14 marzo 2014

Reading Room Si può ancora sollevare la questione della bellezza?

 
Si può ancora sollevare la questione della bellezza?
di ernesto jannini
Un dialogo serrato sull'immagine, l'arte e la bellezza. Dietro l’apparenza dell’opera per afferrare il mistero dell’origine

di

“L’arte è un vento furioso che scopre l’anima, la mette scrupolosamente a nudo. Ne rivela l’unicità, l’aspirazione ad una perfezione che neppure riusciamo ad immaginare. Qui il suo senso e ciò che chiamiamo bellezza. Qui scopro amore e dolore e gli occhi si riempiono di lacrime, mentre il cuore sussulta. Qui ci si può perdere o ritrovare. Morire o vivere di più, più intensamente. Questa è la celebrazione della vita.”
Sono parole tratte da un dialogo tra Paolo Biscottini, direttore del Museo Diocesano di Milano e Giovanni Ferrario, artista, nonché docente nella stessa città, di Fenomenologia e critica d’arte presso l’Università Cattolica.
La copertina del libro
I dialoghi tra i due interlocutori, pubblicati da Mimesis/Eterotopie si spingono verso la “Radura dell’Arte”,  come recita il titolo del libro, costituita dagli intramontabili temi che ruotano attorno al nucleo dell’arte. Nei momenti in cui quest’ultima sembra offrire il fianco ad equivoche compromissioni col mercato riaffiorano gli interrogativi di chi si spinge più in là, mosso  da un interesse disinteressato, per dare voce a quel bisogno di verità e bellezza che ha sempre contraddistinto il sorgere di una cultura umanistica. Colpisce, in queste conversazioni, la tensione a cercare ciò che si cela dietro l’apparenza dell’opera  per trattenerne il fascino dell’origine e saggiarne la tenuta ontologica. Tra i temi significativi riaffiora quello del “mistero”, categoria invisa alla cultura razionale e tecnocratica, ma anche il tema della “forma” e, come si è visto, quello della “bellezza”, finita sotto la pressa dell’estetica del concetto. Ci si interroga sulla potenza dell’immagine ed anche sul percorso che l’artista compie per spingersi sui sentieri della alte espressioni artistiche che -sostiene Biscottini- si configurano  come “apertura poetica alla vita”.
Non vengono taciute, in queste conversazioni, i dubbi e le perplessità circa la portata effettiva di alcune opere d’attualità molto celebrate da una critica partigiana e che, invece, ad un’analisi più approfondita mostrano il lato grezzo che le rende incompiute, imbrigliate nei problemi linguistici che hanno caratterizzato l’arte dei precedenti decenni. “Quello che voglio dire -precisa Giovanni Ferrario – è che quando un’opera d’arte non parla della vita ma solo del linguaggio che si usa per raccontarla mi sembra più debole. Ne vedo il valore, il fascino, a volte la radicalità, ma ho l’impressione che si esaurisca presto in un discorso chiuso….” Parole che esprimono chiaramente il rischio dell’arte di incepparsi sul piano autoreferenziale; rischio che si delinea nettamente nelle fasi di declino in cui l’arte non fa altro che parlarsi addosso, avendo perso il contatto con la dimensione mistica della vita. Si fa avanti, inoltre, il tema della temporalità dell’arte, del suo intreccio con la vita e il suo mistero, e dunque la questione – aggiunge Biscottini- di chi sappia cogliere e restituire “l’attimo indicibile dell’eterno. Il problema è se voglia ancorarsi al suo presente… o scorgere in esso una profondità che sfugge a tutti, ma non a lui.” Dunque una visione dell’arte che nelle opere eccelse raggiunge il piano dell’atemporalità pura, in cui gli elementi del linguaggio esprimono in sommo grado il loro canto universale; tuttavia senza dimenticare, potremmo aggiungere, che il concetto di atemporalità dell’opera va riferito all’intima essenza della stessa e che il piano dei contenuti culturali e iconografici non può essere separato da quelli stilistici, essendo l’uomo una coscienza non astratta ma operante in un determinato contesto storico. 
Bill Viola, Emergence, 2002
Ed è su questi parametri di lettura che i due interlocutori osservano alcune opere tra le più conosciute e celebrate; come “Emergence” di Bill Viola, opera video del 2002 presentata a Palazzo delle Esposizioni di Roma nell’ottobre del 2008. Il rilievo più significativo che affiora dalle parole del Direttore del Museo Diocesano è rivolto all’ambiguità dell’opera in quanto si avvicina al mondo della comunicazione giocando “…consapevolmente con i codici linguistici propri dello spettacolo (teatro, cinema, pubblicità…). Emergence di Bill Viola rientra in questo caso, mistificando gravemente il tema della morte e della resurrezione di Cristo.” Ciò non toglie – continua Biscottini – che l’artista abbia “individuato un nucleo di enorme forza narrativa ed espressiva, sviluppandone implicazioni nuove.” Lasciando intendere, però, che ciò non è ancora sufficiente per poter parlare di “verità dell’arte”.
Dunque l’arte, anche nei casi migliori, rischia di non riuscire a spingersi oltre una certa soglia, rimanendo al di qua dell’essenza atemporale, oppure di avvilupparsi nella pura dimensione intellettualistica, come sembra affiorare dalle critiche mosse all’opera di Cattelan, in cui -sostiene Biscottini- il “concetto  pare impadronirsi del fare artistico”, senza indicare una nuova visione del mondo, limitandosi a facili provocazioni.
Ma anche lo sguardo sulla contemporaneità, verrebbe da pensare, incontra i sui limiti, per troppa prossimità all’oggetto osservato. Aggiunge Ferrario: ” L’arte cronologicamente più vicina a noi ha la stessa possibilità di essere fraintesa o compresa quanto l’arte del passato. Credo che se un’opera d’arte evoca quel mistero di cui abbiamo già parlato, allora quell’immagine torna a mostrare la capacità di suggerire in ognuno di noi e in gradi diversi, ciò che desideriamo in quel momento. Tutto ciò che esiste ci è visibile perché lo percepiamo grazie alla luce riflessa dell’apparenza. Molto spesso vediamo le stelle quando già non ci sono.”

Paolo Biscottini, Giovanni Ferrario: La radura dell’arte – Conversazioni sull’immagine.
Editore: Edizioni MIMESIS/Eterotopie        
Anno di pubblicazione: 2013
ISBN 978-88-5752-180-0
Euro 10,00 

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