22 novembre 2013

Italiani in America. Gabriele Tinti ci racconta del Queens Museum, che ha scelto l’interazione tra le arti per ricominciare il suo percorso

 

di

Queens Museum of Art

Una settimana di eventi per il rinato museo del neighborhood più colorato e vivace di New York, il Queens. 40 per cento di bianchi, 20 per cento di afroamericani, 17 per cento asiatici, uno scarso numero di nativi americani, 25 per cento di ispanici e un 10 per cento di altre etnie formano il distretto con la superficie più ampia e il secondo più popolato della Big City: una varietà che si rispecchia in quelli che sono i programmi del Queens Museum, che ha riaperto i battenti pochi giorni fa dopo 4 anni di restauri per un totale di 65 milioni di dollari. Tra i protagonisti delle iniziative legate al re-opening c’era anche Gabriele Tinti, autore italiano che a New York ha presentato il suo All over, una raccolta poetica edita da Mimesis e A man, art book comprendente alcuni disegni dell’attore americano Burt Young, recentemente apparso anche in compagnia di un altro italiano, il regista Michele Civetta, giovane filmaker che ha girato video per  Lou Reed, Sean Lennon, Yoko Ono. Abbiamo chiesto a Tinti di raccontarci la sua New York, con un occhio di riguardo al rinato museo del Queens. 
Lettere, cinema e arte: tutto mixato per la nuova apertura del Queens Museum. Che atmosfera si respira?
«Si respira un’atmosfera importante come d’altronde in tutte le istituzioni americane. Il nuovo Museo – tra l’altro un Museo da sempre molto amato dai newyorkesi e dai turisti – si presenta splendidamente rinnovato, con uno staff giovane che desidera riportarne le attività al centro di un quartiere enorme e complesso com’è il Queens. Ciò attraverso una programmazione trasversale, capace di comprendere eventi di letteratura, grandi mostre, eventi di cinema e di musica. Tutte le discipline creative sono d’altronde sempre rappresentate, promosse, prodotte nei Musei d’oltreoceano. Purtroppo raramente ai Musei di casa nostra viene affidata una tale ricchezza di progettualità. Dovremo aspettare molto prima di assistere ad un reading di poesia in uno spazio d’arte italiano e ancor di più prima di vedere affidato un evento alla curatela dei poeti come avviene regolarmente negli USA (com’è avvenuto recentemente al MOMA http://www.moma.org/visit/calendar/events/18051 e com’è stato per la Poetry Series del Queens Museum cui ho fatto parte)».
Nel 2011 lei ha scritto “New York Shots”. Da italiano, come vede la Grande Mela oggi, soprattutto nel suo quartiere più multietnico? 
«New York rimane per me una delle città più stimolanti al mondo. Torno qui sempre almeno due, tre volte l’anno per presentare i miei progetti. Semplicemente c’è più professionalità, più vitalità da parte delle Istituzioni e dei privati. Qui si trova un’attenzione, un entusiasmo, delle possibilità di veder riconosciuto il proprio lavoro che in Italia difficilmente si trovano, presi come siamo nelle logiche dei piccoli gruppi settari e autoreferenziali». 
Il Queens Museum ha scelto di aprire, appunto, con un italiano. Segno tangibile della grande apertura dell’istituzione. Che effetto le ha fatto? Ci racconta un po’ che cosa si è messo in scena?
«È stato naturalmente un onore far parte degli eventi di riapertura del Museo. Il mio progetto rientrava nella rassegna dedicata alla poesia curata dal poeta Paolo Javier che ha incluso, e includerà fino alla fine dell’anno, performance di autori importanti come Charles Bernstein, Tan Lin, Stephen Motika, Susan Bee. Il nostro evento ha compreso il mio reading assieme a quello di Burt Young – attore indimenticabile in film come Rocky, C’era una volta in America, Chinatown -, una discussione tra me e il mio traduttore Nicholas Benson – che per gli Stati Uniti ha tradotto classici italiani come Ugo Foscolo, Aldo Palazzeschi, Attilio Bertolucci – e la proiezione del poetry film basato su di una mia poesia girato da Michele Civetta  e interpretato da Burt Young. È stato bello vedere Burt commuoversi – assolutamente fuor di retorica o di finzione ma soltanto per aver interiorizzato completamente le mie parole – nel leggere la prima, drammatica, poesia della mia raccolta. Vedere un attore importante come lui così coinvolto è stata la mia più grande soddisfazione».      

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