11 febbraio 2002

Riforma soprintendenze, intervista a Strinati

 
C’era una volta la Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici. Un decreto del Ministro Urbani ha trasformato le SBAS di Roma, Firenze, Napoli e Venezia in ‘poli museali autonomi’ ed i Soprintendenti in ‘conservatori delle collezioni’. ExibArt ne parla con Claudio Strinati, Soprintendente di Roma…

di

Da Soprintendenza a Soprintendenza speciale. Che cosa sta succedendo? Cosa cambierà?
Sta succedendo questo: il Ministero dei Beni Culturali vuole potenziare la politica dei musei, allora per fare questo ha pensato di portare un’innovazione.
Fino ad oggi i musei statali sono stati sempre aggregati alle Soprintendenze territoriali: per esempio il compito della Soprintendenza di Roma è stato quello di curare e provvedere alla salvaguardia delle opere d’arte che sono sul territorio a prescindere dalla loro proprietà – possono essere dello Stato, della Chiesa – in ogni caso la Soprintendenza è responsabile della catalogazione, protezione, restauro, conservazione e manutenzione dei beni culturali sul territorio. (per territorio intendiamo le chiese, i palazzi etc etc)
L’idea è invece dividere nettamente queste mansioni, affidando la gestione dei musei ad una Soprintendenza che è stata chiamata speciale in questo senso, super è un’espressione colloquiale che in realtà non ha senso… Non c’è niente di super c’è solo un modo di funzionare diverso da prima.
La Soprintendenza diviene il polo museale, vale a dire un unico ufficio coordina l’attività amministrativa, culturale, espositiva dei musei, ma non con il criterio precedente in cui la Soprintendenza – che curava sia il territorio che i musei – riceve di anno in anno dal ministero centrale dei fondi incanalati con il criterio dei capitoli di spesa e amministra i beni (determinati soldi spesi per restauri, altri per l’ordinaria amministrazione, per il personale etc etc)…
L’idea è, invece, di creare una struttura autonoma dal punto di vista amministrativo – finanziario: la Soprintendenza riceve dei fondi dal ministero ma poi si funziona con un Consiglio d’Amministrazione che amministra i fondi con un bilancio come fosse un’azienda.
Quindi ci sarà un bilancio preventivo, un bilancio consuntivo, un collegio dei revisori…
E la Soprintendenza può amministrare fondi di tante provenienze: fondi pubblici, ma anche quelli privati e può amministrare direttamente sia gli utili incamerati attraverso le biglietterie dei musei, i bookshop, i servizi aggiuntivi, che le sponsorizzazioni.
Chi dirige questo tipo di Soprintendenze è investito di compiti un po’ superiori rispetto al passato perché ha una responsabilità amministrativa e contabile diretta:c’è meno la mediazione con il superiore ministero… certo sempre dal ministero dipende, però ha autonomia di comportamento per cui se sa far funzionare bene la macchina l’istituto prospera e il soprintendente… è bravo e se la fa funzionare male l’istituto declina e il Soprintendente ne subirà le conseguenze.

Può spiegarci con qualche esempio (anche relativo alla Soprintendenza di Roma) quali realtà potrebbero essere migliorate con queste nuove possibilità di gestione – amministrazione?
Per esempio Palazzo Barberini, non è che vada male però ha ancora bisogno di tantissimi lavori: deve essere trasferito il circolo ufficiali, devono essere restaurati tanti ambienti deve essere ristrutturato l’allestimento, deve essere potenziata la sua capacità di acquisizione di opere d’arte operando con acquisti sul mercato etc… quindi è un museo che è come un’automobile: ha potenzialmente 100 cavalli, ma in verità sta funzionando soltanto con 20. L’amministrazione della Soprintendenza Speciale dovrebbe consentire a) di portare fondi importanti b) di concentrare l’attenzione su questo monumento c) di avere un unico responsabile che possa coordinare tutte le esigenze.
Un altro esempio clamoroso è Palazzo Venezia: il museo langue molto, è chiuso in parte, funziona poco, è poco conosciuto, è poco produttivo nell’economia generale della cultura nazionale, ha bisogno di essere letteralmente rigenerato la Soprintendenza Speciale potrebbe giovare a questo scopo.
Poi c’è il Vittoriano che è un monumento importantissimo e che soltanto da poco ha cominciato ad entrare nella vita della città… potenziare questo fatto potrebbe essere interessante sia per il turismo che per i cittadini… di fatto tutti i musei possono trarre giovamento, anche quelli che comunque funzionano benissimo: la Galleria Borghese, per dire, potrebbe avere pure vantaggio da questo.
Ci sono anche alcuni piccoli musei che funzionano benino: la Galleria Spada è un museo in piena efficienza… in realtà con il potenziamento delle strutture e degli allestimenti si potrebbe far affluire più pubblico, procurare quindi maggiori introiti e così il serpente si morde la coda, se le cose si sviluppano c’è possibilità di avere un movimento molto maggiore di visitatori, di attività… e di grandi mostre – tra l’altro non ho toccato per niente quest’argomento – c’è anche la possibilità di sviluppare grandi mostre che possano portare introiti notevoli anche a livelli collaterali, bookshop il cosiddetto merchandising. Quindi non cambia nulla rispetto al passato, nelle strutture essenziali, però dovrebbe migliorare il funzionamento amministrativo. Questa è un po’ la sintesi dl discorso.

