe,
delle dita e dei piedi si insidiano giunture, bulloni e valvole, che si
sostituiscono all’apparato muscolare umano, permettendo ogni piccolo movimento
delle membra di queste creature. Stesi, come carcasse umane di un’era
indecifrabile, i corpi artificiali stanno immobili in un ambiente candido e a
tratti spielberghiano.

Un
fremito di vita artificiale percorre l’intero scenario quando tre performer
entrano in scena e afferrano i loro manichini per muoverli lentamente. Piegano
loro la loro testa, poi le braccia, un dito della mano, la colonna vertebrale.
I corpi meccanici si raddrizzano, si siedono, si mettono in piedi, si
inginocchiano, tendono piano i loro lunghi arti. Inizia un bunraku
postatomico, una danza la cui partitura gestuale è
attinta immediatamente da una quotidianità filtrata e apparentemente privata di
senso.

Pathosformel - La prima periferia
Dopo
Volta
(2006), La timidezza
delle ossa
(2007) e La più piccola distanza (2008), Pathosformel prosegue il proprio percorso di ricerca sulle possibilità
di esposizione e comunicazione del corpo umano. Pur riportando esplicitamente i
performer sulla scena, il gruppo rimane ancorato ai meccanismi delle precedenti
produzioni, attraverso una tensione emotiva oltre che concettuale. Se in La
timidezza delle ossa
i performer
lasciavano che le figure dei loro corpi emergessero attraverso un telo bianco
che li separava nettamente dal pubblico, e se in La più piccola distanza
il corpo degli stessi performer era
definitivamente sostituito dallo scorrere di forme quadrate, sono i corpi-manichini
a essere i protagonisti di La prima periferia.
I
performer assumono le sembianze di un’ombra, di un alito vitale che dà energia
a corpi inermi; disegnano una drammaturgia che vive di scarti emozionali
raffinatissimi e lievi, come giocando ad alternare passaggi continui e mai
repentini dalla gioia al dolore, dal dolore alla rabbia, dalla rabbia allo
stupore, mentre, sullo sfondo, si percepisce uno stato latente di commozione. Le
mani dei performer custodiscono questa sparizione emotiva, che diviene
predestinazione attraverso l’instaurarsi di un rapporto affettivo
, ma non sentimentale. C’è, nel toccare e nel
muovere, una qualità che sfiora intenzionalmente i limiti del manierismo, una
leggerezza disarmante a cui le creature meccaniche sembrano abbandonarsi come
curate dai manovratori. Nel dilatarsi estenuante del tempo, che fugge i ritmi
frenetici della quotidianità, ogni piccolo gesto appare come un frammento poetico
permeato da un amore infinito per tutte le cose
umane e inumane o per tutte le cose inumane capaci di conquistare la vita.

Pathosformel - La prima periferia
Allora,
la ricerca radicale di Pathosformel attiva uno sguardo antinichilista e ci
mostra la bellezza delle piccole cose, la meraviglia in un frammento di ossa,
in un quadrato, nel movimento di un dito. E il percorso musicale che accompagna
questa esperienza, intrecciando una partitura di voci, rumori e melodie, lungi
da essere un semplice complemento didascalico, apre alla visione le porte di un
mondo in bilico tra macchinico e organico, in cui ogni gesto e contatto può
riconquistare la sua purezza.

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matteo
antonaci

la
rubrica arteatro
è diretta da piersandra
di matteo

*articolo
pubblicato su Exibart.onpaper n. 66. Te l’eri perso?
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Info:
www.pathosformel.org

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