04 luglio 2013

Reading Room

 
La lucidità critica contro il meretricio dell’installazione
di Andrea D’Ammando

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Un inventario di criteri e categorie da aggiornare e riscrivere costantemente. Questa, da ormai quarant’anni, è l’idea di critica d’arte che guida il lavoro di Rosalind Krauss, figura tra le più importanti nel panorama americano e internazionale. Questo, soprattutto, il paradigma operativo che le ha permesso di muoversi con efficacia e credibilità all’interno dell’universo sempre più frammentato delle pratiche artistiche contemporanee, di cui proprio Krauss ha fornito alcune delle letture più lucide del secolo scorso. L’intenzione, più volte espressa nel corso degli anni, di fondare rigorosamente il proprio lavoro critico, è stata infatti sempre accompagnata dalla volontà di rinegoziare costantemente i canoni operativi sottesi a quello sforzo teorico, allo scopo di fuggire un irrigidimento che ne avrebbe compromesso la capacità di confrontarsi con i continui spostamenti di asse dell’arte novecentesca.  
Sotto la tazza blu – l’edizione italiana si avvale dell’ormai consueto e prezioso lavoro di Elio Grazioli – si inserisce in questo percorso come il risultato compiuto dell’ennesima revisione critica operata da Krauss, ponendosi come il punto di arrivo di un intero decennio di riflessioni dedicate al tema del medium artistico. 
Nel 1999, l’autrice viene colpita dalla rottura di un aneurisma, che la costringe a tre operazioni neurochirurgiche e ad un periodo di riabilitazione cognitiva indirizzato al ripristino della piena funzionalità mnemonica. All’epoca Krauss, dopo aver decostruito l’essenzialismo avanzato da Clement Greenberg e operato il definitivo parricidio intellettuale nei confronti del maestro con l’Informe, ha già avviato, con lo scritto su Marcel Broodthaers dello stesso anno, una ricognizione intorno ad alcune delle concezioni che ne avevano guidato il pensiero critico fino ad allora: Sotto la tazza blu è il racconto di questo duplice sforzo, teso a superare i contraccolpi fisici dell’operazione e, soprattutto, a riorganizzare il proprio impianto teorico di fronte alle sfide poste dai recenti sviluppi culturali e artistici.
Rosalind Krauss

 

Il lavoro di Krauss è mosso in prima istanza dalla necessità di ripensare il ruolo e la funzione del medium nell’era dell’arte postmediale, un’epoca che, dopo la sbornia del postmodernismo artistico e filosofico, ha visto la scomparsa di ogni riflessione sulla capacità del supporto tecnico di fondare la coerenza e le possibilità stesse di una produzione estetica. Arte Concettuale, decostruzionismo e Video Art hanno infatti al tempo stesso svuotato di senso la tradizione di ogni disciplina e aperto il campo a quello che la stessa autrice chiama”il meretricio dell’installazione”, frutto proprio dell’istituzionalizzazione degli attacchi alla specificità mediale. Sullo sfondo di tale apertura all’eterogeneità assoluta dei mezzi artistici, per Krauss viene a configurarsi un pericoloso avvicinamento al kitsch della società capitalista, quell’insostenibile leggerezza di una pratica artistica che simula la profondità estetica e morale di un’arte densa di significati, per sciogliersi invece in un semplice spettacolo globale che ne corrode la credibilità. Krauss, a una tale situazione, oppone un gruppo di artisti capace di restituire peso e importanza al medium delle varie arti, una sorta di avanguardia contemporanea capace di “reinventare” nuovi media specifici e, al tempo stesso, di riportare in auge la memoria di alcuni supporti tecnici resi ormai obsolescenti dagli sviluppi tecnologici.
A riecheggiare sono le argomentazioni di Clement Greenberg, di cui Krauss sembra riprendere alcune istanze di fondo, ribaltandone però la cifra concettuale più significativa. Se infatti la nozione di kitsch evocata, pur filtrata da richiami impliciti ed espliciti a Debord e Jameson, risponde in buona parte alle stesse preoccupazioni greenberghiane, il medium a cui Krauss si richiama non è più il mezzo prettamente fisico del modernismo: esso è ora un supporto tecnico, una sostanza logico-linguistica che funziona da principio generatore di regole condivise. I nuovi “cavalieri” del medium operano sui nuovi mezzi, presi spesso dalla cultura di massa e altrettanto spesso coincidenti con dispositivi tecnologici ormai superati dai recenti sviluppi, reiterando una riflessione su di essi che ne trasforma le caratteristiche peculiari nelle fondamenta di un nuovo linguaggio accettato. 
Ecco dunque l’automobile di Ed Ruscha, i film di animazione e le cancellature di William Kentridge o il rullo di diapositive di James Coleman, porsi come la strenua difesa della specificità di un medium reso manifesto e utilizzato come sintassi di fondo della produzione. L’esigenza di Krauss è quella di legare la creatività artistica alle convenzioni di un dato dispositivo, sia esso tecnico o linguistico: seguendo il riferimento degli scacchi, per cui ogni mossa è al tempo stesso una libera improvvisazione legata alla convenzione regolativa fornita dal supporto della scacchiera, l’arte si ritrova per l’autrice nella condizione di dover necessariamente ritrovare quell’autonomia messa in crisi da decenni di attacchi, e che sola invece può fornire criteri di giudizio che ne valutino la validità.
Per Catherine David, direttrice di Documenta X, il “cubo bianco” modernista che aveva sancito la separazione ontologica dell’arte dal mondo, è stato ora sostituito dal “cubo nero” della sala cinematografica, dei video e dei nuovi media, capace di gettare nell’oblio della Storia le pretese di purezza di un’arte che si era ritagliata uno spazio a sé stante nel circuito estetico. Krauss risponde a questo smembramento dell’autonomia con una pratica artistica in grado di concentrarsi nuovamente sulla specifica valenza del supporto, ristabilendo al contempo la memoria di quello stesso concetto di medium ormai svuotato di senso e tradizione: una memoria del “chi sei” che, parallelamente, proprio Krauss ha duramente recuperato dopo il trauma cerebrale che ne ha messo a rischio la capacità mnemonica.

Autore: Rosalind Krauss
Titolo: Sotto la tazza blu (Under Blue Cup, trad. it. di Elio Grazioli) 
Editore: Bruno Mondadori
Anno di pubblicazione: 2012
ISBN: 9788861597235
Pagine: 151
Prezzo: 30 euro

2 Commenti

  1. l’universalità,l’oggettività,la mancanza di senso-significato,la freddezza,l’impersonalità,l’aseità tecno-ontologica……tutto ciò spaventa,allora è più rassicurante guardare al passato prossimo:al calore,alla soggettività ,al senso,al messaggio,al particolare….pura nostalgia di chi non hà compreso lo svelamento tecno-ontologico dei propri tempi,o forse ne hà solo paura perchè una intera tradizione di sicurezze viene annientata….

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