E’ stato scritto che in qualche modo l’autonomia amministrativa delle nuove Soprintendenze potrebbe essere propedeutica all’ormai famigerato art.33 della Finanziaria, secondo cui il Ministero può ‘dare in concessione a soggetti diversi da quelli statali la gestione dei servizi finalizzati al miglioramento della fruizione pubblica e della valorizzazione del patrimonio artistico’. Cosa pensa in proposito?
Ma, insomma, io tutto sommato ne penso bene. Le polemiche che si sono fatte sono in realtà per lo più dettate dall’ignoranza. Molti hanno reagito sostenendo la tesi che questa norma avrebbe consegnato i musei dello stato ai privati, ma la formazione delle Soprintendenze Speciali dimostra il contrario: il ministero ha rafforzato i poteri dei Soprintendenti – quindi dello stato – però mette i Soprintendenti in condizione, dove hanno bisogno di collaborazione, di poterla avere e di non essere bloccati dalle pastoie della legge che lo impedisce.
In realtà questa legge dà maggiori poteri, ma non impone niente: non impone al soprintendente di privatizzare però gli permette di fruire di strutture private quando ne ha bisogno, che è una cosa ben diversa. Quindi io personalmente penso che la norma non sia affatto cattiva, dipende dagli uomini che la applicano.

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Maria Cristina Bastante

[exibart]

7 Commenti

  1. Bene, che bello!! Finalmente una notizia che ci svela (!) quale sarà lo stile di gestione del patrimonio artistico italiano!!!

    Analizziamo le risposte di Strinati:

    “La Soprintendenza (col criterio precedente) riceveva di anno in anno dal ministero centrale dei fondi incanalati con il criterio dei capitoli di spesa e amministra i beni (determinati soldi spesi per restauri, altri per l’ordinaria amministrazione, per il personale etc etc)”

    Obsoleto sistema democratico?

    L’idea è, invece, di creare una struttura autonoma dal punto di vista amministrativo – finanziario e amministra i fondi con un bilancio come fosse un’azienda. (!)

    Quindi ci sarà un bilancio preventivo, un bilancio consuntivo, un collegio dei revisori…
    E la Soprintendenza può amministrare fondi di tante provenienze: fondi pubblici, ma anche quelli privati e può amministrare direttamente sia gli utili incamerati attraverso le biglietterie dei musei, i bookshop, i servizi aggiuntivi, che le sponsorizzazioni (!!!!!!!!).

    (Quindi …. tutti coloro che vogliono mettere il naso nella nuova illuminata gestione….. basta che paghino)

    “L’istituto dipende dal soprintendente… se non è bravo e se lo fa funzionare male l’istituto declina e il Soprintendente ne subirà le conseguenze.”

    Quindi un sovrintendente colto, praparato e intelligente….. ma non manageriale sarà sicuramente defenestrato….

    “Può spiegarci con qualche esempio (anche relativo alla Soprintendenza di Roma) quali realtà potrebbero essere migliorate con queste nuove possibilità di gestione – amministrazione?
    Per esempio Palazzo Barberini, non è che vada male però ha ancora bisogno di tantissimi lavori: deve essere trasferito il circolo ufficiali”

    Certo…. è naturale e giusto! Il circolo ufficiale fa ‘cultura libera’ da anni, senza guardare il colore, il denaro o la parte politica.
    E’ uno dei pochi posti di Roma in cui gli artisti, i poeti, i musicisti possono ancora veramente incontrarsi, fare mostre, partecipare ad eventi senza essere amici di qualcuno…. o spendere miliardi, mantenerlo in piedi è un insulto ad una gestione monopolistica dell’arte!
    GRAZIE SOVRINTENDENTE QUESTA SI CHE E’ UNA BUONA IDEA!!!

