08 luglio 2010

fino al 17.X.2010 Luca Trevisani Roma, Macro

 
Una location mimetizzata ad arte. Una situazione architettonica insolita, riservata ad artisti più o meno emergenti nella scena contemporanea. Succede in quel neo-Macro dall’appeal internazionale...

di

A Luca Trevisani (Verona, 1979; vive a Berlino)
sono state destinate le due ali ricurve delle pareti d’ingresso, paravento ad
ascensori e scale che portano alle sale espositive, per un progetto che nasce
realmente come site specific. Quindi scelta sovrapponibile alla ricerca di
Trevisani, che si è sempre confrontato con lo spazio, considerandolo
permeabile, privilegiando la forma dell’installazione ad altri linguaggi, che
pur utilizza; lo conferma l’uso iterato della “materia” (terracotta, che ha
preferibilmente plasmato), spesso modellata nella forma perfetta – la sfera – e
diventata per lui quasi un’ossessione, fin dagli esordi.

Forme morbide e organiche che
ritornano anche in questo intervento, che si fa quasi orpello decorativo, per
la serialità degli archetipi riprodotti e per la tipicità del medium: la stampa
su pvc. A renderlo monotipo, la duplice capacità dell’artista nel sostenere l’operazione
con asserzioni concettuali e una veste estetica di estrema raffinatezza, che
invita all’immaginazione.

Come una pelle di serpente, i
pannelli stampati e applicati sulle pareti arcuate sono un’evoluzione dell’analisi
affrontata con Gibbosa e Sfuggente
, coerente con il suo perenne omaggio all’atomo,
espressione della vita della materia e dell’esistenza tutta; anche qui si
spazia da un’indagine filosofica (L’identità è un nuvola, una nebulosa, una
variabile
) a una ontologica (L’acqua ci mostra la natura
delle cose
), spunto per raccontare di una “coreografia
celeste
” in cui
le fasi lunari sembrano dirigere un’orchestra, della quale la Terra e la sua
massa liquida sono gli elementi che risentono in maggior misura delle
deformazioni – rappresentate dalle maree – impresse dalla Luna, che determina
poi tempi e stagioni dell’uomo.

Una semplificazione di rapporti
spaziali volumetrici, di azione, repulsione, gravitazione degli elementi, che
nel progetto per il Macro vengono appiattiti nella bidimensionalità. Viene
inoltre accentuata l’estetica del frammento
, esaltata anche dall’escamotage –
in effetti, imposto – dello sdoppiamento in due parti dell’opera.

La seduzione dello sguardo è
attivata proprio da quei giochi di trasparenze fra particolari, di tagli visivi
e sovrapposizioni, il tutto coordinato dalla musicalità e armonia, altri punti
fermi dell’arte di Trevisani, amalgamati dalla sostanziale monocromia e dalla tenue
variazione tonale, stemperata ancor di più se filtrata dalle vetrate, qualora
si osservi l’istallazione dall’esterno, dall’atrio d’ingresso. Le due pareti
speculari appaiono da questo punto di vista come ricoperte di una texture
evanescente.

Ciò che auspichiamo è che l’idea di
sfruttare questa location – finora ben sviluppata – non inviti a interventi
che, a lungo andare, potrebbero diventare mere operazioni seriali o semplici
accessori estetici.

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27 maggio al 17 ottobre 2010

Lo spazio è un
giardino da coltivare – Luca Trevisani

a cura di Francesco Stocchi

MACRo – Museo d’Arte Contemporanea di Roma

Via Reggio
Emilia, 54 (zona Nomentana-Porta Pia) – 00198 Roma

Orario: da
martedì a domenica ore 10-19

Ingresso:
intero € 4,50; ridotto € 3,50

Catalogo
Electa

Info: tel. +39 06671070400; fax +39 068554090; www.macro.roma.museum

[exibart]

24 Commenti

  1. francamente non colgo il motivo di dare tutto questo spazio e importanza a Luca Trevisani
    che cosa avrà di così interessante?

  2. Ma soprattutto c’è bisogno ogni stagione di nuovi giovani artisti, pretesti per tutta una serie di operatori che devono fare e fare. Il lavoro deve semplicemente essere un buono standard. Poi in questo caso il compito non era facile, almeno titolo che esprime un pensiero. Poi tutto va bene con tutto, le fasi lunari lo spazio come giardino…importante e’ capire e non capire…favorire una sospensione di giudizio..e affidarsi alle relazioni e alla stima solidale che reggerà il lavoro-standard….

    All’ estero non vedo mai giovani artisti coinvolti per ricoprire ascensori o scale…sembra che in italia facciamo queste cose per pulirci la coscienza visto un sistema matrigno…certo, ci si può sempre salvare dicendo: meglio che ci sia no??? E ci rifugiamo ancora dietro la retorica del fare….

