19 giugno 2013

Fino al 20.VII. 2013 Luciano Fabro 1983 Milano, Salone Napoleonico Accademia di Belle Arti di Brera

 
Tra i protagonisti dell’Arte povera e della "Casa degli artisti", docente all’Accademia di Belle Arti di Brera, Fabro rivive nelle sue opere e nelle cinque generazioni di studenti che hanno frequentato le sue lezioni -

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Oltre che un artista concettuale, Luciano Fabro (1936-2007) è stato maestro d’arte e di vita per molti studenti, che ha educato a considerare qualsiasi cosa come un presupposto per sviluppare e qualificare il proprio fare, perché il primo momento sta nello sguardo che opera nello spazio. Nel 1959 Fabro da Torino si trasferisce a Milano, dove smuovono il clima di perbenismo borghese ancora refrattario alle avanguardie, Lucio Fontana, Piero Manzoni, Dadamaino, Castellani, Mario Nigro, e ci sono gallerie e critici come Carla Lonzi e Saverio Vertone. Nel 1965 l’artista torinese tiene la sua prima personale nella galleria Vismara, a Milano. Nella Sala Napoleonica dell’Accademia di Brera, tra gli antichi gessi dei due Torsi di marmo, il calco del Cinghiale e dell’Ilisso, opera di Fidia, i gessi provenienti dal frontone est del Partenone e altre sculture classiche che trasudano una bellezza senza tempo, si erge un imponente white cube minimalista di carta bianca, d’impatto scenografico, che altera e modifica la percezione dello spazio. È un ambiente aperto su due lati (recto e verso), di sei metri per quattro d’altezza, che vive di luce ricostruito da alcuni studenti di Brera del corso di scultura coordinati da Luciano e Carla Fabro. Bisogna osservare i dettagli per cogliere le ombre riflesse di calchi antichi, delle copie d’ingresso del Partenone donate da Antonio Canova ai primi dell’Ottocento all’Accademia e altri bagliori che si proiettano su candidi fogli di carta.
Luciano Fabro, 1983, vista della mostra

 

L’installazione, in bilico tra leggerezza e solidità, è composta da quadrati di carta e le fessure segnano i confini tra esterno e interno, stabilendo un dialogo tra il passato e il presente. Fabro rivive più che nell’opera, nella sua ricostruzione, qui rilevante per dimostrare l’incontro tra l’artista e l’Accademia. È stato ricostruito l’Habitat di Aachen presentato nel 1983, il primo anno di docenza a Brera, dall’artista nella città di Aachen, Aquisgrana in Germania, mai esposto in Italia. L’opera è un miracolo di statica, si basa su bacchette di ferro e incastri perfetti, nel complesso si percepisce una sintesi tra esecuzione manuale e concetto, ma le proiezioni di luce che creano illusorie fessure sulla carta, sul  pavimento e il soffitto non creano l’effetto della trasparenza. 
Gli studenti mettono in pratica  il “fare concreto” del maestro, anche se la Sala  Napoleonica è già di per se un’opera d’arte impregnata di storia e di memoria. L’installazione non crea quel complesso sistema di relazioni vitali che tutti gli habitat  di Fabro mettono in scena, in questa nuova versione manca l’anima, prevale un manierismo tecnico. Questa enorme scatola di carta, effimera e solida allo stesso tempo, simile a un teatro delle ombre cinesi, qui viene fagocitata dal “peso” del passato, dalla presenza dei calchi e delle opere antiche che restano le protagoniste. 
Jacqueline Ceresoli
Visitata il 23 maggio
Dal 23 maggio al 20 luglio 2013   
Luciano Fabro 1983
Accademia di Brera, Salone Napoleonico, 
via Brera 28, Milano
Orari: Lun-ven 9-18.30, sab 9-14, ingresso libero.

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