    Ma molto bella è anche questa battuta:

    “… quindi è un museo che è come un’automobile: ha potenzialmente 100 cavalli, ma in verità sta funzionando soltanto con 20.”

    A parte il paragone … poco consono con le finalità di un museo….
    bisogna vedere se potenziare la ‘velocità’ porta ad un avanzamento della cultura o solo un accrescimento del patrimonio dell’ente.

    “di avere un unico responsabile che possa coordinare tutte le esigenze”

    Ovviamente io penserei ad organizzare in tal senso una cerimonio di investitura tipo….. incoronazione imperiale….

    “Un altro esempio clamoroso è Palazzo Venezia: il museo langue molto, è poco conosciuto, è poco produttivo nell’economia generale della cultura nazionale, ha bisogno di essere letteralmente rigenerato la Soprintendenza Speciale potrebbe giovare a questo scopo.”

    Perchè non dare tutto in mano a chi gestisce le mostre temporanee ed il bookshop, nel palazzo? Hanno la bellissima abitudine di cacciar via la gente un quatro d’ora prima della chiusura!!!
    Con un notevole risparmio per l’AZIENDA/SOPRINTENDENZA di almeno un pò di energia elettrica!!!

    A.F.

  2. Certamente i musei da tempo non godono di “buona salute”. Se il pericolo del governo Berlusconi è trasformare i sentimenti in patrimoni e conti economici, e quindi le passioni come quella per l’arte, in fruttuosità monetarie, immaginiamoci allora le svolte artistiche che ci sono state nei secoli passati, cosa non sarebbero potute essere oggigiorno, ovvero, cosa mai non sarebbe stata la pittura con Pollock, Picasso, Balthus, Mondrian, Klee, se quell’arte (quell’idea dell’arte) non avesse prodotto il ritorno d’utile e il guadagno che i soprintendenti di adesso (di matrice bocconiano aziendale)avranno come elementi di giudizio.
    Pensiamo invece come persino: la Chiesa, ha osato con Carvaggio. Quanto oseranno i soprintendenti berlusconiani? Quanto sapranno essere, oltre che ciarlieri come Sgarbi o Elkan, anche lungimiranti e condottieri dell’arte?
    Semmai lo fossero, il problema dei musei si ridurrebbe all’insensibilità dei vecchi soprintendenti e dei burocrati di Stato che devono essere defenestrati e destituiti dai loro incarichi. Per non credere di risolvere con un caffé e una pagina web l’arte e la sua esposizione. Il punto nodale della faccenda, sta nello spazio comunicativo con la gente che hanno ricevuto fino ad oggi le opere, e quindi nella strumentazione, nelle tecniche in generale di comunicazione, adottate per comunicare ed informare quanto esista come patrimonio inestimabile nei musei, in quanto pensiero prim’ancora che stile.
    I contributi come le nuove tecniche di comunicazione informatica vanno benissimo, gli spazi d’incontro e di dialogo abbinati con le sale espositive sono necessarie (e anche una serie di sedie ogni tanto per far riposare i piedi), ma tutto questo è un in più che viene utile ad una gestione meno statica mentalmente come è avvenuto in questi ultimi trent’anni, nella cultura come in altre istituzioni comunque sofferenti di pastoie burocratiche e inerzie politiche. In conclusione: è proprio necessario dare a dei curatori fallimentari il patrimonio artistico italiano?

  3. … Quanto parla questo signore! sembra un ipermonologo di Berlusconi.
    Poi, quando ho letto: “la Soprintendenza riceve dei fondi dal ministero ma poi si funziona con un Consiglio d’Amministrazione che amministra i fondi con un bilancio come fosse un’azienda”, non ho avuto più dubbi.
    E’ Lui!
    Avrà assunto anche questo incarico; ad interim, ovviamente.
    Ciao, Biz.

