01 ottobre 2013

Le “Mosche Bianche” si trovano a Faenza, per discutere futuro e strategie dell’arte nella provincia italiana. Tre domande a Matteo Zauli

 

di

Matteo Zauli

Tra gli altri appuntamenti dell’Art Week faentina, in scena da domani nella cittadina romagnola c’è forse una tavola rotonda, giovedì alle 15 al Museo Zauli, che non solo parlerà d’arte, ma di quella “geografia del visivo” maggiormente diffusa in Italia. Dove i grandi centri spesso sono “lontani” e dove tra pianure e valli, da nord a sud, trovano spazio gli “indipendenti”, o comunque quelle realtà istituzionali lontane dai circuiti principali, ma in grado di fare l’humus culturale della penisola, e di creare reti talvolta virtuose, e inaspettate. A cura di Matteo Zauli e Alessandro Bollo, il convegno vedrà la partecipazione di Andrea Bartoli, Lorenza Boisi, Raffaello De Ruggieri, Sergio Flore, Angel Moya Garcia, Paolo Naldini, Ludovico Pratesi, Antonio Presti e dello stesso Zauli, in rappresentanza di altrettante realtà che vanno dalla Tenuta dello Scompiglio a Fiumara d’Arte. Ecco cosa ci ha raccontato il curatore su questi “eccentrici luoghi dell’arte contemporanea in Italia”.
“Mosche bianche”, ovvero le esperienze dell’arte contemporanea nella provincia italiana. E l’Italia è la provincia dell’arte?
«Certamente la sensazione è questa, almeno se interpretiamo la domanda in riferimento alla contemporaneità. Il nostro non è Paese per artisti, curatori né tantomeno per chiunque voglia dedicare la vita all’arte contemporanea. E basta viaggiare un po’ all’estero per rendersene conto. Sono moltissimi ormai i Paesi nei quali dedicarsi all’arte è certamente più facile. Credo che tutto questo sia anche fisiologico: abbiamo troppa ricchezza passata da tutelare e troppi problemi economici attuali perché le cose siano diverse, ma questo non esclude che anche nel nostro stato non si possa combinare qualcosa di buono. Si tratta di intraprendere un percorso ad ostacoli lungo il quale c’è una selezione durissima e nel quale, pur con i nostri limiti ed ansie,  possiamo sentirci senz’altro più rari e più eroici che in moltissimi altri posti nel mondo. Ed è un Paese che ci costringe ad essere creativi ed equilibristi. Insomma, non c’è tempo per annoiarsi…»
Reti, alleanze, visioni comuni che rendono luoghi “impossibili” per lo sviluppo dell’arte di oggi dei luoghi “eccentrici” e forse anche eccellenti. Quali sono gli esempi migliori sul panorama nazionale? Chi sono le vere “mosche bianche”?
«Nella preparazione di questo appuntamento Alessandro Bollo ed io abbiamo individuato nove realtà esemplificative di cosa si può fare in Italia lontano dalle grandi città. La nostra scelta non è da interpretarsi come una classifica di merito, ed anzi, in una seconda parte della nostra ricerca speriamo di allargare questa compagine ad altri esempi che, lontano dai grandi centri, riescano ad esprimere con continuità programmazioni culturali di alto livello. Sarebbe un risultato bellissimo, che restituirebbe l’immagine di un’Italia patria di molte preziose e peculiari piccole identità culturali, come d’altronde è nella propria identità storica più ampia.
Abbiamo invitato realtà eterogenee, molto diverse per natura e dimensioni. Accanto a istituzioni pubbliche e private di grande peso istituzionale, come Cittadellarte di Biella, il Centro d’arti visive la Pescheria di Pesaro e la Fondazione Zètema di Matera abbiamo scelto strutture più piccole e eterodosse, che ci restituissero la vivacità e la capacità di innovazione che è così prepotente in questo paese: Farm Cultural Park di Favara, la Fondazione Fiumara d’Arte, la Tenuta dello Scompiglio di Vorno, CARS di Omegna. Per concludere con noi e la Fondazione Nivola di Orani, in Sardegna, istituzioni dedicate ad artisti scomparsi che sono andate oltre la propria vocazione storica e sono entrate, come le altre, nella più stretta contemporaneità e nelle politiche di sviluppo culturali dei propri territori».
Questo convegno darà voce a realtà spesso escluse dai circuiti mainstream, ma non per questo meno interessanti o meno preparate. Perché manca l’attenzione pubblica, e anche dei privati, nei confronti di realtà che potrebbero cambiare decisamente orizzonte in una realtà locale?
«Spero di rispondere a questa domanda senza cadere nel facile e solito vittimismo anti-italiano. Manca senz’altro un’attenzione pubblica diffusa nei riguardi di queste realtà di provincia. Tranne rarissime eccezioni, infatti, manca completamente l’attenzione dei media tradizionali su queste realtà. Troppo decentrate, e per giunta in un ambito troppo di nicchia. Ma per fortuna oggi abbiamo una nuova risorsa; la comunicazione via web e i social network ci danno la possibilità di confrontarci costantemente all’interno di una comunità nazionale ed internazionale. Abbiamo molte risorse di comunicazione che stiamo imparando ad usare sempre meglio e perfezionando. Tutto questo genera meno solitudine e nuova linfa, che ci porta a progettare le cose inquadrando prospettive diverse. Se non possiamo influenzare il mainstream, forse possiamo definirne un altro, e dedicare le nostre energie a renderlo sempre più forte».

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