21 aprile 2012

TAXART Nel modello unico pure l’arte tenuta all’estero?

 
Dal 2009, ci si può trovare in una situazione di irregolarità fiscale per aver dimenticato di indicare l’esistenza di un quadro nella casa di vacanza in Costa Azzurra. Che fare in situazioni di questo genere?

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Il Quadro RW della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche è ancora sconosciuto alla stragrande maggioranza dei contribuenti italiani. Infatti, nonostante abbia avuto l’onore delle cronache in relazione allo “scudo fiscale” dei capitali irregolarmente detenuti all’estero e, più di recente, a fine 2011, in relazione alle nuove imposte sulle case e sulle attività finanziarie all’estero, pochi hanno familiarità con l’obbligo di dichiarazione degli investimenti all’estero. Da quando l’Agenzia delle Entrate ha ampliato la nozione di “investimento all’estero”, anche i collezionisti devono tenere conto dell’obbligo di dichiarazione delle opere d’arte esistenti fuori dai confini del territorio nazionale. Con la Circolare n. 43 del 10 ottobre 2009, l’Agenzia delle Entrate ha, infatti, stabilito che non solo la consistenza a fine anno degli investimenti produttivi di reddito ma anche la consistenza a fine anno dei cosiddetti beni patrimoniali deve essere indicata, a partire dal 2009, nel Modello Unico, per l’appunto nel Quadro RW. Per beni patrimoniali s’intendono quelle attività che di per sé non producono frutti: gli immobili utilizzati direttamente dal proprietario e dai suoi familiari, le barche e le auto tenute a disposizione, i gioielli e – per l’appunto – le opere d’arte. L’obbligo di dichiarazione si estende anche ai movimenti finanziari che, nel corso dell’anno, hanno interessato tali beni: bonifici all’estero per acquistarli ovvero trasferimenti di denaro in caso di vendita. Ecco dunque che nel caso di collezioni detenute in più Paesi (caso non infrequente tra i collezionisti di opere importanti) di colpo, a partire dalla dichiarazione per l’anno 2009, ci si può trovare in una situazione di irregolarità fiscale per aver semplicemente dimenticato o trascurato l’indicazione dell’esistenza, per esempio, di un quadro importante in una casa di vacanza in Costa Azzurra piuttosto che di una scultura nel caveau di una banca svizzera. Che fare, dunque, in situazioni di questo genere? Le sanzioni derivanti dalla mancata indicazione del costo d’acquisto documentato, ovvero, in mancanza, del valore delle opere all’estero, comporta l’applicazione delle ferocissime sanzioni previste dalla normativa RW. La penalità è proporzionale all’importo non indicato ed è compresa tra il 10% ed il 50% dello stesso, di norma riducibile ad un terzo del minimo, ma pur sempre il 3,33%. Considerando che tali sanzioni si applicano per ogni anno di omessa dichiarazione e sono estese, in egual misura, all’importo dei movimenti finanziari non indicati, c’è apparentemente di che preoccuparsi. In particolare, i collezionisti che si trovano in queste condizioni avranno particolari difficoltà a disporre dei capitali derivanti dalle vendite di tali opere. Stante il monitoraggio dei trasferimenti di capitale dall’estero all’Italia e la comunicazione all’Amministrazione Finanziaria di tutti i movimenti finanziari di importo superiore a Euro 10.000 che le banche italiane devono effettuare, il rimpatrio del ricavato della vendita di un’opera d’arte detenuta fuori dall’Italia costituisce una sorta di autodenuncia per la mancata compilazione dei quadri RW per il 2009 ed il 2010 (il Quadro RW per il 2011 è – ovviamente – ancora normalmente compilabile). Vi sarà, dunque, la tentazione di evitare il rimpatrio dei proventi di vendita attraverso i normali canali bancari, con tutte le complicazioni che conseguono a tale decisione. Il consiglio a quei collezionisti che possiedono opere all’estero da lunga data e che hanno visto crescere nel tempo il loro valore è di non farsi particolare cruccio e di gestire serenamente le loro decisioni di vendita e reinvestimento, disponendo dei capitali attraverso gli intermediari finanziari italiani, rimpatriando altrettanto serenamente i proventi delle vendite. Oltre, naturalmente, al consiglio di inserire nella prossima dichiarazione dei redditi le opere all’estero. Infatti, due sono le considerazioni che portano a consigliare la regolarizzazione della situazione. La prima è che l’obbligo di dichiarazione riguarda il costo storico – quasi sempre documentabile soprattutto per le opere importanti – costo storico che può essere di gran lunga inferiore al valore attuale. Dunque, le sanzioni in caso di acquiescenza all’eventuale accertamento sulla mancata compilazione del Quadro RW per gli anni 2009/2010 potrebbero essere in pratica di importo limitato e comunque preferibili alle complicazioni derivanti dalla continuazione della situazione di irregolarità. La seconda, più importante, considerazione è che sul sistema sanzionatorio relativo al Quadro RW, in relazione, in particolare, ai beni patrimoniali e quindi alle opere d’arte che non producono reddito, pende una serissima ipoteca di illegittimità. Infatti, la misura delle sanzioni è chiaramente non proporzionale rispetto all’offesa. In altri termini, l’imposizione di una sanzione così grave (dal 10% al 50% dell’importo non dichiarato) viola il principio che solo un comportamento che arreca un effettivo danno all’Erario può essere oggetto di sanzioni sostanziali. Vi sono, quindi, più che fondate ragioni per sostenere che la mancata indicazione dell’esistenza all’estero di un’opera d’arte debba essere sanzionata esclusivamente con l’applicazione di una sanzione formale di importo fisso. E che la mancata indicazione dei movimenti di capitali tramite banche italiane non sia sanzionabile affatto. Questo orientamento, che si sta facendo strada in maniera concreta, potrebbe trovare riconoscimento anche a livello della Commissione Europea, con onseguente obbligo, per l’Italia, di modificare l’attuale sistema sanzionatorio previsto in materia di Quadro RW. Con il che si ristabilirebbe una situazione di equità e libertà nei confronti dei collezionisti residenti e senza colpe fiscali.
 
taxart è una rubrica curata da franco dante, specializzato in fiscalità dell’arte e founding partner dello Studio Dante&Associati

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 78. Te l’eri perso? Abbonati!

 
 
 
 

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