22 febbraio 2014

L’intervista/Kristin Jones Svegliati Roma!

 
Kristin Jones è un’artista americana innamorata della città eterna. E ottimista sulle sue possibilità di rinascita. A cominciare dal Tevere, dove ha convinto William Kentridge a lavorarci. Ma le cose filano non troppo lisce. Però da qualche parte bisognerà pur iniziare per svegliare la capitale in sonno. E allora intanto partiamo da Tedex e dal Tevereterno di Kristin [A.P. ]

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Kristin Jones, foto di Chang W. Lee/The New York Times
«Spero che Tedex porti delle buone energie a questa città». L’augurio lo fa Kristin Jones, artista americana, dal 2004 impegnata a fare del fiume «la più grande galleria d’arte a cielo aperto, né più né meno di quello che era nell’antichità». Per questo ha chiamato il suo progetto Tevereterno. Dopo le buone pratiche, insomma, è la volta delle buone energie. E Roma ne ha parecchio bisogno per risalire la china da anni di cattiva amministrazione e trovate mediatiche, più che vere soluzioni. La scelta di fare Tedex qui, conferenza che mette insieme cervelloni e artisti, scienziati e umanisti, e che si apre oggi al teatro Olimpico, ha questo senso. Non tanto dare una scossa, elettrizzante e momentanea, ma fare un profondo massaggio cardiaco per far ripartire bene la circolazione. Idee, quindi, ossigeno e proteine per la mente. E visione, capacità di immaginare il futuro per cominciare a realizzarlo. Giocando d’anticipo per puntare alto. E in fretta. 
Tra le urgenze di Roma c’è anche quella culturale. Ma potremmo girare la frase e dire che tra le risorse di Roma c’è anche quella culturale. Altro che, anzi! Direi che si tratta proprio della risorsa di Roma. Eppure, la città somiglia sempre di più a una bella addormentata, e la cosa stona specie dopo anni che la “dormiente” era stata abbastanza vispa, tanto da mettersi in testa di competere con le grandi capitali della cultura contemporanea. E c’era quasi (quasi) riuscita. Poi, però, è iniziato il sonno. 
Jenny Holzer, For the Academy (2007), Piazza Tevere, Rome, Italy. Photo by: Francesca Capocchi
Kristin Jones, americana vivace, con un bel sorriso aperto e una treccia che le balla sulle spalle, non molla. È decisa ad andare avanti, nonostante Tevereterno non fili liscio come l’olio, pur avendo in curriculum dei giochi di fuoco sull’acqua realizzati nel 2012 dall’artista americano Barnaby Evans, con la coreografia di Linda Foster e le musiche di Stag di Marco Guazzone, una videoproiezione sui muraglioni del fiume di Jenny Holzer (2007). E soprattutto un megaprogetto firmato William Kentridge che sarebbe dovuto essere a un passo dalla realizzazione e che invece è in stand by. Anche lui un po’ in sonno. 
Per questo oggi Kristin Jones partecipa a TedexRoma, come testimonianza attiva di un progetto che somiglia un po’ a un’utopia e un po’ però a una cosa molto concreta, con studi di fattibilità alle spalle, una squadra che funziona, soldi che vengono dagli Usa. Una cosa che si può fare, insomma. Se – perché in Italia non si fa niente senza – ci sarà l’appoggio della politica e magari, come sostiene lei, di una figura autorevole (ma chi?) che metta d’accordo i vari interlocutori coinvolti, facendoli smettere di litigare per lavorare insieme per il Bene Comune. Facciamoci raccontare da Kristin come nasce la storia.    
Kristin Jones, She Wolves (2005), Piazza Tevere, Rome, Italy. Photo by: Mimmo Capone
Cominciamo dall’inizio, come e perché nasce Tevereterno? 
«Perché mi interessano gli spazi pubblici e mi interessa farli vivere. Negli Stati Uniti abbiamo meno piazze e meno luoghi di incontro, è una società diversa. Qui ci sono e vanno usati e valorizzati»
Quando ha scoperto tutto questo?
«Quando sono arrivata la prima volta a Roma, nell’83, con una borsa di studio. Una delle cose che mi aveva colpita di più è stata la quantità delle fontane, la presenza dell’acqua, ma ben presto ho scoperto che la maggiore risorsa idrica della città, il Tevere, era abbandonata a se stessa». 
E allora?
«Non mi sono data per vinta, sono un’ottimista irriducibile e ho deciso che dovevo fare qualcosa, anche perché oltre a scoprire questo, mi ero profondamente innamorata del Tevere, che è veramente bello, e mi ero innamorata di Roma. Penso che si dica Città Eterna per l’arte e per il Tevere, e io vorrei mettere insieme le due cose. Nel tratto che va da ponte Sisto a ponte Mazzini, ho visto un assoluto parallelogramma, un’area che ha la stessa planimetria e ed estensione del Circo Massimo. Ho pensato che bisognava intervenire qui per fare un’azione efficace». 
Kristin Jones, She Wolves (2005), Piazza Tevere, Rome, Italy. Photo by: Mimmo Capone
Quali sono stati i passi successivi?
«Negli anni ho messo a punto un programma di Arte Pubblica, iniziando con un Protocollo d’intesa, necessario per poter andare avanti. Poi però ho capito che bisognava procedere con una Convenzione-quadro per mettere insieme i vari soggetti che operano a Roma: MAXXI, Macro, la Fondazione Musica per Roma, altre fondazioni private, le Accademie straniere. Ho anche capito che per realizzare dei progetti in quello spazio aperto che abbiamo denominato Piazza Tevere occorre nominare un Comitato Scientifico e avere una struttura permanente. Dobbiamo fare del Tevere un’entità in modo che abbia come un Padiglione nazionale alla Biennale di Venezia. Questo è necessario, non solo per attrarre grandi artisti a lavorare sul fiume, ma, cosa più importante, per chiedere permessi pluriennali».
 