    Quando un confronto reale sul linguaggio potrebbe rendere chiaro che forse servirebbe inaugurare una momento di riflessioe e di vuoto. Forse, dopo qualche tempo, avremo giovani più robusti e interessanti per la scena int.le….

  3. trevisani è un bravo artista, emerso da un panorama sconfortante… per relatività di contesto, visto il contorno dei suoi colleghi contemporanei, necessariamente il suo profilo è stato enfatizzato più di quanto meritato in condizioni meno dimissionarie e flesse – per non dir…fesse…

    oltretutto, trevisani ha bellissimi occhi e non sporca, per questa ragione, insieme a molte altre, riceve l’attenzione generale, pur non avendo ancora- legittimamente – avuto la chance di una personale museale italiana di rilievo, cosa invece accaduta al suo “alter/nemesi” vascellari che, pur meno dotato,seppur sporcando la casa, il sostegno di molti impressionabili italiani.

    La figura statuaria e possente di vascellari “impressiona” più che lo sguardo silvano e mesmerizzante di trevisani, ma si tratta sempre e solo di sensibilità epidermica del fruitore…

    in ogni caso, messi in conto, occhi di foglia, labbra di porpora, coscie a stilobate e riccioli classici vs bocce polite… mi viene da piangere.

    Trevisani e Vascellari, sono piuttosto bravi, in modo diverso e rivolti ad una visione dell’arte e della sua pratica molto dissimili…

    il COME giungano ai medesimi risultati di carriera… dipende profondamente dal sistema …
    uno, piccolo, nevrastenico (in senso arcoisterico) morboso e sfaticato – come un’allegra compagnia di comari di Salem…

    Artisti, curatori, critici, collezionisti, giornalisti, forumisti, blogghisti, stagisti e cazzisti sono egualmente dimissionari

    – la colpa non è di Luca o di Nico… se esiste una “COLPA” della ridondanza è da cercarsi nella Landa Desolata di questa ns Italietta di uomini da un libro all’anno e donne ad una dimensione.

    I pochi veri intellettuali condividono le sorti dell’apatico Re Pescatore.

    Usciti dal circolo virtuoso dell’alternarsi vegetativo, stanno soli da qualche parte a domandarsi come fare a raggiungere l’Isola dei Saggi… nel timore che alla fine sia solo una versione meno cafonal dell’isola dei famosi…

    Allora tanto vale non fare sforzo alcuno, che già è tanto difficile far la cacca per gli intellettuali depressi… tanto vale… restare a dormire, a leggere, a guardare il gatto rotolarsi al sole… o raggiungere gli amici al solito bardellosport/modainaugurazionefigachefatica.

    Zane

  4. Ritengo Trevisani un artista interessante e che abbia sviluppato un linguaggio di una certa raffinatezza “modernista”. Il site specific al Macro devo dire che è molto deludente perché per lo spettatore è davvero difficile capire qualcosa.
    Penso che però sia stato completamente sbagliato affidargli quello spazio. Non si sarebbe potuto per esempio dargli la stanza occupata da Zorio? Tanto più perchè Zorio ha ricevuto una bella personale al mamBO sei mesi fa e parteciperà alle mostre sull’Arte Povera dell’anno prossimo.

  5. I rivoluzionari pantaloni realizzati con tessuti bielastici, tagli e cuciture ergonomici sono stati pensati per sollevare il fondoschiena e armonizzare le forme mediterranee che tanto hanno reso famosa la bellezza italiana in tutto il mondo.

  6. Per Trevisani, Vascellari e molti altri, si tratta di linguaggi omologati e rassicuranti rispetto una sensibilità stereotipata e mainstream. Non c’è tensione in questi lavori perché propongono soluzioni funzionali ad un certo ordine precostituito. Rassicurano il sistema italiano sempre timoroso di non essere international. Devono ringraziate un sistema e alcune relazioni che in questo modo diventano materia integrante delle opere; relegando le opere ufficiali a pretesti e standard.

    Soprattutto il giovane artista dovrebbe porsi in una situazione di pericolo, che possa realmente mettere in discussione alcuni codici e convenzioni. Questi invece, precarizzati e costretti a fare gli artisti, propongono uno standard ruffiano e il sistema italiano gli storicizza, cristallizzando questo standard, senza che il loro lavoro possa diventare interessante e robusto per la scena sovranazionale.

