19 febbraio 2014

Parola d’artista Richi Ferrero: Il mio giardino verticale

 
Richi Ferrero: Il mio giardino verticale

È uno strano incastro di poesia, ingegneria e light design Il giardino verticale realizzato a Torino da Richi Ferrero. L’artista mette in scena l’onirico, senza dimenticare la storia architettonica del luogo. Ecco il suo racconto della trasformazione

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Al primo incontro con l’architetto Piero Boffa, titolare della società Building Engeenering, non credevo alle mie orecchie: per la prima volta nella mia città, Torino, un privato decideva di arricchire un palazzo in ristrutturazione con un intervento artistico permanente di grande portata. Un gesto da mecenate in grado, forse, di aprire nuovi orizzonti d’intervento, in cui privato e pubblico avrebbero dialogato per la miglior realizzazione di un progetto architettonico di riconversione abitativa.
Varcata la soglia di Palazzo Valperga Galleani, mi è sembrato di trovarmi nel cortile di un carcere dove alte pareti incombenti determinavano un’atmosfera seria e sinistra. In quel luogo, trecento anni prima, sorgeva un giardino barocco con siepi ordinate e geometriche, un albero, e panche in pietra. Di tutto ciò restava la fontana inattiva poggiata a una parete d’occasione.
La condizione di disfacimento, di perdita dei valori architettonici originali, mi fece capire come fosse invece possibile pensare ad un intervento risolutivo che, proprio nell’originale conformazione, poteva trovare ispirazione. Sul piano di calpestio era ancora possibile osservare ciò che restava del ciottolato di un tempo, anche se più volte rimaneggiato fino a perdere completamente la tessitura del disegno originale.
Si trattava di riprogettare un nuovo giardino, contemporaneo, che prendesse ispirazione da quello barocco. Il punto di partenza fu proprio la pavimentazione, ridisegnata componendo nuove geometrie con ciottoli di fiume blu e beige tipici dell’epoca. La nuova texture aveva bisogno di vita: volevo renderla luminosa, per le ore serali e notturne, evitando una generica luce diffusa, magari illuminando le pietre dall’interno.
Una veloce ricerca di mercato evidenziò come non esistessero prodotti adatti al mio scopo. Bisognava inventarli e fabbricarli. Con il calco a quattro ciottoli esistenti furono prodotti dei moduli in resina opalina di 30 centimetri, in grado di sopportare il peso di un veicolo di 40 quintali. I moduli, allineati per le lunghezze desiderate, sono serviti a perimetrare i lati della composizione. L’intero disegno riprodotto in carpenteria metallica e annegato nel pavimento ospitava i moduli sotto ai quali erano posizionate le barre led in RGB che, collegate a un computer, illuminavano le pietre dall’interno permettendo di modificarne i cromatismi. 
Il secondo elemento scomparso dal giardino originale era l’albero. Dovevo necessariamente salire verticalmente, così ho disegnato l’albero sospeso nel vuoto tra il primo ed il terzo piano. Realizzato in acciaio Inox dal peso di 600 chili, tenuto da un braccio meccanico e fissato all’angolo sinistro del cortile tra due facciate interne, dal tronco partivano dei grandi rami che terminavano con puntali conici in resina opalina illuminata a led. Programmando il computer ero in grado di far dialogare cromaticamente le gemme dell’albero con i ciottoli a terra.
Dopo tanto acciaio, pietre e luce decisi d’inserire lungo, le ringhiere dei balconi di ogni piano, circa 200 vasi a intervalli regolari allestendoli con essenze sempreverdi. Ciascun vaso era dotato di tre braccetti semirigidi (due terminanti con led a luce bianca calda e uno a luce fredda) puntati sulle piante determinando, oltre all’illuminazione delle stesse, un gioco d’ombre del fogliame sulle pareti. 
Nel corrimano delle balconate è stata posizionata una linea led a scomparsa per illuminare in modo mirato il piano di calpestio dei balconi, dotando l’edificio di luce sufficiente senza però svelarne le sorgenti poste all’interno dei vecchi elementi architettonici.
Per creare la liaison tra la terra e il cielo sono stati disegnati dei terrazzini all’altezza dei colmi, visibili dal basso e arredati con piante ricadenti che, opportunamente illuminati, creano una sorta di giardino pensile. 
Sulla parete dirimpetto al grande portone d’ingresso, la fontana è illuminata a livello della piccola testa di leone dalla cui bocca sgorga il getto d’acqua, mentre un impianto nascosto diffonde a bassissimo volume musiche barocche.
Così, per me, Palazzo Valperga Galleani diventa uno spazio dalla visione poetica e fiabesca, un quadro di luce dal grande impatto emotivo, dove le scelte cromatiche e un delicato equilibrio dei volumi di luce compongono una diversa idea di giardino urbano.  

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