10 febbraio 2012

Rubrica/Jusartis Se un artista si ispira all’opera di un altro è plagio?

 
Recentissimi casi giudiziari, in Italia ed altrove, hanno indagato la legittimità delle pratiche artistiche appropriazioniste e fondate sul re-enactment. Risposte certe e definitive? Nessuna -

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Un tempo si imparava a creare arte copiando i propri predecessori, a ri-fare quanto questi avevano già fatto. Ai giorni nostri, la pratica del re-enactment è oggetto di vere e proprie correnti artistiche e accomuna, seppur con differenti contenuti, un gran numero di artisti, Lichtenstein, Sturtevant, Bidlo, per citarne solo alcuni.  In generale, le norme a tutela del copyright conferiscono tuttavia all’autore dell’opera originaria il diritto esclusivo di modificarla ed elaborarla.  Inoltre, l’autore ha sempre diritto di opporsi alle modifiche dell’opera che creino un pregiudizio al proprio onore o alla propria reputazione (artistica o professionale). Di qui la domanda: le opere derivate da opere antecedenti, frutto di un’elaborazione personale dell’artista successivo, costituiscono, sempre, un atto illecito?  In Italia, come altrove, i giudici si trovano allora a dover operare un arduo bilanciamento di interessi contrapposti: da un lato, i diritti esclusivi dell’autore originario, dall’altro, la libertà artistica e di manifestazione del pensiero, valori protetti dalla nostra Costituzione.

La giurisprudenza italiana ritiene, ad esempio, legittima la parodia dell’opera d’arte originaria. Essa infatti, per sua natura, impone una ripresa satirica dell’opera anteriore, ed il consenso dell’autore originario sarebbe difficilmente prestato. Allo stesso modo, sono ritenute lecite le opere che “si ispirino” solamente all’opera precedente, la quale sia difficilmente riconoscibile e venga annegata in un contesto stilistico e semantico totalmente differente. Recenti casi giudiziari forniscono lo spunto per nuove riflessioni.   Il primo: John Baldessari riprende alcune celebri sculture di Giacometti, le ingigantisce e le adorna di drappi colorati, spadoni, treccine. Le opere, denominate “The Giacometti Variations” vengono esposte alla Fondazione Prada. Il Tribunale di Milano, adito dalla Fondazione Giacometti, dispone l’inibitoria alla commercializzazione, produzione e pubblicizzazione delle opere di Baldessari e ne ordina il sequestro. Quali le motivazioni? Il giudice ha ritenuto violati non solo il diritto esclusivo di riprodurre, elaborare e sfruttare economicamente l’opera ma altresì il diritto morale dell’autore all’integrità delle sue opere: esse erano difatti state impiegate a fini pubblicitari e di marketing di una casa di moda, risultando ridicolizzate. Di pochi mesi or sono, l’opposta decisione dello stesso Tribunale di Milano, pronunciatosi dopo aver sentito le ragioni dei legali della Fondazione Prada e di Baldessari. Questa la motivazione: Baldessari, anche considerata la sua chiara fama di artista, ha chiaramente utilizzato le opere di Giacometti in chiave ironica e trasformativa, e tale da trasmettere un messaggio artistico del tutto diverso. Il Giudice ha posto l’accento soprattutto sul fatto che l’intervento dell’artista statunitense fosse stato “consistente”, per tratti, dimensioni e materiali rispetto all’opera originaria di Giacometti.

Il secondo: Richard Prince crea le opere “Canal Zone” ispirandosi ad alcune fotografie di Patrick Cariou aventi ad oggetto alcuni Rastafari e pubblicate nel volume “Yes, Rasta”. Prince interviene sulle opere originarie introducendo elementi estranei, ad esempio chitarre ed occhiali, bucando gli occhi dei soggetti fotografati e creandone una composizione differente. Patrick Cariou cita per plagio l’artista, la galleria Gagosian (che aveva esposto e venduto le opere) e Rizzoli (che le aveva pubblicate). Patrick Cariou vince. Queste le motivazioni della Corte distrettuale di New York: nell’opera di Prince la trasformazione dell’opera originaria è minima ed evanescente; delle opere è stato fatto un uso ampiamente commerciale e in mala fede, pregiudicando altresì il mercato delle fotografie di Cariou. La decisione ha fatto molto discutere, con commenti icastici in merito all’opportunità che i giudici possano definire che cosa sia arte. I giudici, tuttavia, decidono sulla base delle prove e degli argomenti sviluppati dalle parti: ad esse spetta pertanto l’onere di illustrare il percorso artistico dell’artista, la sua appartenenza ad una determinata corrente, il parere di Musei o Istituzioni in merito, elementi che spesso chi non opera nel mondo dell’arte ignora, ma che possono chiaramente influenzare la decisione.

Il 28 marzo 2011 Richard Prince e Gagosian hanno appellato la decisione. Il caso è pendente.   Infine, un caso iniziato in aprile, in California. Un gruppo di sei artisti autori di origami cita per plagio la nota artista Sarah Morris, affermando che ben 24 opere sarebbero state copiate ed elaborate senza permesso.  La Morris, con la serie “Origami”,  avrebbe ripreso i disegni degli origami pubblicati dei sei autori, ingrandendoli e colorandoli.  Nelle opere della Morris è evidente il lavoro di trasformazione dell’opera originaria (la scelta degli accostamenti di colore ed il collage di forme geometriche coloratissime), ma anche qui l’opera originaria viene ripresa nella sua totalità e nella sua essenza specifica. Utile notare come il Copyright Act inglese del 1988 preveda espressamente (in Italia manca una disposizione così specifica) che le copie tridimensionali di un disegno bidimensionale e viceversa siano illecite. Gli interessi contrapposti sono evidenti ed è difficile far prevalere l’uno o l’altro quando l’arte arriva al cospetto dei giudici.  Ai posteri, dunque, l’ardua sentenza.

di elisa vittone

l’avvocato elisa vittone è specializzata nell’area della proprietà industriale ed intellettuale; presidente dell’associazione culturale Interalia; nel 2010 membro dell’IPSoc di Londra.
 
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 74. Te l’eri perso? Abbonati!
 

[exibart]

2 Commenti

  1. e allora? adesso sto costruendo un’opera che contiene tanti elementi fatti da altre persone, senza nomi altisonanti, artigiani anonimi e sconosciuti al mondo dei VIP art! Anch’io da bambino ritagliavo i fumetti della Marvel per fare un collage…Per me era solo l’amore che dimostravo verso i miei maestri, Kirby and co.

  2. io mi ispiro a foto che trovo in internet oppure foto che ho fatto scattare io da miei collaboratori, e non credo che faccio plagio anche se i miei dipinti sono l’elaborazione di soggetti scattati da un altro De Cicco Luigi

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