  7. Artisti giovani emergenti utili per la comunicazione d’impresa
    A mio avviso, invece, bisogna fare un po di chiarezza su ciò di cui che stiamo discutendo.
    Le nostre belle opinioni e valori, sia adattano ancora ad un arte che è diventata strumento di comunicazione per fondazioni, banche, imprese, ecc. diventata strumento per aprire nuovi mercati?
    Si sà che nella comunicazione d’impresa non bisogna creare problemi all’interlocutore, rassicuralo ed attirarlo delle volte anche con delle stravaganze, ma devono essere soft già spalmate sul pensiero ed assimilate; quindi va da se che l’arte adoperata a questo scopo deve esser un arte funzionale a tale scopo.
    Mi chiedo se magari l’oggetto del nostro bel confronto non si debba chiamare o intendere in altro modo, la certezza della parola arte intesa come ricerca e strumento di pensiero forse scivola in altri ambiti.

  8. Giusto, credo che l’arte tenda a scivolare in altri ambiti, e la cosa paradossale e’ che i giovani invece di capire questo si ritrovano lanciati su i binari della professionalizzazione…costretti ad un corsus honorum che va fatalmente ad incidere sul lavoro prodotto…quindi l’arte diventa artigianato, accessorio…

    All’ estero e’ meglio non per esterofilia o maggiore denaro ma per sistemi più aperti al confronto e composti da operatori non frustrati (come quelli italiani) da contesti che osteggiano il contemporaneo.

    Paradossalmente se in Italia ci fosse un confronto più sincero , si potrebbe anche avere una culla molto più fertile di sistemi Esteri. Questo perché maggiori strutture vogliono dire anche maggiori legami, ingessamenti e
    impedimenti. l’Italia sarebbe un perfetto late comer , e invece preferisce scimmiottare quello che non e’; per rassicurarsi. Questo ci rende copie sbiadite degli originali, e quindi poco appetibili al di la’ di quelle presenze fisiologiche o self made.

  9. Io starei su quello che scrivo. Si tratta di leggere sinceramente la realtà. Finiamola con certe ipocrisie. Non sono un guro, ma propongo una tesi grezza che necessita di antitesi e poi sintesi.
    Come non vedere una tendenza dell’arte come accessorio? Quasi una forma di artigianato rispetto un certo cliché?

  10. @michele: “che noia” dovresti dirlo dopo la visita a diverse mostre che spesso e volentieri presentano a milano, la tua città.

    Francamente farei anche a meno di scrivere se non ci fossero dinamiche così evidenti e controproducenti.

  11. Possiamo considerare il comportamento come materiale grezzo? Io direi di sì. Cercare di ridare all’arte una sua centralità di pensiero critico, non di accessorio come dice giustamente Luca, evitare gli standard da semplici esecutori come le orchestre da balera. Responsabilità, anche se no è più di moda e annoia, ma non tutto per forza deve essere simpatico e cool.

  12. Santo Sky-pe LucaRossi…

    si scrive GURU e non GURo… altrove in tuoi scritti ho letto… collezzionisti…

    tutte le parole che terminano in ZIONE… ovvero… grosso Zio… i loro plurali e i loro derivati… si scrivono con una unica Z…

    sono innumerevoli gli strafalcioni, i refusi, gli Errori/orrori ortografici, la sintassi sbilenca, l’uso improprio dei termini, l’impiego fantasioso dei modi e dei tempi…

    Vogliamo scrivere…??? sentiamo di doverlo fare per forza maggiore .. di noi.

    impariamo prima a leggere, almeno la nostra lingua…

    soprattutto in vista di stesure dai contenuti ripetitivi e pedanti, superficiali e triti.

    parola di
    -Italiano, L’étranger.

  13. Solitamente scrivo con una sola mano, cercando di coprire tutto 24 ore su 24 e non faccio editing… apprezzabile il tentativo di mettere in secondo piano i contenuti tirando fuori i refusi…

    Fellini diceva che non bisogna fermarsi alla banale perfezione…e quindi aprirsi all’errore come dispositivo fertile….infatti penso che alcuni collezionisti meritino 3 zeta o 4 elle…

  14. Luca Rossi scrive così perché ha il pepe al culo. Chi se ne frega se mette un accento o due dove non c’è, si capisce che freme e poi è sempre d’appertutto. Oltre che con la testa scrive di pancia. Va bene così. a parte l’eccessiva ripetitività…

    Version LR.

    Luca Rossi scrive così perchè ha il pepe al cuol. Chi se ne frega se mete un accento odue dove non c’è, si capisce che preme e poi è sempre d’appertutto. Oltre che con la testa scrife di pancia. Va bene così. a parte l’ecccessiva ripetitività…

  15. pepe al culo mi sembra un po’ forte; mi sembra di partecipare civilmente al confronto; in uno dei pochi luoghi deputati in italia, anche se in modo non ideale vista la sovrapposizione selvaggia di messaggi.

    Io credo ci siano cose che molti sanno e vedono, ma per una forma di solidarietà “familiare” mista a pigrizia nessuno rileva pubblicamente certe cose. Molto più comodo tacere.

