31 maggio 2013

Artista, guida e terrorista

 
Artista, guida e terrorista
Chiara Fumai, alla Fondazione Querini Stampalia, racconta in veste di cicerone le vicende più oscure della storia dell'arte. Svelando la vita dei personaggi ingabbiati nelle opere, con un'azione fisica. E anche psicologica.
di Anna D'Elia

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È nei panni di una guida museale che Chiara Fumai si presenta al pubblico per condurlo lungo le sale della Fondazione Querini Stampalia, alla scoperta dei segreti racchiusi nei suoi capolavori. La performance dal titolo I did not say or Mean Warning proseguo della rilettura di Valerie Solanas, azione con cui quest’anno l’artista ha vinto il premio Furla, aggiunge una nuova identità alle tante già interpretate dalla Fumai, proseguendo il suo viaggio esplorativo nella sua soggettività multipla e nelle menzogne del potere, anche quando questo si cela tra le immagini dei capolavori del passato. Il pubblico la segue lusingato e sorpreso, attratto dalla singolare
situazione in cui è coinvolto e ascolta con attenzione i suoi commenti, a cominciare dall’Allegoria dell’Aurora, l’affresco di Jacopo Guarana che ricopre il soffitto del salone d’accesso al Museo. La lettura non è neutra, dalle parole della guida arriva un particolare trasporto che la rende complice dei personaggi dipinti, quelli femminili soprattutto, di cui vengono svelati segreti mai conosciuti prima. Quello di Nicolosia, per esempio, venduta per venti ducati dal padre al Mantegna, raffigurata di tre quarti nella Presentazione di Gesù al Tempio (1438-40) , una tra le tante donne invisibili che chiedono vendetta. Un primo atto di giustizia si compie proprio qui, nel museo, grazie alla particolare “cicerona”, nelle cui sembianze si nasconde non solo l’artista, ma una terrorista che pronunzia parole mute di minaccia. Il volto della Fumai si altera, il suo corpo pure mimando nei gesti la rabbia di una doppia violenza, quella subita da Nicolosia e quella dell’anonima giustiziera, una femminista militante che grida la sua protesta. Artista, guida e terrorista si fondono in un’unica figura della quale il pubblico avverte la forza, guardando in maniera diversa le opere esposte attraverso i suoi occhi e le sue parole. Dinanzi alla Giuditta (1517 circa) di Vincenzo Catena, un’altra verità viene alla luce: Rosa Scardona dipinta nei panni di Giuditta è la concubina del pittore e, parlando per bocca di Chiara Fumai, esprime i suoi dubbi, rivela sé stessa fuori dalle interpretazioni che la storia ne ha consegnato, libera di diventare persona, fuori dal personaggio che l’ha per secoli racchiusa nella sua gabbia. 

La visita prosegue rivelando le diseguaglianze subite dalle nobildonne ritratte anche quando si tratta di dogaresse. Tutto, dall’abito ai monili, è costruito dal pittore (Nicolò Cassana) per oscurare, dietro il luccichio dei gioielli, quello dei suoi occhi, velati da una patina di ottusità.
L’oscuramento dell’immagine femminile segue una meticolosa strategia come dimostra anche questo dipinto collocato sullo stipite della Sala dei Ritratti. La visita prosegue rivelandosi sempre più per quello che è: una contro-visita per dire ciò che le guide ufficiali tacciono, ciò che la storia ha ignorato, il primo passo per riscrivere l’intera vicenda dell’arte da un punto di vista di genere. La performance nella sua versione in video è diffusa attraverso tre schermi negli spazi di servizio e di passaggio della Fondazione, quasi a sottolineare che la verità, talvolta è negli scantinati, e che bisogna scovarla. L’opera è visionabile fino al 30 giugno, la live performance sarà replicata fino alla stessa data, alle 16,30 secondo il calendario previsto e va prenotata all’indirizzo didattica@querinistampalia.org 

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