William Kentridge and Philip Miller, Piazza Tevere Site Tests for TEVERETERNO (2012), Piazza Tevere, Rome, Italy. Photo: Pippo Marino

Ci sono stati problemi in questo senso?
«Beh, non voglio fare polemiche, ma le bancarelle ce l’hanno i permessi e i progetti artistici no, o con difficoltà».
Chi sono i vostri interlocutori?
«Il Comune di Roma, e per fortuna l’assessore alla cultura Flavia Barca è sensibile al nostro progetto, poi ci sono le Soprintendenze regionale e nazionale, è soprattutto quest’ultima a decidere che arte si può fare a Roma». 
Che cosa vuole dire a queste strutture?
«Di collaborare quanto più possibile. Lo so, sono idealista, ma sono anche molto chiara nel dire che non intendiamo accaparrarci fondi, ma cercare fondi da qui. La volontà di agire insieme è prioritaria, i soldi sono un problema secondario perché non vengono da Roma». 
E da dove arriverebbero?
«Soprattutto dagli Stati Uniti».
William Kentridge and Philip Miller, Piazza Tevere Site Tests for TEVERETERNO (2012), Piazza Tevere, Rome, Italy. Photo: Michael Lombardo
La partecipazione di un artista come William Kentridge dovrebbe garantire coesione e lanciare al meglio il progetto. Invece non è andata propriamente così, che è successo?
«Come ha spiegato l’architetto Valeria Sassanelli che fa parte della nostra associazione, la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici del Lazio ha espresso una certa diffidenza, ma ci sembra che non si tratti di un eccesso di tutela verso gli edifici storici, quanto di una posizione culturale che non vede di buon occhio interventi di arte contemporanea in contesti simili» 
In che consiste l’intervento di Kentridge?
«Prima di tutto è un dono alla città. Poi si tratta della creazione di un fregio animato e musicato con 90 figure che rappresentano i più grandi trionfi e le più grandi sconfitte di Roma (“Trionfi e lamenti” è il titolo che gli ha dato Kerntridge), è la storia socio-politica della Citta Eterna vista da un artista. Il fregio si snoda lungo i muraglioni di Piazza Tevere, realizzato con 23 videoproiettori e richiede una pulitura della patina biologica delle mura. Da qui nascono i problemi con la Direzione Regionale. Ma sono ottimista: Kentridge ha accettato l’idea di lavorare sul Tevere, dicendo semplicemente che è una bella idea. Sarà un progetto importante, che mobilita molte persone, il 99 per cento delle quali sono volontari».
William Kentridge and Philip Miller, Piazza Tevere Site Tests for TEVERETERNO (2012), Piazza Tevere, Rome, Italy. Photo: Michael LombardoWilliam Kentridge and Philip Miller, Piazza Tevere Site Tests for TEVERETERNO (2012), Piazza Tevere, Rome, Italy. Photo: Michael Lombardo

È stato difficile convincerlo?
«No, un artista non può non innamorarsi di Roma, anche se sono dodici anni che cerco di farlo innamorare, la prima volta che gli esposto l’idea è stato dodici anni fa».
Quando vedremo l’opera? 
«Non lo so, doveva essere realizzata per settembre 2014, ma al momento non abbiano ancora i permessi. Ci dobbiamo mettere d’accordo». 
Niente di nuovo sotto il sole: solita prassi (o palude) romana, insomma.
«Ma io rimango ottimista» 
Mentre io e Kristin finiamo di parlare, ci raggiunge al bar dove siamo sedute il musicista Mario Tronco, fondatore, tra gli altri, dell’Orchestra di Piazza Vittorio, anche lui oggi sul palco di TedexRoma. Ne approfitto per chiedergli che ne pensa di questa iniziativa: «I partecipanti hanno delle idee e le espongono, anche la gestione politica di una città dovrebbe basarsi su idee condivise e esposte alla collettività». Una ricetta semplice, in un Paese normale.

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