  4. Io sono per l’anarchia dell’Arte.
    Se per anarchia dell’Arte s’intende attribuire finalmente un così peculiare particolararismo all’Arte tanto da considerarla avulsa da come tutto il resto è normato, con privilegi da Imperatore orientale e un autogoverno quale solo la leopardiana Natura matrigna può vantare.
    Tutti gli omuncoli e ominastri che ci speculano e tutti gli spettatori che pretendono di guidare l’Arte, anzichè essere guidati da Essa, con le loro volgari pulsioni e con la smania di corrompere questa sublime Forma della carne e dello spirito al loro gusto, sono piccoli, tanto piccoli.
    E tutto questo bla bla bla, tutta questa fuffa, questa noia di transtutto, dove la stanchezza dell’arte contemporanea costringe ad un nuovo espressionismo: nascondersi oggi per emergere, dignitosamente, domani.
    Non mi basta vedere un barboncino con una banana in testa o un ponte tappezzato di forni a microonde per provare un senso di sussiego a chi me li propone come arte.
    E nemmeno partecipare a quel vernissage così “trend” ed andarci con due figone rosso fuoco che mi sbavano addosso perchè ho una rivista d’arte.
    O magari sfogare tre o quattro dei miei miseri istinti di vendetta e scrivere qua e là qualcosa di bello o brutto a seconda della simpatia o di quello che voglio dire a nuora affinchè suocera intenda.
    A mio parere, e non m’illudo certo che condividiate, l’Arte è un’altra cosa, compreso il cosiddetto mercato.
    Forse mi ripeto, ma non vedo proporre cose davvero nuove, capaci, formative.
    Anche la visibilità è importante, e ribadisco il fatto che ultimamente Exibart, certo, non aiuta.

    Ciao, Biz.

  5. E’ proprio vera questa cosa che dici, caro Biz: gli spettatori che pretendono di guidare l’arte, o meglio gli operatori del sistema che adeguano l’arte alle esigenze dello spettatore medio.
    Qui sono intervenuti, in calce ad un altro articolo, due collaboratori di Arte.
    Che mi dicono a proposito dello scritto di Zucchi? Lo condividono in pieno?
    E basta col protagonismo dell’uomo qualunque, che poi non serve ad altro che ad usarlo!
    E’ giusto che l’arte non gli interessi, preferisce la tv, il cinema bulli e pupe, un vestitino griffato,una macchina, un poster ikea o un telefonino col calcolo del ciclo femminile! Che se lo compri e non rompa le balle, che vada pure alla deriva, c’est la vie!

    Che idea hanno il signor Diez e il signor Riva, che non sono la gente comune, della pittura?
    A me non può far altro che piacere questo ritorno, ma non al modo di Zucchi.
    Allora dico, proprio quando riuscivo a capire qualcosina, a fare qualche distinguo nei linguaggi non tradizionali, meglio le pseudoavanguardie della pittura che si cerca di spacciare adesso:
    che cos’è, per esempio, Kostabi?
    Perché deve entrare in Italia una cosa del genere? Chi glielo permette? Piuttosto mi indebito fino al collo tutta la vita, ma compro un Léger, un Carrà metafisico o addirittura De Chirico.
    Già, l’Italia è un paese libero e accogliente, liberista meglio, una bella cartolina, ma perché ci dobbiamo subire tutte le baggianate american style?
    Dev’essere un tipo simpatico, d’accordo, un giovialone.
    Non gli piace più stare a New York? Che se ne vada in Carolina, Louisiana o in Virginia, o nel Gran Canyon: l’America è grande, e forse anche molto bella, grazie alla natura.
    O se proprio vuole un brivido europeo se ne vada in Inghilterra, così non deve neppure cambiare troppo le sue abitudini e nelle sue cartoline ci mette una Spice girl abbracciata Robbie Williams e due belle pecorelle , lasci stare quelle di Bergamo.
    La pittura muore con questi individui, proprio perché non ce l’hanno dentro.
    Su Schoolwert: sì, ha ragione il signor Riva, è molto meglio della stilista scenografa (ma pittrice proprio no), che fa le bambinette con le gambe attorcigliate e si arrampica sugli sgabelloni, ma di pittura vera, in quei quadri riprodotti sulla rivista ce n’è poca. sarà al qualità della riproduzione, forse.
    Si cerca di riabituare lo spettatore per gradi, come quando si fanno le terapie con il metadone?
    E poi Papetti: e ditelo che è una fotocopia di Ossola, cosa c’entra Giacometti! Purtroppo ultimamente non ha fatto dei bei quadri, ma è stato molto, ma molto meglio di questo qui.

    Fine dello sfogo.
    Collaboratori di Arte, non ce l’ho con voi, ma aiutatemi a capire, per favore.

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