24 gennaio 2012

Arte Fiera: Numeri, ansie e sicurezze della Vecchia Signora

 
Torna ArteFiera a Bologna. Quattro giorni per tastare il polso del mercato dell'arte nel primo mese dell'anno più sciagurato. Eppure, tra qualche flessione nel numero degli espositori e ansie da prestazione “prima della fiera”, ArtFirst regge. Almeno per ora e almeno in Italia. Abbiamo provato a mettere insieme qualche “perché”. Con un occhio a quello che accade in città e un suggerimento che viene dalla Cina, dove curiosamente la parola crisi significa … [di Matteo Bergamini]

di

Padiglioni 16, 21 e 22 della Fiera di Bologna anche quest’anno invasi per la trentasettesima volta da ArteFiera. Un’edizione che si preannuncia differente dal format portato avanti negli ultimi anni: 150 gallerie contro le oltre 200 presenti l’anno scorso e la sezione giovani eliminata per mescolare l’establishment e le nuove proposte. Motivo ufficiale: dare agli “young” maggiore visibilità in un momento nerissimo, o forse perché lo spazio utilizzato per la manifestazione è stato ridotto dalle contingenze.
Ma la questione non è tanto se siamo in regime di crisi (lo siamo e siamo in buona compagnia) o se si continua a investire su modelli abusati o se si vende più o meno alla tal fiera o all’altra, ma se non vi sia, strutturalmente, un esubero delle manifestazioni fieristiche in Italia. Allo stato attuale ogni città, da Cremona a Catania, ha la sua fiera (di serie a, b o c), per lo più per la vanagloria dell’assessore locale e alla fine per raccogliere le briciole. Troppe fiere, insomma, che frammentano e indeboliscono il mercato. A costi che oggi sono difficili da sostenere per molte gallerie.
Uscendo dai nostri confini, la situazione appare ancora più complessa. Di fronte alle potenze di fuoco che mordono sui nuovi scenari, dal Medioriente alla Cina, non solo l’Italia, ma molto dell’Occidente conta diverse vittime: Miami (che rischia di essere ridotta al rango di una fiera locale), Arco e Armory Show in dieta dimagrante, mentre Art Basel ha comprato il 60 per cento delle quote della fiera di Hong Kong e dal 2014 probabilmente tutto sarà siglato con la società svizzera MCH, che potrà rilevare il restante 40 cento. Se quindi ad Est i mercati si aprono, con collaborazioni danarose che aumentano offerte e richieste di partecipazioni, l’Ovest si trova ad affrontare altri problemi: come rimanere sul mercato, come diventare più attraenti e convincenti?

Torniamo a Bologna, cercando di analizzarne la specificità. Un elemento da non trascurare che, nonostante la forte concorrenza, le dà una posizione solida è l’avere il topos, l’appeal di “unico evento”. Il resto c’è, anche di qualità, ma fuori dai padiglioni. Arte Fiera rimane l’appuntamento esclusivo con il mercato. A Bologna non è arrivata, e forse non arriverà mai, l’Affordable Art Fair, né tanto meno un’iniziativa come “The Others” che, nonostante la forza di Artissima, lo scorso novembre a Torino non è stato solo un evento mondano dove si è riversato il giovane mondo del contemporaneo, ma una forte presa di posizione nella volontà di lanciare spazi più giovani e senza fondi, che difficilmente troverebbero un angolo in un costoso padiglione di via della Costituzione. Per altre fiere, a Bologna, non ci sono i numeri, ma neanche lo spazio, occupato com’è da una fiera dove tra il pubblico si mischiano anche galleristi di città di provincia, più propensi a investire qui piuttosto che nelle fiere di casa loro.
Con il suo non essere troppo incline alla sperimentazione e poggiata sui fondamenti di un mercato sicuro comprovato da anni di attività, Arte Fiera rimane quindi un punto piuttosto fermo. Poi c’è la città che fa il resto. Vediamo che cosa propone quest’anno.
In fiera prosegue il gemellaggio con Euromobil e il suo Premio dedicato agli artisti under 30, che “promuovano attraverso i diversi linguaggi delle arti visive la comprensione della contemporaneità”. In esterno ovviamente la notte bianca dell’arte e tutti gli eventi collaterali del circuito OFF con mostre, presentazioni di libri, videoproiezioni dedicate alla giornata della Memoria e musei di altro genere aperti al pubblico.

In un viaggio nel corso della performance, Luigi Ontani è di scena alla Sala Borsa e a colloquio con Renato Barilli (vedi news). Il MaMBO presenta “Marcel Broodthaers. L’espace de l’écriture”, prima e lodevole retrospettiva italiana dedicata a questo importante artista belga in cui attraverso cinquanta opere prendono corpo la sua poetica, il rapporto tra arte e scrittura, la critica al museo come dispositivo di informazione, lo status dell’opera d’arte. A Villa delle Rose, curata da Julia Draganovic, un’altra interessante iniziativa: “The eye of the collector”, selezione di videoarte da Hans Op de Beek a Isabel Rocamora, dalla collezione De Santaren.
Sempre tra gli eventi collaterali va segnalata l’anteprima dell’esposizione, ideata dalla Fondazione Marino Golinelli, “Da zero a cento. Le nuove età della vita” a cura di Cristiana Perrella e Giovanni Carrada in collaborazione con la direttrice di Arte Fiera Silvia Evangelisti, in piazza del Nettuno (sabato 28, dalle 20.00 a mezzanotte). In questo caso l’arte contemporanea sarà lo specchio per mostrare come il corpo e la mente dell’uomo attuale siano molto diversi da quelli delle generazioni precedenti. Sei ambienti espositivi, uno per ogni età della vita in cui troveranno spazio gli inizi di Evan Baden, Martin Creed, Hans Peter Feldmann, Gabriel Orozco, Adrian Paci, John Pilson, Cindy Sherman e Miwa Yanagi, messi a confronto con una serie di exhibit scientifici.

Un’iniziativa che trova la partnership anche della Triennale di Milano e che, nel più ampio spettro della manifestazione “Arte e Scienza in piazza”, l’anno scorso ha registrato un’affluenza di oltre quarantamila visitatori in circa dieci giorni. Mentre l’edizione 2011 di ArtFirst si è chiusa con quasi trentaduemila visitatori paganti in quattro giorni, e non è poco se si considera che il biglietto costa la considerevole cifra di venti euro. Certo bisognerà vedere cosa succederà da venerdì mattina in poi, ma non è detto che le prospettive siano buie? L’incoraggiamento viene da “Artissima” che tre mesi fa ha chiuso con duemila presenze in più rispetto al 2010.
Ma piuttosto che parlare di crisi, si preferisce usare in maniera scaramantica, la parola “rinnovamento”. Anche in questo caso forse però è necessario guardare alla forza dell’Oriente e alla sua capacità di reinventarsi e di fare rete per capire a fondo la potenza del termine “rinnovo”. In lingua cinese “crisi” è composta anche dalle parole “opportunità” e “rischio”. E Il 2012 è l’anno del Drago, simbolo ricco di elementi positivi, unica creatura mitologica dello Zodiaco cinese associata alla forza, alla salute, all’armonia e alla fortuna. E se a loro pare vada già un po’ meglio, speriamo che qualche influsso benefico arrivi anche oltre il Caucaso.

1 commento

  1. crisi in cinese non viene formata solo dalla parola opportunità ma dalle parola opportunità unita alla parola rischio (o pericolo).

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui