15 febbraio 2012

TALENT ZOOM Michele Spanghero

 
Classe 1979, laurea in Lettere Moderne. La sua ricerca si focalizza sull’arte acustica e sull’arte visiva attraverso la fotografia. Come in un gioco di vasi comunicanti alla ricerca di una sintesi tra forme espressive…

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Quale domanda vorresti ti fosse fatta per prima?

Cosa ritieni indispensabile nel tuo lavoro?

Durante l’adolescenza quali erano i tuoi contatti con il mondo dell’arte?

Fin da bambino ho frequentato assiduamente teatri, è lì che ho iniziato a scoprire l’arte e la musica. L’incontro con l’arte contemporanea è giunto invece per gradi, in un’età più matura, ma proprio per questo è stato un approccio consapevole, dettato da una sentita necessità. In tal senso credo sia stata una fortuna per me avere la possibilità di seguire, nella mia città, la Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, una tra le più interessanti realtà in Italia per i giovani artisti.

Quale opera ha segnato la tua formazione?

“Das atmende Klarsein”, una composizione di Luigi Nono per flauto basso, nastro e live electronics del 1980-83. Quando ho sentito questa musica dal vivo è nato il desiderio di approfondire, in senso spaziale, il mio approccio al suono.

L’artista che ti ha maggiormente ispirato?

Parlando di ispirazione, direi che la musica di Giacinto Scelsi mi ha profondamente stimolato. Dal punto di vista del metodo invece, Carsten Nicolai è stato un riferimento per il rigore con cui conduce la sua ricerca tra musica e arte.

Il museo che ti ha più appassionato?

L’Hamburger Bahnhof di Berlino. È un museo dove c’è spazio anche per pensare. Considero gli spazi espositivi oggetti estetici in sé, che concorrono in modo fondamentale alla definizione dell’arte. Verso di essi mi pongo attivamente, come per una reazione spontanea: da spettatore divento autore. Come nel caso del work in progress “Exhibition Rooms” in cui, dal 2007, fotografo scorci di spazi espositivi in una sorta di catalogazione del modello white cube.

 
L’ultima esposizione che ricordi con piacere?

Preferisco dirti l’esposizione che mi ha segnato di più: Sonambiente del 2006, a Berlino, che mi ha definitivamente mosso verso l’arte sonora.

In che modo intendi relazionarti con il sistema dell’arte?

Onestamente. Senza vezzi. In prima persona. L’esperienza nel mondo della musica mi permette di avere uno sguardo esterno. Per molti aspetti mi considero tuttora un outsider del sistema dell’arte e lo frequento con curiosità.

Definisci la tua ricerca.

Dare una definizione può essere limitativo, rischia di diventare un’etichetta. Poiché mi muovo su versanti apparentemente distinti, mi attengo a una descrizione pratica. La mia ricerca si focalizza sull’arte acustica, declinata in forma di musica o di sound art, e sull’arte visiva attraverso la fotografia. Come in un gioco di vasi comunicanti mi ritrovo istintivamente a cercare una sintesi (non sinestetica, né narrativa) tra queste forme espressive.

Definisci il tuo modus operandi.

Cerco stimoli molto ampi, non necessariamente legati all’arte visiva. La mia formazione letteraria mi spinge a muovermi sempre da una riflessione teorica. Credo che ciò che caratterizza i miei lavori sia un approccio metodologico che indaga i limiti dei media utilizzati. Sono infatti interessato a prendere porzioni della realtà per straniarle attraverso una loro variazione funzionale. In tal senso la fotografia si rivela essere un vero e proprio correlativo della mia pratica musicale. Mi interessa la risonanza concettuale di elementi in cui lo sguardo e l’ascolto dello spettatore non siano saturi d’informazioni precostituite e dove il processo creativo possa intervenire con pochi gesti operando una rielaborazione semantica dei dati della realtà.

Descrivi l’opera che più ti rappresenta.

“1:10.000” del 2010, è una scultura sonora in cui la registrazione della risonanza di una cisterna petrolifera vuota viene riprodotta all’interno di una piccola tanica metallica affinché contenga acusticamente uno spazio diecimila volte più grande di essa.

Progetti recenti.

Gli ultimi mesi sono stati molto intensi. Quest’estate mi sono dedicato al progetto “Topophonie” per il festival “Comodamente” in cui ho fatto una mappatura acustica della città di Vittorio Veneto che ho poi rielaborato in una performance; ho realizzato degli interventi sonori per gli antichi spazi del Museo Revoltella – Galleria d’Arte Moderna di Trieste; sono stato poi invitato a L’Aja per realizzare un progetto site specific per la mostra di sound art “Eavesdropping”; infine sono stato selezionato per la novantacinquesima collettiva giovani artisti alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia.

Progetti futuri.

Nei prossimi mesi mi dedicherò a preparare una mostra personale a Berlino per la Galerie Mario Mazzoli. Gli impegni si stanno già accumulando, tra quelli più imminenti c’è una performance a Bologna alla BT’F gallery in occasione di Artefiera.

Rispondi alla domanda che ti sei posto all’inizio.

Chiedermi perché. Per cercare una possibilità di senso in ciò che faccio.

 

talent zoom è una rubrica curata da alberto zanchetta

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 77. Te l’eri perso? Abbonati!

 
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