    Il confronto è relegato ad un riflessione personale e mitigato dalla necessità di compiacere tutti, vista la bassa posta in gioco del sistema italia. Molto più facile stare zitti che porre il dubbio su alcune questioni.

    Questi omertosi così facendo si accontentano del loro orticello e va bene così. Non capiscono che fanno il loro stesso male.

    Ma io non ho mai preteso di cambiare nulla, semmai innescare una riflessione personale (vedi il progetto alla civica di trento nel 2009). Io sto scrivendo solo un blog, non ho altre aspirazioni; e chi le vede vuol dire che le ha lui negli occhi.

    Come dice Giacinto Di Pietrantonio: “a lavare la testa agli asini si spreca solo lo shampo”.

  16. Leggo nei commenti che questo luca trevisani si esprimerebbe meglio in una personale in uno spazio museale… allora rileggo e poi leggo tutta la opulenta conversazione tra puristi della lingua, dislessici della tastiera e critici in allenamento. Al giovane (è del 1979!) Trevisani hanno dato “solo” l’ascensore del Macro? Volete sapere il perchè? Ma è semplice… i giovanissimi artisti, spinti per bene dalle gallerie blasonate, cani addestrati a questa finta arte contemporanea scolastica e accademica con pretese rivoluzionarie pari a quelle del “popolo viola”, potranno vantare una mostra in uno spazio museale di primaria importanza nel loro curruclum infiocchettato… a chi interessa che la mostra, anzi l’intervento artistico, come è di moda oggi, si è tenuto davanti all’ascensore, nella tromba delle scale o tra il water e lo sciacquone… basta aver fatto qualcosa all’interno dei confini dorati del museo per ingannare il pubblico, darsi qualche aria, rimediare una pagnottella più sostanziosa e magari, pechè no, anche una ragazza per la serata…
    continuate ad allenarvi ragazzi, continuate…

  17. Caro VERDI… o Viola…

    c’è poco da dire:

    Trevisani una personale museale la merita legittimamente visto il suo CV e i riconoscimenti che riceve anche all’estero; una personale museale, probabilmente, secondo le logiche di funzionamento del ns sistema (certo criticabilissimo) meriterebbe di averla già avuta.
    Che questo dato specifico la trovi concorde o meno, resta una sua personalissima interpretazione di quelli che sono i Fatti.
    Questo vale pure per altri suoi colleghi che lei probabilmente disconosce o ignora.
    Mentre il sistema ci fa l’ennesima mostra di Zorio o l’inutile esibizione di un qualche giovane straniero nevealsole, oppure una noiosa miscellanea politichese, gli artisti italiani… restano loro malgrado sempre giovani, pure a 40 anni, pure a 80 anni, languendo senza arrivare mai al dunque, in cui confrontarsi con l’opportunità di dimostrare la propria bontà artistica o denunciare il proprio bluff… (per altro Trevisani non è vecchio per nulla, 30 anni- averceli!! – è solamente una convenzione idiota e superata la celebrazione dell’enfant prodige, it takes more than 40 years to paint a good painting – e Guston intendeva 40 anni di pratica e non d’anagrafe…)
    Per quanto riguarda poi ragazza/premio per la serata- temo che lei non abbia nessun indizio di come si svolga il quotidiano di un artista professionista.
    E’ vero.. c’è chi farebbe molto per una visione, etc etc.. da vicino, mettere i pantalone di 4 taglie in meno, agitarsi come un seienne alla pagina dei reggiseni del catalogo del postalmarket, abbronzarsi fino ad apparire come una testa di cuoio, ridere a 58 denti come un catalogo della richard ginori, etc etc, ma c’è pure chi non ha nè tempo nè voglia di recruitment casanoviano Cattelaniano…Sgarbiano, etc.
    Nella fattispecie Trevisani la “ragazza per la serata” ce l’ha indipendentemente dal CV e dalla pagnottella- veri o ipotetici – per quanto riguarda questa pagnottella… di nuovo… evidentemente lei ha molta fantasia…
    Ho potuto notare che l’immaginazione corre supersonica ogni volta che si nomina Trevisani; mi domando se si tratti di curiosità, interesse o mera invidia…
    Io suppongo che gli artisti non siano poi umanamente peculiari se visti da.. molto molto vicino…ma non vorrei tarpare le ali della sua affabulazione.

  18. concordo con Gianni Verdi.

    e basta con: “Trevisani; mi domando se si tratti di curiosità, interesse o mera invidia…”. Ogni volta che si fa una osservazione ecco che c’e’ chi si attacca all’invidia, ma de che???
    ci sono altri artisti nel mondo, ma chi si mette a invidiare proprio Trevisani?! neanche fosse sto genio!!

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